La riforma del MiTE con le linee guida per l’aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti ha aperto la strada alla giunta Gualtieri, sdoganando il recupero energetico come alternativa alla discarica e invitando a limitare il ricorso ai tmb
“Il Piano definisce un modello integrato di gestione dei rifiuti che oggi a Roma manca e si basa su due pilastri: la legislazione europea e il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti varato dal governo Draghi“. C’è una costante nelle due ore circa di conferenza stampa durante le quali il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha illustrato il nuovo piano rifiuti della Capitale. Ed è Il rimando al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti, la riforma varata dal Ministero della Transizione Ecologica con le linee guida che le Regioni dovranno rispettare per allineare i propri piani di gestione alle direttive europee sull’economia circolare. Un riferimento che Gualtieri tira fuori ogni volta che c’è da chiarire o motivare un passaggio chiave della sua proposta di riassetto del ciclo del pattume romano. A partire dal passaggio più chiave di tutti, quello di dotarsi di un impianto di incenerimento da 600mila tonnellate.
Non potrebbe essere altrimenti, dal momento che è proprio la riforma adottata lo scorso 28 giugno dal Ministero della Transizione Ecologica ad aver messo nero su bianco che ogni Regione (e per effetto del decreto aiuti anche il Comune di Roma) deve puntare all’autonomia nella gestione dei propri residui indifferenziati in linea con l’obiettivo europeo che impone un tetto massimo del 10% allo smaltimento in discarica da raggiungere entro il 2035. La strategia di gestione ottimale è quella del recupero energetico, sottolinea il Programma, sdoganando di fatto una soluzione che buona parte degli amministratori locali, soprattutto nelle Regioni del Centro-Sud ma non solo, continua a considerare tabù. La giunta Gualtieri, al contrario, non si è fatta scappare l’assist.
“Il Programma stabilisce obiettivi ambiziosi con i quali questo piano è fortemente coerente” ha infatti rimarcato il sindaco. Il Campidoglio, del resto, è da tempo consapevole del peso strategico che il Programma Nazionale potrà esercitare sul riassetto del disastrato ciclo rifiuti romano. Già lo scorso aprile, ospite di un digital talk di Ricicla.tv, l’assessora ai rifiuti Sabrina Alfonsi aveva chiarito: “Questa amministrazione ha scommesso sulla partita della chiusura del ciclo e il Programma Nazionale ci aiuterà a farlo”. E ancora, parlando dell’obiettivo europeo del 10% massimo di discarica al 2035: “Per i rifiuti che produce, Roma dovrebbe trovare una discarica ogni due o tre anni. Se anche arrivassimo al 65% di differenziata è evidente che per raggiungere questi obiettivi la Capitale deve dotarsi di altri impianti“. Altri impianti. Il riferimento all’inceneritore era ancora tra le righe. L’annuncio ufficiale sarebbe arrivato solo una settimana dopo. Ma quel richiamo esplicito al Programma Nazionale (che tra l’altro sarebbe stato adottato nella sua versione definitiva solo due mesi più tardi) aveva lasciato già allora ben poco spazio alle interpretazioni.
Dal Programma Nazionale il piano di Gualtieri eredita anche la scelta di non fare più ricorso al trattamento intermedio dei rifiuti indifferenziati da avviare a recupero energetico, un modello “non in sintonia con il Programma Nazionale – ha detto il sindaco – una tappa intermedia che rende meno efficiente il ciclo e aumenta le quantità di rifiuti da smaltire in discarica”. Il che significa in prospettiva la chiusura dell’ultimo tmb di Ama, quello di Rocca Cencia, che il piano prevede infatti di trasformare in un centro per la selezione dei materiali da raccolta differenziata.
Entro dicembre del 2023 tutte le amministrazioni regionali dovranno aggiornare i propri piani di gestione per allinearli ai parametri del Programma Nazionale. “Regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna sono di fatto già allineate” ha chiarito Gualtieri, a differenza della Regione Lazio, che nel piano in vigore non prevede la realizzazione di nuovi inceneritori e che sarà costretta a riscriverlo anche per integrare le determinazioni del piano romano. Il timore degli addetti ai lavori è che l’assenza di misure cogenti (come la previsione di poteri sostitutivi in caso di inerzia delle Regioni) possa condannare la riforma a restare inapplicata. Il Ministero della Transizione Ecologica dal canto suo è sicuro che non sarà così. “Sulla proposta di Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti c’è stata grande condivisione e partecipazione da parte delle Regioni. Siamo convinti che farà più il consenso sui contenuti della norma tecnica di quanto non potesse fare una norma impositiva in sé“ garantiva nelle scorse settimane Laura D’Aprile, capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MiTE. Il caso Roma, almeno per il momento. sembra darle ragione.