Materie prime critiche, Arienti: “Il decreto è un’occasione persa”

di Luigi Palumbo 29/07/2024

Comunicazione, semplificazione, controlli: questi i tre fronti d’intervento per rilanciare la raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici nel nostro paese e rispondere alla lettera di messa in mora dell’Ue. Che ha aperto una procedura d’infrazione ai danni dell’Italia proprio mentre il governo chiedeva il ritiro degli emendamenti al decreto materie prime critiche proposti dagli operatori del riciclo. Il direttore generale di Erion WEEE Giorgio Arienti: “Un’occasione persa”


“Che in un Paese come l’Italia un provvedimento sulle materie prime critiche non contenga quasi nulla su raccolta e riciclo dei raee, ma punti tutto sulle estrazioni in miniera, è decisamente un’occasione persa“. È amaro il commento del direttore generale di Erion WEEE Giorgio Arienti all’approssimarsi del voto in aula alla Camera sul decreto legge che, nei piani del governo, dovrà mettere in sicurezza l’approvvigionamento nazionale di metalli critici e strategici. Al termine dell’esame in commissione attività produttive di Montecitorio, infatti, il testo, che dovrebbe essere approvato dall’emiciclo tra mercoledì e giovedì, conferma i timori degli operatori del riciclo, che fin dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avevano giudicato il provvedimento come quasi esclusivamente orientato al rilancio delle estrazioni dal sottosuolo. “Fin dall’inizio – spiega Arienti a Ricicla.tv – il MIMIT, con il supporto del MASE, avrebbe dovuto inserire alcune previsioni relative ai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche“. Che di materie critiche e strategiche come rame, litio e terre rare, sono ricchi. E invece sul riciclo poco e nulla, se non la previsione di tempi autorizzativi più veloci per gli impianti strategici, fissati in un massimo di dieci mesi. Condizione necessaria ma non sufficiente a rispondere alle sfide del Critical Raw Materials Act dell’Ue, secondo cui entro il 2030 il riciclo dovrà soddisfare almeno il 25% del fabbisogno industriale di materie strategiche. Perché il vero problema è che di raee da riciclare ne raccogliamo ancora troppo pochi: nel 2023 le quote di competenza di Erion WEEE, principale sistema collettivo nazionale, ammontavano a 350mila tonnellate, mentre l’Ue chiedeva di trattarne almeno 780mila.

“Le chiamiamo ‘miniere urbane’ – dice Arienti – e poi, quando è il momento di mettere a punto norme che ne favoriscano lo sfruttamento, ce ne dimentichiamo completamente“. Più che quello dell’amnesia, tuttavia, l’esito ormai scontato della conversione in legge del decreto (che dopo l’ok della Camera andrà al Senato per un passaggio quasi esclusivamente formale) ha il carattere dell’autosabotaggio. Di emendamenti per rafforzare il sistema di raccolta e riciclo dei rifiuti tecnologici nel nostro paese, infatti, ne erano stati presentati diversi, anche dai partiti di maggioranza: due in particolare, a firma degli onorevoli Alberto Gusmeroli (Lega) e Luca Squeri (Forza Italia), avevano messo nero su bianco le proposte degli operatori in tema di semplificazione e comunicazione, ma sono stati fatti ritirare per volere del governo. Segno della scarsa sintonia tra il Ministero delle Imprese, titolare del dossier, e il Ministero dell’Ambiente, che nelle scorse settimane aveva invece caldeggiato gli interventi proposti dagli operatori per aumentare la raccolta dei raee, ferma trenta punti percentuali al di sotto del target europeo del 65%. Motivo per cui proprio mercoledì scorso, mentre a Roma si votavano gli emendamenti sul decreto, a Bruxelles la Commissione Ue apriva ai nostri danni una procedura d’infrazione. Un tempismo che aggiunge al carattere dell’autosabotaggio anche il sapore della beffa.

