Il silenzio assenso del Ministero dell’Ambiente conferma, un po’ a sorpresa, il modello MUD dello scorso anno. Presentazione entro il 2 maggio ma gli operatori lanciano l’allarme: nel testo ancora troppe le incongruenze mentre il tempo per la compilazione potrebbe non bastare
C’è tempo fino al prossimo 2 maggio per la presentazione del MUD 2023, il Modello Unico di Dichiarazione ambientale col quale imprese ed enti dovranno comunicare i dati relativi alle quantità di rifiuti prodotte e gestite nell’arco dello scorso anno. Due mesi esatti da oggi per compilare e inviare, in formato rigorosamente telematico, le sei comunicazioni previste dal modello: rifiuti; veicoli fuori uso; imballaggi; raee; rifiuti urbani e raccolti in convenzione e produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’articolazione del modello resterà quella definita lo scorso anno dal Ministero dell’Ambiente (allora si chiamava ancora della Transizione Ecologica), che aveva introdotto diverse novità tra le quali la ‘scheda riciclaggio’ nella sezione anagrafica.
La conferma del modello è arrivata solo nella giornata di ieri, termine ultimo ai sensi di legge per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’eventuale nuovo modello. Un silenzio assenso, quello del Ministero dell’Ambiente, piuttosto irrituale se si considera che il MUD è stato modificato quattro volte negli ultimi cinque anni (sulla scorta di un quadro normativo in costante evoluzione) e che l’unica riconferma, quella del modello 2019 per il 2020, era stata annunciata dal Ministero con una comunicazione ufficiale a inizio anno. Concedendo quindi ai soggetti obbligati quasi quattro mesi di tempo per procedere alla compilazione delle comunicazioni. Quest’anno, invece, spiazzati dalla tacita conferma del modulo dello scorso anno, saranno in tanti a dover fare le corse per mettere insieme il MUD. “Una situazione a dir poco paradossale – commenta Tiziana Cefis, giurista e consulente ambientale per lo studio TeA Consulting – non era mai accaduto a mia memoria. La pubblicazione del nuovo MUD- dice – era data per certa, non solo dalle ‘voci di corridoio’, ma soprattutto dal fatto che i portali per la trasmissione telematica del modello fino a oggi non erano stati attivati“.
Il tempo, insomma, potrebbe non bastare. Anche perché tra i soggetti obbligati molti rischiano di incontrare non poche difficoltà. I comuni, ad esempio, nella comunicazione rifiuti urbani dovranno compilare, tra le altre, anche la ‘scheda CG’ riportando i costi di gestione. Ma le tabelle di riferimento contenute nel modello dello scorso anno, quelle del MTR-1 di ARERA, non sono più valide visto che nel 2022 è diventato pienamente operativo il MTR-2. “Tra le tabelle di riferimento ci sono vari elementi differenti – spiega Francesco Iacotucci, consulente di Ifel – nel MTR-2 ad esempio scompare tutta la parte del ‘limite tv’. In più ci sono nuovi elementi predittivi (c116 e cq) e variano i conguagli. Il rischio – dice – è che i conti non tornino”.
Il modello conserverà inalterati molti dei profili di criticità che erano già stati evidenziati lo scorso anno dagli operatori. Come i dubbi sulla compilazione del MUD per le attività di pulizia manutentiva. Dubbi che avevano trovato parziale risposta in una serie di FAQ postate sul portale web di ISPRA, ma un elenco di risposte pubblicate su internet non ha la forza di un dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Soprattutto alla luce della distanza che tradizionalmente passa tra le modalità operative delle imprese e le prassi interpretative degli organi di controllo. “Non è sicuramente confortante per le imprese, soprattutto per i soggetti gestori, preparare la dichiarazione, in parte, sulla base di FAQ, benché autorevoli, redatte a cura di ISPRA. Ma il vero problema è che i tempi per la presentazione sono ridotti all’osso: solo due mesi utili per la raccolta e la verifica dei dati e l’elaborazione di un modello che di anno in anno è diventato sempre più complesso”, commenta laconica Cefis.