Una marea di rifiuti che nel 2019 ha inondato prima l’Italia, poi mezza Europa, dilagando ovunque, dal Portogallo all’Ungheria. Un milione 500mila tonnellate: a tanto ammontano i rifiuti che lo scorso anno Lazio e Campania non sono riuscite a trattare sul proprio territorio per l’assenza di impianti di recupero e smaltimento. La soluzione? Stiparli in camion, navi o treni e spedirli altrove. Le proporzioni? Beh, se si considera che il carico massimo di un autoarticolato non può superare le 30 tonnellate, per spostare fuori regione oltre un milione e mezzo di tonnellate è stato necessario movimentare l’equivalente di circa 55mila Tir: messi tutti in fila, formerebbero una colonna che va da Napoli fino a Praga. Un’immagine decisamente suggestiva che viene fuori elaborando i dati contenuti nell’ultimo Rapporto Ispra sui Rifiuti Urbani.
“Vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato; è il caso della Sicilia, dove i rifiuti urbani smaltiti in discarica rappresentano ancora il 58% del totale dei rifiuti prodotti, ma anche del Lazio e della Campania, che non riescono a chiudere il ciclo all’interno del territorio regionale”, si legge nel dossier. E allora proviamo a capire cosa e quanto Lazio e Campania hanno spedito fuori regione partendo dalla frazione più critica in assoluto, l’organico da raccolta differenziata. Per trattarlo servirebbero impianti di digestione anaerobica o di compostaggio, capaci oggi di trasformarlo in gas metano e fertilizzanti di qualità, ma Lazio e Campania non ne hanno a sufficienza e così la prima, dice Ispra, ha esportato 245mila delle 550mila tonnellate raccolte mentre la seconda circa 425mila su un totale di 619mila tonnellate. Dove? Soprattutto in Veneto (218mila tonnellate dalla Campania e 109mila dal Lazio) ma anche in Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Puglia, Umbria, Abruzzo, Molise, tra le altre. Ad ogni modo, totale esportato: 670mila tonnellate.
Non va meglio per i rifiuti derivanti dal trattamento dell’indifferenziato, da destinare in impianti di incenerimento (per la parte secca) o in discarica (per la parte organica stabilizzata). Anche in questo caso Lazio e Campania non riescono a fare da sè, e quindi la prima ha mandato fuori dai propri confini 461mila tonnellate (di cui 175mila in discarica) mentre la seconda 372mila tonnellate (di cui 70mila in discarica). Destinazioni principali per l’incenerimento la Lombardia (104mila tonnellate dalla Campania e 91mila dal Lazio), Molise (32mila tonnellate dal Lazio) e l’Emilia-Romagna (7mila dalla Campania e 6mila dal Lazio). Quanto allo smaltimento in discarica, il Lazio risulta aver spedito i propri scarti in Toscana, Emilia Romagna, Molise e Marche, e minime quantità in Abruzzo, Puglia, Umbria e Calabria. Totale smaltito fuori regione: 833mila tonnellate.
Ma la marea dei rifiuti indifferenziati che le due regioni non sono state capaci di trattare sul proprio territorio nel 2019 ha tracimato ben oltre i confini nazionali, finendo ovunque in Europa. La Campania nello specifico è la regione italiana che ne ha esportati di più: ben 184mila tonnellate, composte quasi interamente (142mila tonnellate) dagli scarti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico biologico, destinati principalmente in Spagna (circa 56 mila tonnellate), in Portogallo (circa 46 mila tonnellate) e in Germania (oltre 14 mila tonnellate). Ma se alla Campania va il record delle quantità, al Lazio bisogna senza dubbio assegnare quello per il numero di destinazioni: tra inceneritori e discariche, infatti, le 24mila tonnellate esportate oltre confine sono finite in Slovacchia, Danimarca, Ungheria (2mila 285 tonnellate in discarica), Portogallo (13mila 600 tonnellate a incenerimento), Germania e Repubblica Ceca. Totale esportato in altre nazioni: 208mila tonnellate.
Perchè, potrebbe chiedersi qualcuno, trattare i rifiuti vicino al luogo di produzione è meglio che spedirli ovunque ci sia qualcuno disposto a prenderseli? Per tanti motivi: il primo è che lo dice Testo unico ambientale, il decreto legislativo 152 del 2006, che all’articolo 182-bis sancisce il cosiddetto “principio di prossimità”. Il secondo è che trasportare i rifiuti a centinaia, se non migliaia di chilometri dal luogo di produzione costa tanto: in termini ambientali, perché il trasporto merci, soprattutto quello su gomma, genera emissioni (nel 2015 l’Agenzia europea per l’ambiente le stimò nel 28% dei gas climalteranti complessivamente generati dai trasporti), ma anche in termini economici. E non è un caso che proprio stando al rapporto Ispra nel 2019 il Lazio sia risultata la regione del Centro italia con il più alto costo di gestione pro capite dei rifiuti urbani, pari a 221,30 euro per abitante. E al Sud? Esatto, la Campania, con 203,53 euro per cittadino. La media nazionale? Poco più di 175 euro.