In vista dell’entrata in vigore delle direttive europee sui rifiuti contenute nel pacchetto Economia Circolare, che dovrebbero introdurre, oltre ai nuovi target di riciclo e di riduzione dei conferimenti in discarica degli urbani, anche l’obbligo di istituire sistemi di raccolta differenziata dell’organico negli Stati membri Ue, la filiera italiana del biowaste (ovvero frazione umida più verde da potature) tira le somme di un anno, il 2015, decisamente incoraggiante. Sono 6 milioni le tonnellate di rifiuti organici che sono state separate in Italia nel 2015, con un incremento del +6,1% rispetto al 2014, pari a 350mila tonnellate in più raccolte. Il dato emerge dal Rapporto Annuale del Biowaste realizzato dal Consorzio Italiano Compostatori (CIC) elaborando il Rapporto Rifiuti ISPRA 2016.
Stando al dossier, l’umido si consolida come la componente principale dei rifiuti urbani raccolti, rappresentando il 43,3% della differenziata in Italia. Secondo le stime del CIC, nel 2015 sono state raccolte 4 milioni di tonnellate di umido, pari a circa 66 kg per abitante per anno, e oltre 2 milioni di tonnellate di verde, pari a ca. 34 kg/ab/a. Dal rapporto emerge dunque che a livello nazionale vengono intercettati oltre 100 kg procapite di rifiuto organico l’anno, con un maggiore quantitativo medio nelle regioni del Nord (122 kg procapite), rispetto al Centro (101,4 kg) e al Sud (70,2 kg). Guardando al dato regionale, è la Lombardia la prima in Italia per quantità raccolte, con quasi 1,2 milioni di tonnellate annue, circa 60mila in più rispetto all’anno precedente. Seguono, con circa 700mila t ciascuna, Emilia Romagna, Veneto e Campania. Quest’ultima, però, è anche una delle meno fornite sotto il profilo impiantistico. Cosa che si riverbera nei costi dei servizi di raccolta e avvio a trattamento, più alti che nelle regioni ben dotate di impianti, traducendosi di conseguenza in un aumento della tassa rifiuti.
«Nel complesso, si tratta di dati sicuramente positivi che indicano l’attenzione che amministrazioni e cittadini stanno dimostrando nei confronti del tema dell’economia circolare e della raccolta differenziata. Sono 25 anni che ci impegniamo in questo senso – sottolinea Massimo Centemero, Direttore del Consorzio Italiano Compostatori (CIC) – prossimo passo è senza dubbio accelerare e migliorare la raccolta nelle regioni del Sud per diminuire la disparità e raggiungere, entro il 2020, gli 8,5 milioni di tonnellate di rifiuti organici all’anno, pari a circa 140 kg pro capite».
Il sistema di trasformazione del rifiuto organico in compost conta in Italia 308 impianti, di cui 261 impianti di compostaggio e 47 di digestione anaerobica e compostaggio. Complessivamente, il sistema impiantistico di compostaggio e di digestione anerobica (DA) ha raggiunto dunque una capacità potenziale di 8,1 M tonnellate. Secondo le stime del CIC, da questi impianti sono stati ricavati nel 2015 circa 1,76 milioni di tonnellate di compost e 685 GW di energia ottenuti da 275GNm3 di Biogas prodotto negli impianti integrati di DA&Compostaggio. Con un taglio netto delle emissioni climalteranti, visto che stando alle proiezioni del Consorzio, con il trattamento biologico della frazione organica è possibile risparmiare 3,5 Milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno rispetto all’avvio in discarica.
La filiera del compostaggio e della digestione anaerobica non ha prodotto solo fertilizzante e biogas, ma anche valore economico ed occupazione. Secondo le proiezioni del CIC, il volume d’affari generato nel 2015 dal biowaste è stato pari a 1.7 Mld € di fatturato e 9mila posti di lavoro. Le ricadute economiche del settore, «un’industria articolata e trasversale che coinvolge numerose attività, dai servizi di raccolta e trasporto, ai servizi di studio, ricerca e progettazione», sottolinea però Centemero, «potrebbero crescere fino a 13mila addetti e 2,4 Mld € se la raccolta differenziata del rifiuto organico fosse estesa a tutti i comuni italiani». Il nodo vero resta però la dotazione impiantistica: in assenza di centri di trattamento di prossimità i comuni sono infatti costretti a mandare a recupero l’umido fuori dal proprio territorio. All’aumento della differenziata aumentano quindi anche i costi di trasporto, cosa che rischia di rendere la raccolta insostenibile sotto il profilo economico, minandone le possibilità di crescita.
E se «l’attuale capacità impiantistica nominale potrebbe essere sufficiente per garantire l’effettivo avvio a recupero di tutti i rifiuti compostabili raccolti in maniera differenziata in Italia – spiega Alessandro Canovai, Presidente del CIC – purtroppo, di fatto, si riscontra una carenza impiantistica in alcune regioni del Centro e del Sud Italia. È invece giunto il momento di lavorare su questo aspetto, soprattutto adesso che a Bruxelles si sta discutendo il Pacchetto sull’Economia Circolare che adotta la proposta di portare i target di riciclaggio al 2030 fino al 70% per i rifiuti urbani ed all’80% per gli imballaggi. Si tratta – sottolinea Canovai – di un elemento propositivo avanzato e sostenuto dal CIC stesso: aumentando gli obiettivi tutti i comuni italiani dovranno introdurre la raccolta dell’organico che ad oggi coinvolge circa 40 mln di abitanti».