Nella serata di ieri Consiglio e Parlamento dell’Ue hanno trovato l’accordo provvisorio sulla proposta di regolamento imballaggi. Confermato lo stop dal 2030, tra gli altri, anche al packaging monouso in plastica per frutta e verdura e nella ristorazione. Sì al riuso per le bevande, con deroghe per gli Stati in anticipo sui target di riciclo e in linea con i nuovi target di riduzione
Entro il 1 gennaio del 2030 l’Europa dovrà dire addio agli imballaggi monouso in plastica per cibo e bevande consumati in cafè e ristoranti, per frutta e verdura non trasformati venduti nella grande distribuzione ma anche ai contenitori per salse e condimenti e ai kit di cortesia negli alberghi. Stop anche all’utilizzo di shopper ultraleggere (sotto i 15 micron), se non necessarie per motivi igienici o di prevenzione dello spreco alimentare. Sono solo alcune delle misure ‘anti usa e getta’, soprattutto in plastica, previste dall’intesa raggiunta nella serata di ieri tra Consiglio e Parlamento Ue sulla proposta di regolamento imballaggi presentata a fine 2022 dalla Commissione Ue. Un accordo provvisorio che ora dovrà essere ratificato dal COREPER e dall’aula di Strasburgo, prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A partire dalla quale scatterà un periodo transitorio di 18 mesi fino alla piena operatività.
L’intesa conferma gli obiettivi di riduzione dei rifiuti da imballaggio proposti dalla Commissione (5% entro il 2030, 10% entro il 2035, 15% entro il 2040 rispetto ai valori del 2018) e riabilita la lunga lista di formati di packaging monouso in plastica da mettere al bando contenuta nell’allegato V, che nelle proposte emendative del Parlamento era stato fortemente ridimensionato. Per contro l’europarlamento è riuscito a inserire nell’intesa provvisoria lo stop all’utilizzo di PFAS. Rivista solo in parte, rispetto alla proposta di Bruxelles, l’introduzione di target di riutilizzo. I venditori di cibo e bevande da asporto saranno obbligati a garantire ai propri clienti la possibilità di utilizzare contenitori riutilizzabili ma entro il 1 gennaio 2030 almeno il 10% dei prodotti dovrà essere servito in packaging multiuso.
Sempre nel 2030 scatteranno anche i nuovi target vincolanti di riutilizzo per i contenitori di bevande alcoliche e non alcoliche (esclusi vino e vini aromatizzati, latte e altre bevande altamente deperibili), per il packaging per il trasporto e la vendita e per il packaging raggruppato. Obiettivi che, su proposta dell’europarlamento, non dovranno essere applicati agli imballaggi in cartone. Esentate le micro-imprese mentre agli operatori della distribuzione è riconosciuta la possibilità di formare ‘pools’ di un massimo di 5 soggetti per condividere il raggiungimento dei target. Prevista anche una deroga ‘salva riciclo’ di cinque anni, rinnovabile, per gli Stati membri che abbiano raggiunto e superato di almeno 5 punti percentuali i target al 2025 introdotti con le direttive sull’economia circolare (confermati dal regolamento) e che dimostrino di poter superare anche quelli al 2030. Nel caso dell’Italia, al momento l’unico materiale da imballaggio a non rientrare nei parametri è la plastica, che con il 48,9% di riciclo nel 2022 (ultimo dato disponibile) è al di sotto del target del 50% al 2025. Ma riciclare non basterà. Gli Stati membri dovranno infatti dimostrare di essere sulla buona strada per raggiungere i target di riduzione dei rifiuti e che gli operatori economici abbiano adottato strategie funzionali al raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e riciclo.
Venendo alla gestione dei rifiuti da imballaggio, confermata l’introduzione dell’obbligo di riciclabilità per tutto il packaging immesso sul mercato dell’Ue, con nuovi target di contenuto minimo riciclato per gli imballaggi in plastica (incluse le singole componenti) del 35% al 2030 e del 65% al 2040, e del 30% al 2030 e 50% al 2040 per le plastiche a contatto con alimenti. Via libera all’introduzione di sistemi di deposito cauzionale per la raccolta degli imballaggi per liquidi alimentari in plastica e metallo fino a 3 litri, che entro il 2029 dovranno garantire l’intercettazione di almeno il 90% del packaging immesso a mercato. Un obbligo che non si applicherà agli Stati membri che abbiano sistemi di raccolta differenziata capaci di raggiungere almeno l’80% entro il 2026 e che si siano dotati di una strategia per centrare il target del 90%. L’intesa provvisoria dovrà ora essere ratificata dal Consiglio e, soprattutto, dall’europarlamento. La data segnata sul calendario è quella del 13 aprile e non si escludono nuovi ribaltoni, visto che l’accordo di compromesso è più in linea con le indicazioni di Bruxelles – sostanzialmente appoggiate dagli Stati membri, a eccezione dell’Italia – che con la lunga lista di esenzioni e deroghe chiesta dagli europarlamentari nella posizione negoziale approvata a novembre scorso dalla plenaria. In quell’occasione era risultato determinante il forte e trasversale pressing dei deputati italiani, che potrebbero tornare a farsi sentire anche in occasione del voto finale. Ultima chance per licenziare il testo prima dello stop ai lavori della plenaria in vista delle elezioni di giugno.