«È già difficile fare impresa in assenza di un quadro normativo definito e stabile. Diventa pressoché impossibile se l’incertezza normativa contribuisce anche allo sviluppo di un “mercato parallelo”, che sfrutta a proprio vantaggio questa situazione». Così Giorgio Arienti, Direttore Generale del consorzio dei produttori e distributori Ecodom, commenta i due anni di ritardo nell’adozione, da parte del Ministero dell’Ambiente, dei decreti attuativi necessari a completare la revisione, partita nel 2014, del quadro normativo nazionale sulla gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Provvedimenti, chiesti a gran voce dal settore del recupero dei Raee, tra i quali spicca quello sul cosiddetto “trattamento ottimale”, ovvero il regolamento necessario a fissare standard qualitativi per la gestione dei rifiuti tecnologici. Data la presenza al loro interno di sostanze estremamente pericolose per l’uomo e l’ambiente, i Raee vanno infatti trattati secondo procedure, piuttosto complesse e costose, che ne garantiscano la gestione in completa sicurezza. In assenza di una regolamentazione precisa, però, non sono poche le aziende che scelgono di risparmiare sui costi di trattamento. A danno dell’ambiente e, come stigmatizzato da Arienti, della regolare concorrenza sul mercato.
Un ritardo, quello del Ministero, che complica la vita delle imprese sane e che si somma alle difficoltà legate al crollo del costo delle materie prime, soprattutto plastica e ferro.«È stato un anno complicato per il settore – spiega Arienti – nonostante tutto, però, il nostro consorzio ha ottenuto ottimi risultati e anche nel 2015 abbiamo assicurato gli obiettivi di eccellenza ambientale ed efficienza economica previsti dalla nostra mission». Stando all’ottavo Rapporto di Sostenibilità presentato oggi da Ecodom, delle 78.265 tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche complessivamente raccolte nel 2015, circa il 90% è stato avviato a riciclo. Poco meno di 69mila le tonnellate di materie prime seconde ricavate dai Raee: 47.076 tonnellate di ferro, circa 1.657 tonnellate di alluminio, più di 1.489 tonnellate di rame e 8mila tonnellate di plastica. Una vera e propria “miniera urbana”, che il consorzio ha saputo sfruttare secondo i canoni dell’economia circolare, ovvero producendo valore nel rispetto dell’ambiente e garantendo il risparmio di preziose risorse naturali.
«L’importanza del riciclo dei Raee – ricorda infatti il dg di Ecodom – non sta solo nel “valore” delle materie prime seconde che ne derivano, quanto soprattutto nella riduzione degli impatti ambientali causati dal rilascio in atmosfera delle sostanze inquinanti contenute nei Raee e nel risparmio sui costi energetici di estrazione delle materie prime vergini». Eloquenti i numeri del Rapporto: nel 2015, Ecodom ha gestito in modo ambientalmente corretto il 31,4% di tutti i Raee generati in Italia. In particolare, il 49,3% dei rifiuti del raggruppamento R1 (“freddo e clima”, ovvero frigoriferi e condizionatori) e il 62,4% dei rifiuti del raggruppamento R2 (“grandi bianchi”, ovvero lavatrici, lavastoviglie, cappe, forni, scalda-acqua). È stata evitata l’immissione in atmosfera di 810.469 tonnellate di CO2, pari alla quantità di anidride carbonica assorbita in un anno da un bosco esteso quanto la provincia di Lecco (810 Kmq), e si è riusciti a risparmiare 321.500 GJ di energia elettrica, equivalente al consumo annuo di una città di oltre 75mila abitanti.