Il nuovo MUD “è sul tavolo della presidenza del Consiglio” conferma il Ministero dell’Ambiente alla nostra testata. Ma da Palazzo Chigi tutto tace, quando manca una settimana esatta al termine del 1 marzo. Che però, dopo il precedente dello scorso anno, sembra destinato a perdere definitivamente di valore
“Ci son cascato di nuovo” cantava un Achille Lauro seminudo e indolente sul palco di Sanremo 2020. E ci sono cascati di nuovo anche i circa 400mila soggetti obbligati alla presentazione del Modello Unico di Dichiarazione ambientale, il MUD. Anche quest’anno, come lo scorso anno, illusi dal prolungato silenzio del Ministero dell’Ambiente che il format per le dichiarazioni sarebbe rimasto invariato. Del resto manca una settimana esatta al 1 marzo, data che la legge istitutiva del MUD, la 70 del 1994, indica come termine ultimo per l’aggiornamento della modulistica. E invece anche quest’anno, come lo scorso anno, imprese ed enti obbligati vedranno demolite le loro (poche e fragili) certezze. Perché il format nuovo c’è – come hanno riferito a Ricicla.tv fonti attendibili – e nei prossimi giorni verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale con il canonico Dpcm. Il problema, però, è che non si sa quando.
Come lo scorso anno, infatti, la cinghia di trasmissione tra il Ministero e la presidenza del Consiglio si è inceppata. “Il decreto è sul tavolo della presidenza del Consiglio”, conferma oggi il MASE alla nostra testata. Ma a Palazzo Chigi tutto tace. Nel frattempo si accumula un ritardo mostruoso che per il secondo anno consecutivo rischia di far slittare la pubblicazione del Dpcm con il nuovo format a dopo il 1 marzo. Uno sforamento inedito quello dello scorso anno, senza precedenti negli oltre 20 anni di esistenza del MUD, tanto da portare diversi commentatori a mettere in discussione la legittimità stessa dell’atto. Dubbi respinti al mittente dal Ministero dell’Ambiente: trattandosi di un termine “ordinario” e non “perentorio”, aveva chiarito il MASE sollecitato dalla nostra testata, è vero che si dovrebbe tenerne conto, ma è vero anche che se non lo si fa non succede niente.
Più che un limite da non valicare, insomma, quel “entro la data del 1 marzo” sarebbe un suggerimento. Un gentile invito a stare nei tempi. E pazienza se dal 2001, anno dell’effettiva introduzione del limite al 1 marzo, i soggetti coinvolti dall’adempimento – governo, imprese ed enti di controllo – hanno sempre considerato quel termine, ordinario o perentorio che fosse, come un incomprimibile margine di sicurezza. Da un paio d’anni la musica sembra essere cambiata. Fino alla pubblicazione del nuovo modello imprese e consulenti resteranno in balia della presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Ambiente, degli attriti tra i due palazzi e dei loro silenzi. “C’est la vie”, per restare su Achille Lauro.
A fare da magra consolazione le anticipazioni sul nuovo MUD, che non dovrebbe cambiare troppo rispetto a quello dello scorso anno. Il formate per le dichiarazioni relative ai rifiuti prodotti e gestiti nel 2023, spiegano a Ricicla.tv fonti informate, non stravolgerà infatti quello dell’anno precedente. Le comunicazioni riservate alle imprese resteranno sostanzialmente invariate, mentre modifiche puntuali riguarderanno la parte riservata a Comuni e gestori del servizio pubblico, e nello specifico le voci relative ai costi, che nel nuovo modello sono state meglio allineate alla disciplina tariffaria di ARERA. Aggiornata anche la voce sui rifiuti pescati, contenuta nella ‘Scheda RU’, che aveva fatto la sua prima comparsa nel MUD dello scorso anno. Variazioni, limitate, anche nella comunicazione imballaggi, dove vengono tarate meglio le voci necessarie a monitorare il raggiungimento degli obiettivi europei sulla raccolta dei contenitori per liquidi alimentari. a partire dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo format le imprese avranno 120 giorni di tempo per la compilazione e la presentazione, esclusivamente in via telematica, sui portali web di Infocamere.