Dagli aggregati recuperati al polverino di gomma: i nuovi CAM strade, che entreranno in vigore il 21 dicembre, possono diventare una leva per il mercato dei materiali riciclati. Prima però c’è da fare in modo che le stazioni appaltanti rispettino l’obbligo di applicarli. E poi c’è da sciogliere i nodi della normativa nazionale che ostacolano il riciclo. Come nel caso del fresato d’asfalto
Dagli aggregati inerti recuperati dai rifiuti edili ai granuli di gomma da pneumatici fuori uso, passando per il fresato d’asfalto: l’entrata in vigore dei nuovi Criteri Ambientali Minimi per le infrastrutture stradali, che dal prossimo 21 dicembre andranno applicati a tutti gli appalti pubblici, promette di rilanciare il mercato dei materiali secondari, tracciando un nuovo e più circolare percorso per migliaia di tonnellate di prodotti che altrimenti rischiano di accumularsi negli stoccaggi degli impianti di riciclo. Grazie, tra gli altri, ai parametri di circolarità definiti nei CAM, i lavori di costruzione e manutenzione dei circa 850mila km di strade e autostrade, di cui 500mila asfaltati, che si srotolano da nord a sud del Paese possono diventare una leva per il mercato del riciclo. “Da un lato stimoleranno la PA ad acquisire prodotti e servizi con il minore impatto ambientale lungo il ciclo di vita – commenta la vice ministro dell’Ambiente Vannia Gava – dall’altra orienteranno il settore produttivo verso modelli di produzione più sostenibili, anche in termini sociali”. A patto però che i capitolati di gara rispettino l’obbligo di integrare i CAM previsto dal codice degli appalti.
“È importantissimo che le stazioni appaltanti pubbliche adeguino tempestivamente i propri strumenti tecnici – chiarisce Paolo Barberi, presidente di ANPAR, associazione dei produttori di aggregati riciclati – auspicherei anzi che, ove possibile, i capitolati e norme tecniche venissero adeguati anche per gli interventi già in corso o programmati”. A partire da quelli finanziati dal PNRR ma anche dal piano complementare, che ha stanziato 300 milioni di euro per la manutenzione di circa 2mila km di strade nelle aree interne. “Per questo – dice Barberi – serve adeguare tempestivamente le procedure a questo ottimo strumento”. E servirà anche, forse soprattutto, monitorarne l’applicazione. Stando ai dati dell’ultimo osservatorio sugli appalti verdi di Legambiente, infatti, nel 2023 su 800 amministrazioni analizzate l’applicazione efficace dei CAM ha riguardato appena il 53% del campione, mentre solo il 17% delle stazioni appaltanti ha effettuato verifiche sul corretto uso dello strumento. Che insomma funziona ancora per metà. “Un elemento di debolezza è il fatto che i CAM sono indicati come obbligatori ma non è previsto un regime sanzionatorio, per cui l’obbligatorietà rischia di perdere di forza”, chiarisce il direttore generale del consorzio Ecopneus Giuseppina Carnimeo, secondo cui “un altro tema è quello delle competenze tecniche, che non sempre ci sono. Per cui – spiega – sarà molto importante affiancare le stazioni appaltanti”.
Le prospettive, per il mondo del riciclo, restano comunque incoraggianti. “Di sicuro l’aspetto più interessante è l’introduzione di un quantitativo minimo di materiale riciclato”, spiega Alessandro Pesaresi, presidente dell’associazione strade e bitumi SITEB. Il decreto fissa infatti nuovi obblighi specifici e requisiti minimi per la circolarità dei materiali impiegati nei cantieri. Alla voce sui conglomerati, nello specifico, i livelli minimi di impiego di materia recuperata vanno da almeno il 15% per le usure chiuse ad almeno il 35% per lo strato di base. Una misura che promette di rilanciare l’utilizzo del fresato d’asfalto nelle pavimentazioni stradali, pratica rispetto alla quale “oggi l’Italia è fanalino di coda”, chiarisce Pesaresi. Nel 2023 il 60% dei 17 milioni di tonnellate di residui prodotti dalla manutenzione delle pavimentazioni stradali è stato trattato in impianti di recupero, indietro rispetto alla media europea del 68%, ma in media solo il 30% del fresato è stato impiegato per la produzione di conglomerato bituminoso. “Con i CAM quel 30% diventa invece un livello minimo”, spiega il presidente di SITEB. Bene, almeno sulla carta, come vedremo più avanti.
Anche per il mercato degli aggregati riciclati, che sul lato offerta nel 2022 ha sfiorato i 70 milioni di tonnellate, l’applicazione corretta dei CAM può rappresentare un momento di svolta. “Abbiamo grandi aspettative”, dice Barberi. Perché è vero che gli aggregati “resi disponibili possono essere utilizzati in parte in settori di pregio, come la realizzazione di calcestruzzi o prefabbricati”, ma, spiega il presidente di ANPAR, “le quantità gigantesche immesse sul mercato possono trovare collocazione soprattutto in opere che ne richiedono grandi quantitativi”. Come le infrastrutture di trasporto, appunto, “inserite nei piani di sviluppo infrastrutturale nazionali, regionali o provinciali, molti delle quali finanziati anche con progetti del PNRR”. Da qui l’esigenza di procedere a un’applicazione tempestiva dei CAM e dei quantitativi minimi. “Parliamo di impieghi che vanno dal piano di posa della strada, al rilevato, al sottofondo fino alla fondazione – spiega il presidente di ANPAR – con percentuali di materiale riciclato che vanno dal 50 fino al 70% a seconda della profondità dell’opera. Quantitativi importantissimi che potrebbero davvero risolvere il problema della richiesta di mercato”, al momento non sufficiente “a esaurire la disponibilità di prodotti che derivano dal riciclo delle grandi quantità di rifiuti che il sistema continua a generare”.
