Recuperare un rifiuto speciale potenzialmente dannoso per l’ambiente e la salute umana e trasformarlo in materia nuova da avviare a molteplici utilizzi. È la filiera virtuosa degli pneumatici fuori uso, che garantisce ogni anno la raccolta e l’avvio a recupero sul territorio nazionale dei pfu generati dalle attività di manutenzione e demolizione dei veicoli su gomma, così come di quelli abbandonati in natura. Complessivamente, sono poco meno di 300mila le tonnellate di pneumatici fuori uso raccolte nel 2015 da Ecopneus ed EcoTyre, i due principali consorzi dei produttori ed importatori di copertoni operanti sul mercato italiano, che dal 2011 sono obbligati a ritirare gratuitamente ogni anno il 90% in peso del loro immesso a consumo.
L’anno scorso Ecopneus, che con i suoi soci rappresenta quasi il 70% del mercato, ha avviato a recupero circa 246mila tonnellate di pfu. Gli pneumatici raccolti, spiega il consorzio, sono stati inviati per il 46% a recupero energetico – soprattutto in sostituzione del carbon fossile nei cementifici – mentre per il 54% sono stati avviati agli impianti di riciclo, con un risparmio sulle importazioni di materie prime stimato in 119 milioni di euro di cui il 91% è imputabile proprio al riciclo del polimero di gomma in granuli e polverini. «Le aziende di frantumazione che lavorano con Ecopneus stanno effettuando investimenti per 15 milioni di euro – dichiara Giovanni Corbetta, direttore generale del consorzio – la qualità del materiale si affina sempre più e migliorano le valenze applicative. La circular economy produce risultati concreti».
Come concreti sono i risultati di EcoTyre, primo consorzio in Italia per numero di associati (oltre 450, +21% rispetto al 2014) che nel 2015 ha raccolto ed avviato a recupero poco meno di 49mila tonnellate di pfu, con un aumento del 7,6% sull’anno precedente. «Gli pfu sono una vera e propria risorsa perché possono essere recuperati al 100% – spiega Enrico Ambrogio, presidente di EcoTyre – la maggior parte viene triturata per produrre il granulato di gomma, un materiale di riciclo che può essere riutilizzato in una molteplicità di forme. Il mercato, tuttavia, non è ancora in grado di capire l’importanza di questo materiale e l’economicità del suo riutilizzo».
In effetti, sebbene le quantità raccolte siano in aumento e nonostante l’ormai conclamata qualità e versatilità del granulato da riciclo – che può essere utilizzato, tra l’altro, per il fondo dei campi da calcio, per le pavimentazioni delle aree gioco o in miscele per l’insonorizzazione stradale – oggi solo uno pneumatico su due tra quelli raccolti dai consorzi è avviato a riciclo. Colpa di un quadro normativo carente e attempato, che non riesce a stare al passo con la rapida evoluzione del settore e a garantire adeguati mercati di sbocco ai materiali riciclati. «Il decreto di riferimento (5 febbraio ’98) andrebbe aggiornato – spiega Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente e presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – considerando le tante opportunità di riciclo per prodotti e applicazioni, inimmaginabili fino a 20 anni fa. Occorre lavorare sulla responsabilità estesa del produttore e alla revisione della normativa in ottica “end of waste” allineandosi ai recenti indirizzi a livello europeo».
Ma i problemi, per la filiera del recupero dei pfu, non riguardano solo il riciclo. A soffrire, infatti, è anche la raccolta. Per finanziare le operazioni di ritiro e avvio a recupero, i consorzi incamerano infatti un eco-contributo sul prezzo di vendita di ogni singolo pneumatico. Vendite a nero e importazioni illegali rischiano peró di mettere a repentaglio la tenuta dell’intero sistema, perchè obbligano i consorzi a farsi carico della gestione di ingenti quantità di pfu non coperte da contributo. Ecopneus, ad esempio, spiega di aver raccolto dal 2011 un extra quantitativo di pfu pari a quasi 90mila tonnellate, per un onere complessivo di 16 milioni di euro di costi supplementari non coperti dalla gestione ordinaria. «La situazione nel 2016 rischia però di esplodere – avverte Corbetta – senza che vi siano le risorse per far fronte alla raccolta degli extra-quantitativi non coperti da contributo ambientale. Stiamo lavorando con le istituzioni e con altri soggetti del sistema per trovare al più presto soluzioni strutturali a questo problema».
Senza dimenticare che i fondi utilizzati dai consorzi per coprire la cosiddetta “extra-raccolta” e riparare al danno provocato da vendite ed importazioni illegali, potrebbero invece essere destinati ad operazioni fondamentali come il recupero dei pfu abbandonati in natura o lo smaltimento degli stock storici. Due fronti sui quali i consorzi sono già attivi da tempo e dei cui benefici – sia economici che ambientali – può giovare l’intera collettività. Il progetto PfuZero di EcoTyre patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, ad esempio, ha garantito in meno di tre anni di attività la raccolta di oltre un milione di pneumatici abbandonati in tutta Italia. Sono invece 6mila 600 le tonnellate di pfu raccolti nel solo 2015 da Ecopneus presso siti di accumulo preesistenti e grazie allo speciale Protocollo per la Terra dei fuochi, che prevede interventi straordinari di raccolta di pneumatici fuori uso abbandonati sul suolo pubblico nel territorio delle province di Napoli e Caserta.