L’allarme della European Environment Agency: il tasso di sostituzione di risorse vergini con materia riciclata nel 2023 ha raggiunto l’11,8%. Nel 2010 era al 10,7%. Di questo passo, spiega l’EEA, l’obiettivo di raddoppiare il tasso entro il 2030 sarà irraggiungibile. Spicca la performance dell’Italia, seconda in Ue con il 20,8%
L’Unione europea affanna sul cammino della transizione circolare e, di questo passo, è destinata a non raggiungere gli sfidanti target che si è data. A partire dll’obiettivo di raddoppiare il tasso di circolarità delle risorse utilizzate dall’intera economia Ue entro i prossimi cinque anni. A lanciare l’allarme è la European Environment Agency, secondo cui nel 2023 l’utilizzo di materiali da riciclo ha coperto solo l’11,8% delle risorse complessivamente utilizzate dai sistemi economici dell’Unione. Vale a dire appena l’1,1% in più rispetto al 2010, quando il tasso di circolarità si attestava al 10,7%.
A meno di un “drammatico” cambio di ritmo, chiarisce l’EEA, sarà impossibile centrare l’obiettivo previsto dal Circular Economy Action Plan, adottato dalla Commissione Ue nell’ambito del Green Deal, secondo cui entro il 2030 dovremmo raddoppiare la percentuale rispetto ai livelli del 2020 portandola dall’11,7% al 23,4%. Questo significa che nei prossimi cinque anni siamo chiamati a recuperare più di dieci punti percentuali, mentre tra 2020 e 2023, anni segnati dalla pandemia e da conflitti che hanno sconvolto il quadro economico e politico internazionale, siamo riusciti a guadagnare appena lo 0,1%.
Al di là delle congiunture, i numeri, scrive l’EEA, dimostrano che “l’economia dell’Ue è ancora prevalentemente lineare”. Ovvero basata sul tradizionale modello di consumo intensivo delle risorse vergini estratte in natura, incluse quelle importate da paesi terzi. Cosa che pone un problema non solo sotto il profilo ambientale e climatico, chiarisce l’agenzia, ma anche sul piano dell’autonomia strategica. I pochi progressi registrati, spiega l’EEA “sono dovuti principalmente all’aumento degli sforzi sul fronte del dei rifiuti, spinti dalla volontà degli Stati membri di raggiungere gli obiettivi Ue”. Il problema, però, è che “nel frattempo, il consumo interno di materia è rimasto stabile”.
Il solo riciclo, insomma, non basterà a rendere circolare l’economia, se non “abbinato a un ridotto utilizzo di materiale” e a strategie che “mirino a conservare il valore dei prodotti ed estenderne la vita utile”. Secondo proiezioni dell’agenzia, per portare il tasso di circolarità al 22% entro il 2030, quindi “molto vicino all’obiettivo”, potrebbe essere necessario un approccio combinato che punti a raggiungere un tasso di riciclo di tutti i rifiuti almeno del 70%, la diminuzione degli input di materiali nell’economia del 15% e il taglio delle quantità di rifiuti combustibili fossili utilizzati del 34%. “Ciò – scrive l’EEA – richiederebbe sforzi coordinati in diversi ambiti politici, compresi quelli dell’economia circolare e della politica climatica” visto che, da sola, nessuna delle tre strategie basterebbe a centrare il target.
In un quadro decisamente poco incoraggiante, spicca la performance dell’Italia, che spinta dalla consolidata attitudine del proprio sistema industriale a reperire negli scarti le risorse che un territorio povero di materia vergine non può offrire, nel 2023 ha fatto registrare un tasso di utilizzo circolare della materia del 20,8%. quasi il doppio rispetto all’11,6% del 2010 e anche rispetto alla media Ue dell’11,8% nel 2023. Meglio dell’Italia solo i Paesi Bassi, con un tasso del 30,6% “già molto più alto – scrive l’EEA – rispetto all’obiettivo dell’Ue per il 2030, a indicare che i tassi sono raggiungibili”.