Il decreto sulle materie prime critiche andrà in aula senza interventi per potenziare il riciclo dei rifiuti tecnologici. Ritirati gli emendamenti di maggioranza per rilanciare la raccolta dei raee, proprio mentre l’Ue apre un’infrazione ai danni del nostro Paese per il mancato raggiungimento dei target obbligatori
Se non è autosabotaggio poco ci manca. A meno di 24 ore dall’apertura di una procedura europea d’infrazione ai danni dell’Italia per non aver raggiunto, tra gli altri, il target di intercettazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, non passano gli emendamenti al decreto legge sull’approvvigionamento di materie prime critiche presentati dai partiti di maggioranza per rilanciare e semplificare la raccolta raee. Nella serata di ieri la commissione attività produttive della Camera ha dato il via libera alle proposte di modifica al testo del governo, che la prossima settimana approderà in aula per il voto senza alcuna integrazione sul fronte del riciclo, da più parti considerato il fronte debole di un provvedimento quasi esclusivamente dedicato a rivitalizzare il settore delle estrazioni in miniera. E destinato, a quanto pare, a restare tale, visto che nel corso delle operazioni di voto sono stati ritirati o accantonati tutti gli emendamenti presentati dalle forze politiche di governo sul recupero di materia da rifiuti. Incluso l’emendamento 9.01 a prima firma del presidente della commissione, il leghista Alberto Gusmeroli, che recependo le indicazioni fornite dal MASE (e le sollecitazioni degli operatori di settore) puntava a potenziare le attività di comunicazione e sensibilizzazione, destinandovi il 3% dei ricavi annui dei sistemi collettivi, e a snellire le procedure per la raccolta, in particolare quelle dedicate agli operatori del retail.
“Pur essendovi numerose misure che potrebbero essere prese in considerazione, purtuttavia le stesse non potrebbero inserirsi in modo coerente nel presente decreto-legge”, ha dichiarato nel corso delle votazioni la sottosegretaria al MIMIT Fausta Bergamotto, parlando delle non poche proposte di modifica dedicate alla raccolta e riciclo dei rifiuti tecnologici presentate in commissione sia dai partiti di maggioranza che da quelli dell’opposizione. Viene da domandarsi in quale provvedimento possano mai trovare collocazione coerente, se non in un decreto nato per mettere in sicurezza l’approvvigionamento delle materie prime critiche e rispondere così alle ambiziose sfide poste dal Critical Raw Materials Act dell’Ue, secondo cui entro il 2030 il 25% del fabbisogno annuo dovrà essere soddisfatto proprio dal riciclo, e in particolare dal recupero avanzato dei rifiuti tecnologici. Un settore che in Italia però non decolla, come da tempo vanno ripetendo gli operatori, anche e soprattutto perché i livelli della raccolta restano intorno al 30% dell’immesso a consumo, lontani dal target del 65% di intercettazione fissato dall’Europa – che per questo ha messo l’Italia in infrazione – e inadatti a garantire le economie di scala necessarie a spingere gli investimenti in tecnologie innovative di riciclo, come pirometallurgia o idrometallurgia. Quelle che servono per estrarre minerali critici e strategici come cobalto, litio e terre rare.
Il dietrofront sugli emendamenti di maggioranza è la testimonianza evidente di una spaccatura in seno al governo e, in particolare, della scarsa sintonia tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, titolare del dossier sulle materie critiche, e il Ministero dell’Ambiente, che nei giorni scorsi in audizione in commissione aveva invece caldeggiato una serie di interventi per risolvere “diverse criticità sulla raccolta raee”, come ricordava la capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MASE Laura D’Aprile. In quella occasione D’Aprile aveva sottolineato la necessità di modificare la “devoluzione dell’eco-contributo per sostenere campagne di sensibilizzazione e informazione ai cittadini per migliorare e incentivare la raccolta”, ma anche di introdurre “semplificazioni rispetto agli oneri di raccolta e deposito preliminare da parte dei distributori”. Proposte a costo zero per le casse dello Stato, messe nero su bianco nell’emendamento presentato dal presidente della commissione attività produttive Gusmeroli, che in prima persona nella seduta di ieri sera ne ha poi annunciato il ritiro. Una mossa ‘tafazziana’ da parte del governo, che entro i prossimi due mesi dovrà anche rispondere alla lettera di messa in mora dell’Ue per giustificare la voragine che separa l’Italia dal target obbligatorio di raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici. “Pensiamo che sul recupero delle materie critiche l’Italia possa essere all’avanguardia in Europa e in occidente”, aveva dichiarato qualche giorno fa il ministro del Made in Italy Adolfo Urso tenendo a battesimo l’hub italiano voluto da Iren. Tra il dire e il fare, ci sono di mezzo i raee.