Nei primi sei mesi del 2024 la commissione tecnica PNRR-PNIEC ha già rilasciato pareri per 6 GW ma “servono mirate modifiche normative” per renderne l’azione più efficace, spiega il presidente Massimiliano Atelli. A partire dall’istituzione di un meccanismo di filtro delle istanze
Completare l’organico della commissione, ma soprattutto costruire un sistema di ‘filtraggio’ delle istanze, per concentrare l’attività solo sui progetti effettivamente realizzabili. E traguardare così gli obiettivi di transizione ecologica ed energetica entro i termini concordati con l’Ue. Questo l’appello lanciato da Napoli in occasione dell’incontro di metà mandato della commissione tecnica PNRR-PNIEC, l’organo di valutazione ambientale del Ministero dell’Ambiente che lo scorso anno, sul solo fronte delle energie rinnovabili, ha rilasciato pareri per 10,5 GW equivalenti e che anche nel 2024 sta viaggiando a velocità sostenuta. Nei primi sei mesi dell’anno sono già 6 i GW equivalenti che hanno ottenuto il bollino della commissione.
“Dobbiamo fare uno sforzo ulteriore – spiega a Ricicla.tv il presidente della commissione Massimiliano Atelli – occorre aumentare l’andatura anche in termini di numero di pareri, non solo di GW equivalenti. I risultati del primo semestre 2024, nel quale abbiamo raggiunto già l’equivalente del numero di pareri emessi nel 2023, ci fa pensare che alla fine dell’anno raggiungeremo un numero di pari a quasi tre volte quello dello scorso anno”. Un risultato a portata di mano “anche in conseguenza della nomina di 17 nuovi commissari”, dice Atelli, chiarendo però che “a oggi ne mancano ancora 13. E 13 commissari in meno dal punto di vista dei pareri resi a fine anno fanno fortemente la differenza”, dice. Serve completare la squadra, ma, avverte il presidente della commissione, sempre tenendo presente che “l’organico della pubblica amministrazione non può crescere all’infinito di pari passo con le istanze”. La priorità, infatti, è quella di mettere la commissione nelle condizioni di lavorare bene su progettualità che siano realizzabili.
Il boom delle istanze segnato dagli stringenti cronoprogrammi degli impegni sottoscritti con l’Europa, con orizzonte temporale a giugno 2026 per il PNRR e al 2030 per il PNIEC, è un boom di quantità, ma non necessariamente di qualità. Cosa che costringe i (pochi) commissari a misurarsi anche con iniziative velleitarie o progetti scritti male. “È il frutto dell’assenza di un sistema di ‘filtraggio’ alla partenza che consenta di identificare da subito i progetti a più elevato livello di realizzabilità concreta”, spiega Atelli. L’introduzione di un meccanismo di selezione a monte, chiarisce il presidente della commissione, è solo la prima di una serie di “mirate modifiche normative” che potrebbero consentire all’organismo collegiale di lavorare con maggiore efficienza. E migliorare così le già eccellenti performance degli ultimi tre anni. “Serve anche una definizione più chiara e univoca delle metriche di trattazione che il Ministero deve seguire e un cambiamento di rotta dal punto di vista delle metodiche. Probabilmente – spiega – si può rimettere in discussione l’idea che sulle rinnovabili la richiesta di integrazione sia da fare su un numero elevato di atti”.
Massima disponibilità a valutare possibili interventi è arrivata dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, intervenuto da remoto chiarendo che accanto all’introduzione di sistemi di filtraggio e di nuove modalità e tempistiche operative, sia per la commissione che per il Ministero, la priorità resta quella di “creare le condizioni perché le istanze siano solide già in partenza, e non siano dei meri tentativi”. Un risultato che passa anche per un maggiore dialogo con le imprese proponenti. “Bisogna lavorare insieme nel rispetto dei ruoli e delle competenze – dice il presidente di ISPRA Stefano Laporta – affinché i progetti vengano presentati con le caratteristiche giuste già in fase iniziale, consentendo una valutazione più spedita ed efficace”.
Se alleggerire le istanze a monte rappresenta la priorità, resta la necessità di decongestionare le attività della commissione anche nel corso delle istruttorie. “Siamo in contatto costante con la commissione per cercare di trovare, anche all’interno delle procedure attuali, alcune possibilità di semplificazione – spiega Gianluigi Nocco, direttore generale per le valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente – come il decreto sulle aree idonee, ma anche i piccoli interventi normativi messi in campo negli ultimi due anni al fine di meglio coordinare le attività con il Ministero della Cultura”. Tema, quest’ultimo, che secondo il ministro Pichetto resta tuttora uno dei nodi da sciogliere. “Troppe istanze finiscono sul tavolo del Consiglio dei Ministri per conflitto tra ministeri”, ha detto Pichetto. “Serve una maggiore integrazione a livello normativo con i collegi del MIC”, ha aggiunto Atelli.
L’obiettivo resta quello di limitare il rischio, mai del tutto azzerabile, che le procedure di permitting – a livello nazionale come a livello territoriale – facciano da collo di bottiglia delle transizioni. “Una bottiglia che in Campania stiamo provando ad allargare – dice il vice presidente della Regione e assessore all’ambiente Fulvio Bonavitacola – siamo tra le prime regioni per numero e tempi di evasione delle richieste di autorizzazione. C’è però ancora un ping-pong tra Stato e Regioni – dice – in materia ambientale occorre fare una scelta chiara: le procedure bisogna chiuderle tutte o a livello statale o a livello regionale. La riforma del testo unico ambientale da questo punto di vista può essere un’occasione importante”. “Bisogna ulteriormente potenziare e professionalizzare anche gli organi tecnici dotandoli di risorse, strumenti e infrastrutture per svolgere in maniera sempre più adeguata l’attività di supporto e consulenza tecnico scientifica”, aggiunge il direttore generale di ARPAC Stefano Sorvino.