Unire competitività e sostenibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e riduzione dell’impronta ambientale della produzione industriale: l’Italia punta a fare dell’economia circolare il minimo comune denominatore dei negoziati del G7, forte dei propri comparti d’eccellenza. A partire da quello degli imballaggi che, grazie al riciclo, nel 2022 ha garantito un taglio di 10 milioni di tonnellate di CO2. Il punto in occasione di un evento di avvicinamento al vertice di Torino promosso da Globe Italia
Promuovere la diffusione su scala globale di modelli di economia circolare, percorso obbligato verso un futuro carbon neutral. Sarà questo uno degli obiettivi della presidenza italiana del G7 Clima, Ambiente ed Energia, in programma dal 28 al 30 aprile a Torino nella cornice della Reggia di Venaria Reale. “Sarà con ogni probabilità il G7 tematico più importante di questo anno di presidenza italiana – ha spiegato Fabrizio Penna, capo dipartimento PNRR del Ministero dell’Ambiente – un negoziato che si annuncia difficile”. E nel corso del quale i negoziatori italiani proveranno a declinare i principali temi in agenda – decarbonizzazione, efficienza energetica, contrasto all’inquinamento – nella chiave dell’economia circolare. Facendo della transizione verso modelli di sviluppo basati sulla riduzione degli sprechi, sulla gestione efficiente delle risorse e sul recupero di materia dai rifiuti il minimo comune denominatore del confronto tra le principali potenze industriali del pianeta. “Un filo verde verso l’obiettivo di neutralità climatica al 2050”, ha detto Penna.
Quella che si prospetta è “una delle sfide economiche, sociali e geostrategiche più importanti del nostro tempo – ha detto Matteo Favero, presidente di Globe Italia in occasione di un evento di avvicinamento ospitato dal Politecnico di Torino – che richiede l’impegno concreto di tutte le componenti della nostra società”. Chiamate a dare risposta non solo alle grandi emergenze ambientali del nostro tempo, ma anche alle spinte crescenti che arrivano dalla società civile. Secondo una ricerca di IPSOS rispetto al 7% del 2011, oggi il 39% dei cittadini dichiara di conoscere i temi della sostenibilità. “Cresce la preoccupazione verso il cambiamento climatico – ha spiegato il presidente di IPSOS Nando Pagnoncelli – rilevata nel 23% degli italiani, mentre il 71% della popolazione, primo dato tra i paesi del G7, è convinta che il paese debba fare di più”. Anche sul piano della trasparenza. Secondo le rilevazioni, infatti, accanto ai sostenitori delle politiche verdi, passati negli ultimi 5 anni dal 20 al 23%, sono cresciuti anche gli scettici, dal 13% al 22%. “È importante comunicare efficacemente le tappe del processo e, soprattutto, quale sarà l’approdo finale”, ha detto Pagnoncelli.
“Le ragioni dello scetticismo stanno soprattutto nei costi a breve termine della transizione” ha spiegato Stefano Soro, componente della direzione generale per il mercato interno della Commissione europea. Prova ne siano le proteste che negli ultimi mesi hanno accompagnato, con frequenza crescente, l’attuazione delle politiche verdi del Green Deal. Scetticismo che però, ha chiarito Soro, “non tiene conto dei costi a lungo termine determinati dal cambiamento climatico”. E, più in generale, dei devastanti impatti ambientali e sociali del modello di sviluppo tradizionale. “Abbiamo un solo pianeta ma lo stiamo spremendo oltre il sostenibile. Solo in Europa usiamo 8 gigatonnellate di materie prime – ha detto, ricordando che – l’estrazione e il processamento sono responsabili di più della metà delle emissioni climalteranti. Ecco perché dobbiamo incrementare la circolarità della nostra economia“. Aumentando l’efficienza dei processi produttivi e la vita utile dei prodotti, e massimizzando il recupero di risorse dagli scarti. Un tema che oggi non è solo ambientale ma anche strategico. “Abbiamo avviato il Green Deal con obiettivi di sostenibilità ambientale e climatica – ha chiarito Soro – ma con le ultime crisi, dal covid al conflitto in Ucraina, ci siamo trovati con esplosioni di prezzo e rischi in termini di accessibilità dei materiali che ci hanno costretti ad associare alle considerazioni sulla sostenibilità ambientale anche valutazioni di carattere economico e finanziario. A fronte di questo anche i superscettici possono capire quanto sia importante tenere in circolo risorse sempre più scarse e sempre più care”. L’obiettivo insomma non è solo quello di decarbonizzare il sistema economico, ma anche quello di “garantire la sostenibilità politica e geopolitica del nostro modello”.
Sfide di fronte alle quali l’Italia, nella cornice del G7, proverà a chiamare a raccolta i grandi della Terra mettendo al centro il proprio ruolo di leader sul fronte della circolarità, forte di scelte strategiche che il nostro paese, spinto dalla necessità di far fronte alla carenza di risorse naturali sul proprio territorio, ha calato già da tempo nei propri comparti produttivi: dalla siderurgia e metallurgia all’industria cartaria, settori nei quali l’Italia è seconda in Europa per volumi della produzione dopo la Germania ma prima per circolarità delle risorse. “Siamo tra i primi paesi in Europa per tasso di circolarità – Ignazio Capuano, presidente CONAI – un risultato che è anche merito delle nostre filiere del riciclo”. A partire da quella degli imballaggi, che nel 2023 toccherà il 73% di riciclo dell’immesso a consumo, con risparmi in termini di consumi energetici e di emissioni climalteranti. Minori costi, oltre che minore impatto. “Un kg di alluminio prodotto da rottame ci fa risparmiare 12 kg di CO2 equivalente” ha chiarito Capuano. Risparmi che, calcolati su tutti i materiali da imballaggio si sono tradotti nel solo 2022 in un taglio delle emissioni “pari a 10 milioni di tonnellate di CO2 equivalente”, ha aggiunto Simona Fontana, direttore generale di CONAI. Benefici ambientali che il sistema nazionale è capace di tradurre anche in una leva di competitività, garantendo all’industria nazionale un canale di approvvigionamento di materie prime sicuro e a ‘km 0’. “Sono tanti i settori di sbocco dei materiali derivanti dal riciclo degli imballaggi – ha ricordato Fontana – non solo il packaging ma anche il tessile o l’automotive. Gli imballaggi sono stati apripista di un nuovo modello”. Un modello capace di tenere assieme sostenibilità e competitività, pronto a fare da esempio e traino per i paesi del G7.