Inviato alla Commissione europea lo schema di regolamento del nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, con i modelli digitali dei registri di carico e scarico e dei formulari. Le iscrizioni al sistema partiranno a 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto
Lo schema di decreto ministeriale sul RenTRi è stato notificato questa mattina alla Commissione europea, con un giorno d’anticipo sulla scadenza fissata dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare. Il regolamento che dovrà definire le modalità di funzionamento del nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti e introdurre i modelli digitali di registri di carico e scarico e formulari resterà adesso al vaglio delle istituzioni europee e degli Stati membri per 90 giorni, il cosiddetto ‘stand still’, dopodiché, a meno di imprevisti, potrà essere ufficialmente adottato dal Ministero della Transizione Ecologica. L’obiettivo è arrivare alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale entro la fine dell’anno.
Il prototipo del RenTRi è ancora un work in progress, ma la cornice giuridica che dovrà disciplinarne l’organizzazione e il funzionamento è già nero su bianco nel dossier inviato a Bruxelles. Che include anche i nuovi modelli digitali di registri di carico e scarico e formulari, allegati allo schema di decreto. Rispetto al modello digitale dei formulari, il decreto ministeriale chiarisce che in un’ottica di semplificazione, durante il trasporto sarà “garantita la possibilità di esibire il formulario digitale mediante l’utilizzo di dispositivi mobili” secondo specifiche tecniche che verranno pubblicate sul portale ufficiale del RenTRi. Le modalità di compilazione, però, così come tutte le principali modalità operative della piattaforma – a partire da quelle relative alla trasmissione dei dati al RenTRi – saranno definite successivamente dal Ministero della Transizione Ecologica con uno o più decreti direttoriali “sentito l’Albo Nazionale Gestori Ambientali”. Lo schema di decreto insomma appare molto più snello rispetto alla versione inizialmente sottoposta alla consultazione degli stakeholder, che era stata criticata dalle associazioni datoriali e dalle software house.
Quello che lo schema di regolamento definisce con chiarezza, invece, è il cronoprogramma delle iscrizioni alla piattaforma, che non partiranno prima di diciotto mesi dall’entrata in vigore del decreto (due mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta) e procederanno a blocchi, a seconda delle dimensioni di enti e imprese. Nella migliore delle ipotesi insomma al MiTE e all’Albo Nazionale Gestori Ambientali resterebbero ventuno mesi da adesso per completare la messa a punto del sistema e testarne le funzionalità, arrivando quindi a una partenza scaglionata che consentirebbe di scongiurare il rischio di catastrofici ‘click day’, come quello che segnò il debutto del Sistri.
Iscrizione a decorrere da 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ed entro i 60 giorni successivi, per “i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 50 dipendenti, e per tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali”. Poi toccherà a “enti o imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 10 dipendenti” (24 mesi dall’entrata in vigore del regolamento), e in ultimo a “tutti i restanti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi obbligati ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 135 del 2018” (30 mesi dall’entrata in vigore del decreto). Qualora il MiTE riuscisse a tenere fede al proposito di pubblicare il decreto entro la fine di quest’anno, stando al cronoprogramma l’avvio ufficiale della piattaforma non arriverebbe prima della primavera del 2024.
Altro segnale di discontinuità rispetto al Sistri quello delle tariffe d’iscrizione, sensibilmente più basse. Per le imprese di maggiori dimensioni si va dai 100 euro per il contributo del primo anno ai 60 euro per gli anni successivi, mentre per le medie imprese si passa a 50 euro e poi a 30 euro e per le piccole a 15 e poi 10. Merito anche di un’infrastruttura più snella, che proprio a differenza della controversa piattaforma abrogata nel 2018 non obbligherà le imprese a dotarsi di nuovo hardware, fatta eccezione per i soggetti che trasportano rifiuti speciali pericolosi, che dovranno garantire la presenza “sui mezzi di trasporto dei rifiuti di sistemi di geolocalizzazione basati sulle tecnologie disponibili sul mercato”. Confermato dunque l’addio a ‘black box’ e chiavette usb, che nei dieci anni di travagliata esistenza del Sistri erano diventate un vero e proprio simbolo del fallimento della piattaforma.