Accanto ad asfalto e inerti è anche il comparto del riciclo degli pneumatici a fine vita a guardare ai nuovi CAM sulle strade come a un’opportunità per rilanciare il mercato dei materiali secondari e, in particolare, del polverino di gomma, grazie all’effetto traino rappresentato dalle quote minime di impiego negli asfalti. “Dopo anni di esperienza e consulenza scientifica su questo tema auspichiamo che il provvedimento dia un impulso decisivo alla diffusione di asfalti con polverino di gomma nel nostro Paese”, spiega Giuseppina Carnimeo. Secondo la tabella di circolarità dei materiali prevista dai CAM infatti, a seconda dell’applicazione, da un minimo del 10% ad almeno il 25% dei conglomerati utilizzati per la messa in posa di strade flessibili e semirigide dovrà essere rappresentato da asfalti contenenti polimeri o compound polimerici. Proprio come i conglomerati contenenti polverino di gomma che, spiega Carnimeo, “garantiscono ampiamente anche il raggiungimento degli obiettivi di durabilità (almeno 20 anni di vita utile per le nuove strade, ndr) e riduzione del rumore fissati dai CAM”. Con benefici ambientali, ma anche economici “perché significa minori interventi di manutenzione e risanamento del manto stradale”. Una soluzione “ampiamente usata negli Stati Uniti e in diversi paesi europei”, scrive il consorzio in una nota, ma relativamente sconosciuta in Italia, dove al momento si contano appena 900 km di asfalti modificati.
Ma lo sbocco degli asfalti modificati, proprio come nel caso degli aggregati riciclati, servirebbe anche a dare ossigeno a un mercato che rischia di diventare asfittico. Dopo lo stop all’utilizzo dei granuli di gomma negli intasi per i campi sportivi, imposto dalle ultime modifiche al regolamento REACH volute dall’Ue per contrastare la dispersione di microplastiche, a partire dal 2031 nel nostro Paese rischia di restare senza collocazione circa il 40% delle 135mila tonnellate di granuli da PFU immesse ogni anno sul mercato. Quantità che, in buona parte, potrebbero essere assorbite proprio dalle infrastrutture stradali. “Da questo punto di vista il CAM arriva con la giusta tempistica – aggiunge Carnimeo – visto che il 2030 è praticamente dietro l’angolo e per le imprese avere un’alternativa valida, pronta e ampia è assolutamente importante“. Più prudente, in materia di asfalti modificati, il giudizio di SITEB. “Quando parliamo dell’impiego di polimeri o compound polimerici negli asfalti – dice Pesaresi – non dobbiamo dimenticare che abbiamo tutta una serie di implicazioni, come la lavorabilità del materiale in fase di stesa, ma anche la sua durabilità e la necessità di gestirlo all’atto delle manutenzioni. Siamo assolutamente favorevoli a tutto quello che va nella direzione della circolarità, ma ogni scelta va studiata e misurata in laboratorio. Diciamo sì, ma con prudenza“.
Sia nel caso dei PFU che in quello degli aggregati riciclati o del fresato d’asfalto, il decreto con i CAM strade va ad aggiungersi a un cruscotto di strumenti già attrezzato con un decreto end of waste di settore. “CAM e end of waste sono i due pilastri del riciclo – dice Paolo Barberi – uno impone alle stazioni appaltanti dei criteri da applicare nelle grandi opere e l’altro dice loro quali sono le caratteristiche dei materiali riciclati da utilizzare. È importantissimo perciò che uno strumento non vanifichi l’altro“. Nel caso del fresato, tuttavia, piuttosto che agevolare il riciclo, il decreto pare lo stia limitando. E per questo andrebbe rivisto, chiarisce SITEB, che da tempo chiede di modificare soprattutto i passaggi sulle quantità massime di fresato stoccabili negli impianti e il tetto massimo delle 50mila tonnellate l’anno di fresato impiegabili per tutti gli impianti d’asfalto con autorizzazione semplificata. “Speriamo che l’adozione dei CAM aiuti a superare i limiti della normativa – dice Pesaresi – anche perché siamo di fronte a un controsenso: da un lato i CAM chiedono quantitativi crescenti di materia riciclata, dall’altro il decreto end of waste invece impone quote contingentate agli impianti di riciclo”. Se la strada per la revisione del decreto sul fresato è ancora tutta da costruire, sul fronte degli inerti da costruzione e demolizione, invece, il percorso è ormai al termine visto che si attende a giorni la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova versione del regolamento, che sostituirà quella attualmente in vigore ma considerata inapplicabile dagli operatori. “Ci fa essere ottimisti l’atteggiamento che abbiamo apprezzato da parte della vice ministro dell’Ambiente Vannia Gava – spiega Barberi – una disponibilità totale al confronto. Lo stesso metodo che ha consentito, alla fine di un lungo percorso, di arrivare alla pubblicazione di uno strumento fondamentale come i CAM strade”.