Presentato l’atteso rapporto sulla competitività in Ue curato da Mario Draghi. L’Unione è di fronte a una “sfida esistenziale” ha detto l’ex presidente del Consiglio. Per vincerla servono investimenti ulteriori per 800 miliardi di euro e riforme ambiziose. Inclusa la creazione di un mercato comune per rifiuti e riciclo
C’è anche la creazione di un mercato unico delle materie prime seconde, a partire dai minerali strategici, tra gli obiettivi di breve termine indicati nelle oltre 400 pagine del rapporto in due volumi sulla competitività curato da Mario Draghi e presentato questa mattina a Bruxelles alla presenza della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Un dossier caratterizzato da “urgenza e concretezza”, come lo ha descritto l’ex premier italiano ed ex numero uno della BCE. Dopo aver salvato l’Unione europea dalla catastrofe del debito, Draghi ora punta a traghettarla fuori da una crisi di competitività che, a meno di una inversione di rotta, condanna l’economia dell’Ue – il cui stato di salute Draghi ha paragonato alla “lenta agonia” di un malato – a restare schiacciata tra USA e Cina. Una “sfida esistenziale”, scrive l’ex premier nell’introduzione al rapporto, chiarendo che per tenere in vita il modello europeo e i valori di cui è espressione e garante, ovvero “prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile”, l’Ue deve “crescere e diventare più produttiva”.
Tre le priorità d’intervento individuate nel rapporto: chiudere il gap di innovazione con le principali potenze mondiali – a partire dagli USA – sui fronti delle transizioni ecologica e digitale, combinare decarbonizzazione e competitività, aumentare la sicurezza, rafforzando la capacità industriale nei settori della difesa e dell’aerospazio e riducendo la dipendenza da paesi terzi. Tre anche i principali ostacoli da rimuovere: scarsa coerenza tra obiettivi comuni e politiche per attuarli, sperpero delle risorse comuni, mancanza di coordinamento tra Ue e Stati membri causato, anche, da un processo legislativo “lento e disaggregato”. “L’obiettivo di questo rapporto – ha chiarito Draghi – è definire una nuova strategia industriale per l’Europa per superare queste barriere”. Una strategia che, ha assicurato von der Leyen, “verrà integrata nel Clean Industrial Deal“, il nuovo pacchetto di misure annunciato dalla numero uno di Bruxelles nel giorno della rielezione alla guida della Commissione. In linea con le indicazioni di Draghi, lo strumento dovrà dare corpo alla seconda fase del Green Deal, spostandone il baricentro dal piano puramente ambientale a quello più economico e industriale.
Per tenere insieme competitività e decarbonizzazione, si legge nel rapporto, “l’Europa dovrà mettere in atto una strategia mista che combini diversi strumenti politici e approcci diversi per i vari comparti industriali”. Le aree prioritarie d’intervento vanno dall’abbassare i costi energetici, sganciando gas e rinnovabili nella formazione dei prezzi, alla necessità di cogliere al meglio le opportunità industriali offerte dalla transizione ecologica, con l’Ue che deve puntare a restare all’avanguardia sul fronte delle clean technology trasformando la propria leadership sul fronte dell’innovazione in una “superiorità produttiva”. Anche “sfruttando le opportunità offerte dalla circolarità“.
Un tema, quello della circolarità delle risorse, che attraversa diversi degli interventi di policy contenuti nel rapporto, a partire dal capitolo sulle materie prime critiche, al secondo posto nell’elenco delle proposte settoriali dopo l’energia. Tra gli interventi suggeriti la creazione di “un vero mercato unico dei rifiuti e del riciclo in Europa”, che passi per lo sviluppo di schemi di incentivazione del riciclo intra-Ue capaci di “premiare il riciclo in sé o l’incorporazione di materia riciclata nei prodotti”, ma anche per lo stop all’ingresso sul mercato dell’Unione di materie critiche o strategiche “al di sotto di una soglia predefinita per diverse categorie di impronta ambientale”. Una proposta, quella di creare un mercato unico delle materie prime seconde, che il rapporto Draghi include anche tra quelle necessarie a garantire la competitività delle industrie ad alta intensità energetica. A questo scopo, si legge, occorrerà valutare, tra l’altro, “l’estensione dei criteri di cessazione della qualifica di rifiuto a livello di Ue rispetto ad altri flussi di rifiuti, lo sviluppo di criteri per i sottoprodotti e l’estensione della ‘lista verde’ anche ad altri flussi di rifiuti non pericolosi”. Sempre in tema di spedizioni di rifiuti, secondo il dossier serve facilitare gli scambi tra Stati membri, ma anche rafforzare i controlli su flussi strategici come il rottame metallico.
Ma quanto costerà il piano di rilancio della competitività? Stando al report, il costo annuo delle misure suggerite va dai 750 agli 800 miliardi di euro di investimenti ulteriori, ovvero tra il 4,4 e il 4,7% del Pil Ue. Quattro volte il Piano Marshall, ha detto Draghi. Una mole di risorse di fronte alla quale “non è plausibile che i soli investimenti privati bastino – ha detto, chiarendo che – il finanziamento comune sarà indispensabile”, soprattutto per progetti innovativi e strategici “come le reti elettriche” o i progetti di difesa. Accanto alla riforma del budget Ue e della disciplina sugli aiuti di Stato, per meglio indirizzare le risorse dell’Unione e dei singoli Stati verso progetti ad alto valore aggiunto, l’ipotesi resta quella dell’istituzione di nuovi strumenti di debito comune. Che hanno un precedente “ben consolidato” nel Next Generation Eu, si legge, ma che richiederanno la convergenza politica e istituzionale tra gli Stati membri. Molti dei quali, a partire dalla Germania, continuano a dirsi contrari all’emissione di nuovi asset finanziari comuni. Il primo test è in programma nei prossimi giorni, quando l’ex numero uno della BCE presenterà il suo rapporto ai leader Consiglio. “Toccherà a loro dare risposte concrete”, ha detto Draghi.
Mi pare si parli di materie prime critiche, non di materie prime seconde.