L’annuncio di un Critical Raw Materials Act da parte della presidente della Commissione UE incassa il plauso delle imprese del riciclo. Ma riciclare non basta, dice l’Europarlamento, secondo cui serve aumentare l’estrazione delle materie critiche negli Stati membri. Come ‘l’oro bianco’ sepolto alle porte di Roma
La crisi energetica non fermerà la transizione ecologica, garantisce l’UE, e anzi di fatto la accelererà, visto che la strada delle rinnovabili e dell’elettrificazione, oltre a puntare verso gli ambiziosi obiettivi di riduzione della CO2 fissati dal Green Deal, porta anche lontano dal campo minato delle forniture di gas russo. Il percorso, però, resta irto di ostacoli. Uno su tutti, quello delle risorse che servono ad alimentare la transizione. Se da un lato il passaggio dell’economia da fossile a decarbonizzata ed elettrificata può liberare l’UE dal cappio del metano russo, dall’altro rischia infatti di esporla al ricatto delle materie prime critiche, le cosiddette CRM, indispensabili per produrre pannelli fotovoltatici e sistemi di accumulo o per l’industria tecnologica, ma controllate da pochi monopolisti globali. Cina in testa. Ecco perché l’Unione si doterà di un Critical Raw Materials Act, come ha annunciato la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione.
L’obiettivo è quello di mettere in sicurezza il futuro digitale e rinnovabile dell’industria europea ribaltando numeri che, al momento, giocano tutt’altro che a favore del Vecchio Continente. “Oggi la Cina controlla l’intera industria globale della trasformazione delle materie prime critiche – ha detto Von der Leyen – processando quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio”. E controllando, in più, buona parte delle miniere centrafricane di coltan, la columbo-tantalite che abbonda al confine tra Congo e Kenya, macchiato dal sangue delle guerre tra bande armate che si contendono con la violenza il dominio del mercato nero. Ma al monopolio cinese della supply chain se ne affiancano anche altri, come quello del Sud Africa, che controlla il 92% dell’iridio e il 71% del platino utilizzati dall’UE.
“Dobbiamo essere sicuri che il futuro della nostra economia sia in Europa” ha dichiarato la presidente della Commissione, ricordando le misure già adottate per garantire maggiore autonomia e resilienza alle filiere produttive UE dell’elettrico e dell’alta tecnologia. “Cinque anni fa – ha detto – l’Europa ha lanciato la Battery Alliance. E presto due terzi delle batterie di cui abbiamo bisogno saranno prodotti in Europa. L’anno scorso ho annunciato l’European Chips Act. E la prima gigafactory di chip aprirà la strada nei prossimi mesi. Ora dobbiamo replicare questo successo” ha dichiarato Von der Leyen, chiarendo che la Commissione identificherà “progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo“, creando riserve strategiche “dove l’offerta è a rischio”. Un riferimento, quello al recupero di risorse dai rifiuti – soprattutto elettrici ed elettronici – che ha incassato il plauso delle imprese di settore. “La domanda di batterie contenenti metalli come litio, nichel, cobalto, tra gli altri, sarà moltiplicata per 14 entro il 2030 – ha ricordato Peter Kurth, presidente di FEAD, associazione europea delle imprese del waste management – le società di gestione dei rifiuti consentono la transizione verso un’economia circolare producendo risorse ed energia che possono essere reimmesse nell’economia, contribuendo così alla transizione verde dell’UE” . Secondo uno studio di The European House Ambrosetti per Erion, per ogni mille tonnellate in più di rifiuti tecnologici raccolti e avviati a corretto trattamento, si recuperano 55,6 tonnellate di materie prime critiche.
Puntare sulle miniere urbane, tuttavia, non basterà a dismettere quelle reali, indispensabili per soddisfare l’intera domanda di materie prime critiche dell’UE, in crescita costante per effetto delle politiche di decarbonizzazione e digitalizzazione. Secondo la Commissione Europea, nella sola corsa verso il target del 55% di emissioni di CO2 in meno fissato al 2030 dal pacchetto ‘fit for 55’ l’UE potrebbe infatti avere bisogno fino a 18 volte più di litio e cinque volte più di cobalto per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia. “Tutte le previsioni indicano una maggiore domanda di materie prime critiche a causa della doppia transizione” spiegava nei mesi scorsi Hildegard Bentele, eurodeputata e relatrice di una risoluzione approvata quasi un anno fa dall’Europarlamento che impegnava la Commissione proprio ad adottare una strategia che aumentasse l’autonomia per la fornitura di materie prime critiche, tramite la costruzione di un mercato secondario con risorse riciclate ma anche esplorando la possibilità di approvvigionamento sostenibile negli Stati membri ricchi di CRM.
La Finlandia, del resto, estrae già oggi il 66% del cobalto utilizzato dall’industria UE. Ma CRM abbondano anche in Germania, Francia e Spagna. O in Italia, alle porte di Roma, dove il sottosuolo custodisce un ricchissimo giacimento di litio, ‘l’oro bianco’ della corsa all’elettrificazione, scoperto negli anni ’70 e mai estratto perché all’epoca la domanda non era tale da giustificare l’investimento. Oggi che la domanda c’è il problema, semmai, è l’opposizione delle comunità locali. Anche di questo, secondo l’Europarlamento, dovrà occuparsi la Commissione. “Ci impegniamo ad aumentare i nostri sforzi per fare pieno uso dell’economia circolare – diceva Bentele – tuttavia, la ricerca mostra che questi sforzi non saranno sufficienti, almeno nel breve e medio termine”. Motivo per cui il documento approvato dal Parlamento UE chiedeva un sostegno tecnico concreto a favore di misure di approvvigionamento “responsabile e sostenibile” negli Stati membri ma anche il rafforzamento della cooperazione internazionale e soprattutto “una nuova strategia UE-Africa” per lo sfruttamento equo e sostenibile delle materie prime critiche. Un appello che, sebbene in maniera tardiva, la Commissione Europea sembra pronta ad accogliere.