Incentivi biometano, Polimi: “Si rischia il fallimento totale della strategia”

di Luigi Palumbo 29/11/2024

L’incertezza sui tempi e costi di realizzazione degli interventi sta decretando il fallimento dei nuovi incentivi PNRR per il biometano, rileva un outlook del Politecnico di Milano. “Si rischia il fallimento totale della strategia al 2030”, spiega il professor Paolo Maccarrone. Soprattutto se, al termine dei quindici anni previsti, il ciclo di sostegni non sarà rinnovato


Il ciclo di incentivi finanziato dal PNRR con 1,7 miliardi di euro per spingere la produzione di biometano da rifiuti organici e scarti agricoli non sta funzionando. Tra rinunce e assegnazioni duplicate, come documentato nelle scorse settimane anche da Ricicla.tv, a fronte dei 257 mila complessivamente disponibili le prime quattro gare hanno assegnato un coefficiente di 122.270,19 Smc/h. Che su base annua corrispondono a un miliardo 130 milioni di nuova capacità produttiva. Vale a dire meno della metà del target da 2,3 miliardi di metri cubi di nuovo biometano che il PNRR prevede di produrre entro il 30 giugno del 2026. Sempre che tutti gli interventi entrati in graduatoria vengano portati a termine prima della scadenza concordata con l’Ue, superata la quale decadrà il diritto agli incentivi. Cosa che, al momento, è impossibile affermare con certezza.

“La sensazione che circola tra gli operatori è che gli impianti che al 30 giugno 2026 verranno effettivamente realizzati saranno solo una quota parte di quelli ammessi agli incentivi”, spiega a Ricicla.tv Paolo Maccarrone, professore al Politecnico di Milano e coordinatore dell’outlook biometano curato dal gruppo di lavoro Energy&Strategy. Da un lato, infatti, c’è l’inesorabile approssimarsi della deadline al 2026, che già rende l’intera operazione “una lotta contro il tempo”, dice. E il terreno delle tempistiche, è cosa ben nota, non è esattamente tra quelli sui quali l’Italia può dirsi una specialista. Tanto meno se si considera che, come riporta l’outlook, lo scenario nel quale si muovono gli operatori resta fitto di dubbi e incertezze, e rende sempre più difficile, se non di fatto impossibile, pianificare correttamente investimenti e lavori di realizzazione. Uno scenario le cui ombre si allungano ben oltre il 2026, minacciando la sostenibilità a lungo termine anche degli interventi che saranno effettivamente realizzati e incentivati. Il rischio, dice senza mezzi termini Maccarrone, è quello di “un fallimento totale della strategia”, con impianti in disuso e tanti saluti agli obiettivi su energia e clima concordati con l’Ue nel PNIEC.

Una potenziale disfatta che ha una delle sue cause nella scarsa attrattività dei nuovi incentivi PNRR. “L’andamento delle prime quattro assegnazioni – spiega Maccarrone – non è stato particolarmente soddisfacente“, nonostante il sensibile aumento delle domande che ha fatto seguito all’attivazione dello scudo anti-inflazione, operativo dalla terza procedura competitiva. Colpa di una serie di fattori diversi tra loro, accomunati però tutti dall’elemento dell’incertezza. “Il meccanismo prevede infatti l’assegnazione di una tariffa fissa per 15 anni – chiarisce – ma se da un lato i ricavi sono certi, i costi invece sono sempre variabili. Il ritorno di un investimento in un impianto di biometano è influenzato da fattori diversi, molti dei quali sono legati all’andamento dei costi futuri, a partire da quelli delle materie prime, e questi sono difficilmente prevedibili”. Impossibile quindi sapere in anticipo se si riuscirà a coprirli con la tariffa. C’è poi un tema legato ai costi iniziali, soprattutto quelli per il collegamento alla rete nazionale di distribuzione, “che possono essere molto sensibili – spiega – e impattare in maniera decisiva sulla convenienza dell’investimento”.

Se a questo si aggiunge l’incertezza dei tempi di realizzazione degli allacci, ma più in generale l’incognita delle tempistiche di realizzazione dell’intero intervento, incluse quelle per l’ottenimento delle autorizzazioni – “tema classicamente italiano”, dice Maccarrone – si fa presto a capire perché, guardando alla scadenza del 30 giugno 2026, molti operatori abbiano considerato “poco attrattiva” la prospettiva di un investimento, per quanto incentivato, nella realizzazione di un impianto o nel revamping di una struttura esistente. Cosa particolarmente vera per gli impianti a biometano da rifiuti organici, che secondo l’outlook del PoliMi si sono infatti aggiudicati poco meno del 12% del contingente incentivabile assegnato nelle prime quattro gare (nell’ultima era appena il 4%). “Per questi operatori – chiarisce il professore – le tariffe non sono attrattive. Parlando con molti di loro è infatti emerso un problema di sostenibilità economica degli investimenti, che sta diventando sempre più evidente in relazione all’andamento dei costi operativi e, in particolare, alla riduzione importante delle tariffe di conferimento“. Che da diverso tempo sono in calo costante, anche sotto la scorta dell’incremento della capacità di trattamento sul territorio nazionale, e che rendono sempre più difficile prevedere con certezza i tempi di rientro degli investimenti. Anche se incentivati.

Un nodo, quello della sostenibilità economica degli impianti a biometano, che proietta un’ombra minacciosa sul futuro degli interventi incentivati dal PNRR. “Il nostro modello – spiega Maccarrone – ha evidenziato come gli impianti non siano economicamente redditizi in assenza di incentivi. Dal sedicesimo anno in poi, quindi al termine del ciclo di sostegni, la loro redditività diventa infatti negativa”. Ciò significa che in assenza di nuovi incentivi “gli operatori fermeranno gli impianti stoppando la produzione di biometano, e questo sarebbe un grave problema”. Sia perché certificherebbe di fatto lo sperpero delle risorse – pubbliche e private – mobilitate per la realizzazione delle infrastrutture, sia perché “ci allontanerebbe drasticamente dall’obiettivo sancito nel PNIEC”. Ovvero quello dei 5,7 miliardi di metri cubi di biometano prodotti annualmente a partire dal 2030. Oggi, calcola il PoliMi, siamo a poco più di 323 milioni. A questi, volendo essere ottimisti e ipotizzando che tutti gli impianti a oggi incentivati dal PNRR entrino in funzione, potremmo aggiungere entro il 2026 un ulteriore miliardo e mezzo circa di metri cubi. A quel punto saremmo ancora a meno di metà del percorso, con soli quattro anni davanti per raggiungere gli obiettivi energia e clima concordati con l’Ue. Un traguardo che appare di fatto già irragiungibile. “Serve un sistema di incentivazione nuovo che ci consenta almeno di avvicinarvisi“, spiega Maccarrone.

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