“Se vogliamo sfruttare quella ‘miniera urbana’ che sono i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche dobbiamo in primo luogo aumentare le quantità che riusciamo a intercettare”, spiega Arienti. Perché “l’Italia è gravemente in ritardo rispetto agli obiettivi fissati”, dice, e questo ci rende “prigionieri di un circuito vizioso: raccogliamo pochi raee, circa 350mila tonnellate l’anno, che non bastano a sostenere gli investimenti negli impianti sofisticati in grado di estrarre le materie prime critiche presenti in quantità minime all’interno di ogni dispositivo. Il risultato – chiarisce Arienti – è che oggi i nostri impianti di trattamento separano le componenti ricche di materie prime critiche, come schede e circuiti stampati, e le inviano all’estero nei paesi già dotati di tecnologie avanzate di trattamento”. Al momento insomma, parlare di un’Italia destinata a diventare “avanguardia del riciclo delle materie prime critiche”, come ha fatto solo pochi giorni fa il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, è più una velleità che una strategia concreta. “Aumentare la raccolta dei raee è fondamentale per arrivare, anche nel nostro Paese, a fare della vera economia circolare e non solo a parlarne“, chiarisce il direttore di Erion WEEE.

Sfumata – incredibilmente – l’occasione del decreto materie prime critiche, gli operatori tornano a sollecitare l’intervento del legislatore nazionale e del governo su tre fronti: comunicazione, semplificazioni, controlli. “Bisogna educare i cittadini al fatto che la raccolta differenziata dei raee è importante. Bisogna investire in iniziative di comunicazione – chiarisce Arienti – ed è necessario che questo investimento venga fatto da tutti i consorzi, mettendo a disposizione una parte consistente del proprio fatturato“. Come prevedeva l’emendamento Gusmeroli, che se approvato avrebbe vincolato i sistemi collettivi a destinare il 3% dei ricavi annui (una cifra calcolabile, complessivamente, in circa 5 milioni di euro) ad attività di sensibilizzazione. Una proposta a costo zero per le casse dello Stato, ma ritenuta non coerente con lo scopo del decreto e per questo fatta ritirare. Come sono state ritirate le proposte emendative per snellire la burocrazia a carico dei commercianti e distributori di apparecchiature e favorire così la diffusione di sistemi di ritiro dei raee ‘1 contro 1’ e ‘1 contro 0’. “Oltre a educare i cittadini bisogna consentire loro di disporre correttamente dei propri raee senza doversi necessariamente caricare il frigorifero in spalla – dice Arienti – bisogna aumentare i servizi a loro disposizione. Le proposte di semplificazione per i distributori andavano proprio in questa direzione. Serve favorire la raccolta da parte dei negozianti, che restano il canale principale attraverso cui i cittadini possono liberarsi dei propri rifiuti”.

Oltre a intercettare i raee che finiscono nell’indifferenziato per scarsa consapevolezza o per l’assenza di una rete capillare di raccolta, chiariscono però gli addetti ai lavori, c’è anche da fare luce sui flussi paralleli. Ovvero sui raee che vengono raccolti da enti locali e commercianti ma che poi vengono consegnati direttamente agli impianti di trattamento (cosa attualmente consentita dalla legge) senza passare per il sistema nazionale dei consorzi. Secondo Erion, nel Raggruppamento R2 (lavatrici, lavastoviglie, forni ecc.) – settore nel quale in circa il 90 % dei casi si acquista un nuovo elettrodomestico quando si dismette quello vecchio – a fronte di 253mila tonnellate di nuove apparecchiature immesse sul mercato nel 2023, sarebbe stato logico aspettarsi circa 227mila tonnellate di raee e invece gli enti locali e i negozianti hanno consegnato ai consorzi solo 121mila tonnellate. Meno della metà. Nel Raggruppamento R1 (frigoriferi e congelatori – senza prendere in considerazione i condizionatori) mancano all’appello altre 50mila tonnellate. Raee che oltre a rischiare di finire in impianti di trattamento non ottimali, sfuggono al calcolo delle quantità intercettate e contribuiscono quindi ad allargare la voragine che separa l’Italia dl target Ue. “Speriamo che il Ministero dell’Ambiente, e il governo in generale, capiscano che una prima risposta alla lettera di messa in mora dell’Ue non può che arrivare da iniziative che favoriscano in tutti i modi possibili la raccolta differenziata dei raee”, dice Arienti.

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