Nel 2020 l’Italia ha riciclato il 72% dei rifiuti, utilizzando le materie prime seconde ricavate per sostituire oltre un quinto delle risorse trasformate dall’industria. Lo riporta il nuovo dossier ‘L’Italia del riciclo’. Pichetto: “Riciclo è strategia di competitività”. Ronchi: “Ma il regolamento UE sugli imballaggi va modificato”
A venticinque anni dall’entrata in vigore del cosiddetto ‘decreto Ronchi’, che nel 1997 ha riformato il quadro normativo in materia di gestione dei rifiuti e degli imballaggi consentendo lo sviluppo delle raccolte differenziate e il consolidarsi delle filiere industriali dell’economia circolare, l’Italia è leader europeo del riciclo. Nel 2020 il 72% di rifiuti, tra urbani e speciali, è stato trasformato in nuova materia prima e utilizzato per sostituire il 21,6% (la media UE è del 12,8%) dei materiali consumati dall’industria e dalla manifattura italiana, che nelle filiere del riciclo trovano il più prezioso degli antidoti alla scarsa disponibilità di materie prime naturali sul territorio nazionale. Lo dimostrano i numeri dell’ultimo rapporto ‘L’Italia del riciclo’, presentato questa mattina. “In venticinque anni siamo passati dall’emergenza all’eccellenza – ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – dal 9,4% di raccolta differenziata al 63%. Dall’80% di discarica al 20%. Dal 31% di riciclo degli imballaggi al 73%”. Dato, quello sul packaging, superiore non solo al target europeo del 65% al 2025 ma, con 9 anni di anticipo, anche al target europeo del 70% al 2030.
“Il riciclo rappresenta una necessità a tutela delle risorse naturali del nostro Paese e della sua straordinaria biodiversità. Ma è anche una strategia produttiva e di competitività per le nostre aziende” ha commentato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin. Un’industria, quella del riciclo, che conta 4mila 800 imprese con 236mila 365 occupati e un valore aggiunto di 10,5 miliardi di euro, capace di generare nel 2020 nuova materia prima ‘end of waste’ per 12 milioni e 287 mila tonnellate di metalli, 5 milioni e 213 mila tonnellate di carta e cartone, 2 milioni 287 mila tonnellate di pannelli di legno truciolare, 2 milioni e 229 mila tonnellate di vetro riciclato, un milione e 734 mila tonnellate di compost e 972 mila tonnellata di plastica riciclata. Percentuali di riciclo in crescita in tutte le principali filiere, con punte d’eccellenza nei settori degli imballaggi e degli oli lubrificanti usati, ma non mancano i ritardi e le criticità. Accanto alla “differenza tra Nord e Sud che resta ancora elevata”, come ha ricordato anche il ministro Pichetto, si registrano ancora impasse a livello nazionale sul fronte della raccolta e riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici (che con il 34,6% raggiunto nel 2021 è lontano dal target europeo del 65%) e su quello dei rifiuti da costruzione e demolizione, dove il nuovo decreto ‘end of waste’ in vigore da novembre “purtroppo sta mettendo il settore in difficoltà” ha spiegato Ronchi.
Da un lato le criticità dei singoli comparti, dall’altro una congiuntura economica segnata dai forti rincari energetici, che minaccia la tenuta delle filiere del riciclo, incluse quelle più solide, e che richiede interventi urgenti per rilanciare il mercato e tutelarne la competitività. “Servono misure incisive per rafforzare la domanda materie prime seconde prodotte col riciclo ed interventi strutturali per affrontare il forte aumento dei costi dell’energia che per l’industria del riciclo costituiscono la quota maggiore dei costi di produzione”, ha spiegato Ronchi. Tra le proposte l’introduzione di un’aliquota IVA agevolata per il materiale riciclato da compensare con un aumento del prelievo sui rifiuti smaltiti in discarica o con inceneritori, l’obbligo di acquisire di quantità minime stabilite di materiale riciclato negli appalti pubblici attraverso il Green Public Procurement, e più in generale il rafforzamento dell’utilizzo del materiale riciclato nei settori produttivi. Sul fronte energetico, spiega la Fondazione, serve favorire l’efficienza e il risparmio nelle imprese, semplificando e accelerando le procedure per utilizzare fonti rinnovabili di energia autoprodotta ma anche per la valorizzazione termica dei residui del di riciclo per generare calore ed elettricità da impiegare negli stessi impianti.
Ma la partita per tutelare i livelli d’eccellenza e la competitività del riciclo in Italia non si giocherà solo sul campo delle politiche nazionali. A Bruxelles è infatti aperta la contesa sul nuovo regolamento imballaggi, duramente criticato dal governo italiano che lo considera troppo sbilanciato sulle politiche di riuso, al punto da minacciare il primato dell’Italia sul fronte del riciclo. “Siamo di 9 anni in anticipo sui target europei – ha detto il ministro Pichetto – il nostro obiettivo è far sì che Germania, Francia, Spagna raggiungano i nostri livelli”. Anche per Edo Rochi il regolamento “va modificato per comprendere e valorizzare il sistema nazionale italiano, che opera da 25 anni, che ha raggiunto risultati di rilievo, anticipando per tutte le filiere i target europei di riciclo, in modo efficace, con costi mediamente più bassi e favorendo lo sviluppo sia di un’industria del riciclo, sia di un’industria che produce imballaggi avanzati e di qualità“. Un sistema che, curiosamente, nasceva venticinque anni fa proprio in attuazione di un pacchetto di direttive europee: quelle su rifiuti e packaging recepite nell’ordinamento italiano dal ‘decreto Ronchi’. Un quarto di secolo dopo, da mamma, l’UE sembra diventata matrigna.