Stando all’ultimo volume della collana Organic Biorecycling, curato dal Consorzio Italiano Compostatori, il settore del biowaste italiano impiega complessivamente oltre 14 mila addetti, che nel 2022 hanno contribuito a trasformare 8,3 milioni di tonnellate di rifiuti organici in fertilizzante e biogas. Dopo gli incentivi al biometano, avverte però il CIC, serve sviluppare il mercato del compost
La filiera del biowaste in Italia non trasforma i rifiuti organici solo (si fa per dire) in nuova materia ed energia, ma anche in nuova occupazione. Intercettando così tutte e tre le dimensioni dello sviluppo sostenibile – ambiente, economia e società – in linea con il percorso tracciato dagli obiettivi ONU al 2030. A confermarlo sono i numeri del quinto volume della collana Organic Biorecycling, curato dal Consorzio Italiano Compostatori e presentato questa mattina a Roma. Il solo settore relativo ai rifiuti a matrice organica, si legge nel dossier, dà lavoro – tra dipendenti diretti e indiretti – a 4.368 persone, alle quali si aggiungono 10.008 addetti coinvolti nelle attività di raccolta e trasporto del rifiuto organico. Nel complesso, quindi, il settore impiega 14.376 unità, il cui lavoro nel 2022 ha permesso di trattare 8,3 milioni di tonnellate di rifiuti a matrice organica in 357 impianti in tutto il Paese.
“Addetti non solo importanti sul piano numerico ma anche su quello della qualificazione – spiega a Ricicla.tv Lella Miccolis, presidente del CIC – immaginate solo gli studi, le sperimentazioni e le analisi di laboratorio sui nostri prodotti. E poi c’è tutto il tema della ricerca. Il nostro è un settore che nasce innovativo ma che non ci stanchiamo mai di rinnovare, in termini di processi, prodotti e tecnologie”. Proprio in tema di tecnologie, stando alle elaborazioni CIC degli ultimi dati ISPRA disponibili, nel 2022 il riciclo dei rifiuti organici è stato affidato a 357 impianti di trattamento biologico, uno in più rispetto all’anno precedente. “Con grande fatica stiamo colmando quel deficit impiantistico che lamentiamo da 30 anni – dice il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – soprattutto nel centro sud si stanno finalmente realizzando impianti a lungo osteggiati dal territorio”. “Con il PNRR c’è stata un’accelerazione – aggiunge la senatrice Silvia Fregolent – anche nel sud Italia si stanno realizzando impianti. Lo storytelling di un paese che cresce e uno che sta fermo, nel caso dell’organico, non corrisponde più alla verità”. Semmai, chiarisce, “serve una migliore programmazione per evitare di realizzare troppi impianti dove non servono“.
Numeri da vera e propria potenza industriale del riciclo, quelli dell’Italia, che sul fronte dei biowaste resta ai vertici in Europa: stando ai dati di ISPRA, nel 2021 eravamo secondi alla sola Germania e a pari merito con la Francia per quantità di rifiuti organici urbani avviati a compostaggio e digestione anaerobica, con 7 milioni di tonnellate pari a 119 kg per abitante (a fronte di una media Ue di 95 e dei 118 della Germania). “Stimiamo che 52 milioni di abitanti su 59 oggi siano coperti dalla raccolta dell’organico” spiega il direttore generale del CIC Massimo Centemero. Anche se la differenziata è obbligatoria dal 2022 (in anticipo sull’obbligo Ue al 2025 “mancano un po’ di aree a sud, alcuni capoluoghi e anche qualche area a nord. Dobbiamo fare l’ultimo scatto – chiarisce Centemero – ma già oggi abbiamo performance di intercettazione dell’umido molto più alte dei cittadini tedeschi. In Germania la composizione del rifiuto organico è verde con un po’ di umido, in Italia è l’esatto contrario”. E anzi, complice anche la disomogenea applicazione della normativa di riferimento sul territorio nazionale, l’intercettazione di sfalci e potature del verde sta addirittura diminuendo, incidendo profondamente sull’andamento della differenziata. “Non diminuisce la produzione, ma l’intercettazione – chiarisce Centemero – c’è da migliorare la tracciabilità di questo materiale, che viene un po’ persa“. A calare è anche la qualità della raccolta. “In Italia ci sono comuni che raccolgono un umido con il 40% di scarti – ha detto Marco Versari, presidente di Biorepack. E se un impianto riceve il 40% di scarti, genera scarti, non compost. Bisogna invalidare le gare che non contemplino l’applicazione dei CAM sulla qualità della raccolta e introdurre standard di efficienza del trattamento”.
Se qualità e quantità della raccolta diminuiscono, a crescere sono gli impianti. L’attività del comparto italiano del biowaste, dicono i numeri, è sempre più punto di convergenza tra le esigenze della transizione ecologica e quelle della transizione energetica. Stando al volume curato dal CIC è cresciuto il numero di strutture che hanno introdotto la digestione anaerobica (da 63 a 74), mentre gli impianti di solo compostaggio sono diminuiti di 10 unità (da 293 a 283). L’aumento degli impianti integrati, che prevedono la produzione congiunta di fertilizzante e di biometano nello stesso sito produttivo, conferma il trend degli ultimi anni, spinto anche dagli incentivi pubblici messi a disposizione delle imprese. L’appello del CIC, tuttavia, è a dedicare gli stessi sforzi alla valorizzazione del compost, che invece, dice Centemero “è oggettivamente abbandonata, anche dalle istituzioni. I nostri impianti si arrangiano – chiarisce – il 90% della nostra produzione va in agricoltura, ma non ci dispiacerebbe promuovere anche l’utilizzo pubblico. Per spingerlo sono stati adottati anche i CAM, ma con scarsissimi risultati. C’è qualcosa che non va“.
Un ritardo, quello sulla valorizzazione del compost, che vanifica i benefici ambientali del fertilizzante prodotto dal riciclo dei rifiuti organici. Antidoto perfetto all’impoverimento dei suoli e al cambiamento climatico. “Il compost deve essere di qualità, per risultare appetibile per il mercato – spiega a Ricicla.tv Lella Miccolis, presidente del CIC – e soddisfare le esigenze dei suoli italiani, colpiti da desertificazione. Senza dimenticare la funzione di ‘carbon sink’ svolta dal compost, che stocca il carbonio nel terreno evitando che venga rilasciato in atmosfera”. Proprio per sottolineare l’importanza del compost, nel corso dell’evento di presentazione del nuovo volume, il CIC ha voluto celebrare il ventesimo anniversario del Marchio Compost di Qualità CIC, il programma volontario che attesta la qualità dei fertilizzanti organici prodotti negli impianti delle aziende consorziate. Premiate le aziende che da 20 anni si fregiano del marchio di qualità CIC: Biofactory Spa, Azienda Agricola Allevi Srl, Enomondo Srl, Siena Ambiente Spa, Tecnogarden Service Srl, S.E.S.A. Spa. Inoltre, è stata consegnata una targa ad Alia Servizi Ambientali Spa di Montespertoli (FI) per l’ottenimento del Marchio Compost Qualità CIC.