È scontro a tutto campo tra Italia e UE sul nuovo regolamento imballaggi. Intervenendo al Senato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ribadisce: “Non possiamo accettare una proposta che mette a rischio i sistemi di riciclo esistenti, gli investimenti effettuati e i posti di lavoro”
“Siamo i migliori d’Europa sul fronte del riciclo. La nostra è una pretesa: che siano gli altri a crescere e adattarsi alla realtà italiana”. Così il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, audito dalla Commissione Ambiente del Senato, torna ad alzare il livello dello scontro tra il governo italiano e la Commissione UE sul nuovo regolamento europeo imballaggi. “Non possiamo accettare una preferenza assoluta verso i prodotti riutilizzabili”, ha detto. Parole che arrivano a una settimana esatta dalla presentazione della proposta di Bruxelles, in occasione della quale il vice presidente della Commissione Frans Timmermans (parlando rigorosamente in Italiano) aveva invitato a non considerare “in competizione” il riuso e il riciclo, garantendo che “nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo o mettere in discussione gli investimenti”. Rassicurazioni che Pichetto respinge al mittente, tornando a ribadire la netta contrarietà dell’Italia al provvedimento. “Queste disposizioni possono avere un effetto controproducente – ha chiarito – ovvero quello di eliminare i sistemi di gestione dei rifiuti di imballaggio esistenti, di vanificare gli investimenti effettuati o di bloccare quelli previsti (anche con il finanziamento dell’Unione europea)”.
La proposta di regolamento sugli imballaggi, che una volta in vigore diventerà immediatamente applicabile e vincolante per tutti gli Stati membri, introduce nuovi, ambiziosi standard di gestione del packaging modulati sui gradini più alti della gerarchia europea sulla gestione dei rifiuti, quelli della riduzione e del riuso. Tra gli altri, obiettivi generali di riduzione dei rifiuti di imballaggio del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040 rispetto ai valori del 2018. In più, vengono fissati target di riuso e riempimento per settori specifici. A partire dal 2030, il 20% delle vendite di bevande da asporto dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili, per arrivare all’80% nel 2040. Spazio anche a interventi per spingere il riciclo di qualità. A partire dal 2030 tutti gli imballaggi dovranno essere progettati per il riciclo ed entro il 2035 dovranno essere riciclabili su scala industriale. Per i soli imballaggi in plastica vengono inoltre introdotti nuovi obiettivi di contenuto minimo di materia riciclata: 35% al 2030 e 65% al 2040.
Una proposta che ha suscitato veementi proteste da parte dell’industria europea del packaging, in testa quella italiana, ma anche profonde spaccature tra Stati membri: da una parte i governi di Paesi come Austria, Germania, Lussemburgo e Olanda, a favore del provvedimento, dall’altra il fronte del ‘no’, con in testa Italia e Spagna alle quali, in vista del Consiglio ambiente del prossimo 20 dicembre, potrebbe aggiungersi anche la Francia, preoccupata dalle ricadute del regolamento sui meccanismi di libera concorrenza tra imprese sul mercato dell’UE. Così com’è il regolamento, ha chiarito oggi Pichetto, rischia “di ostacolare l’innovazione e imporre all’industria italiana un notevole costo di adattamento, provocando la chiusura di aziende e l’innalzamento del livello di disoccupazione”. Più che sul fronte ambientale, insomma, la partita tra Stati membri si giocherà su quello della politica industriale, come confermano anche le parole del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ascoltato ieri in Commissione Attività Produttive alla Camera. “L’approccio dell’UE non ci trova d’accordo – ha detto – perché impone non solo obiettivi ma anche metodo, con rischio di penalizzazione dei Paesi che hanno fatto di più, meglio e in anticipo rispetto agli altri come l’Italia. Puntiamo a equiparare i sistemi di riuso e riciclo – ha detto – a salvaguardia degli investimenti italiani”.