Il quinto trilogo sulla riforma del meccanismo di scambio delle quote di emissione non scioglie il nodo degli impianti di incenerimento. Ma l’arrivo della presidenza svedese del Consiglio UE al tavolo delle trattative potrebbe spingere gli eurodeputati ad accettare una soluzione di compromesso
Piccoli passi in avanti nei negoziati sulla proposta di riforma del meccanismo ETS presentata dalla Commissione, ma a poche settimane dall’ultimo trilogo sotto la presidenza ceca del Consiglio, fissato al 16 dicembre, resta apparentemente incolmabile la distanza tra Parlamento e Consiglio UE sull’eventuale estensione del sistema di scambio delle quote di emissione anche agli inceneritori di rifiuti. È quanto emerso dall’ultimo round di trattative, condotto lo scorso martedì dai rappresentanti dell’europarlamento, della Commissione e del Consiglio dell’UE e conclusosi con l’accordo provvisorio sull’inclusione del trasporto marittimo nel meccanismo ETS. Un’intesa “importante per l’ambiente e la qualità dell’aria, oltre che per l’innovazione del settore” secondo l’eurodeputato e relatore per il Parlamento UE Peter Liese, che ha ricordato come restino però ancora da sciogliere i nodi “su altri punti negoziali molto difficili, come i certificati gratuiti per l’industria, il fondo per l’innovazione, il fondo per la modernizzazione e l’inclusione degli edifici e del trasporto su strada”.
Nessuna menzione all’incenerimento di rifiuti, dunque, che il Parlamento chiede di includere nell’ETS già a partire dal 2026, mentre per il Consiglio questo non dovrà accadere prima del 2031 e comunque a valle di una valutazione d’impatto da parte della Commissione da approvare entro la fine del 2026. Posizioni molto distanti tra loro, sulle quali i negoziatori sono rimasti fermi anche nel corso del quinto trilogo, mentre si avvicina la scadenza del periodo di presidenza ceco, al termine del quale le redini delle trattative per conto degli Stati membri passeranno nelle mani della Svezia. Una prospettiva che preoccupa gli europarlamentari, che considerano il governo di Stoccolma come meno sensibile al tema della lotta alle emissioni. Risale solo a pochi giorni fa, del resto, la notizia della class action promossa dal collettivo ambientalista Aurora, e sottoscritta anche dall’attivista simbolo della lotta al cambiamento climatico Greta Thunberg, contro l’esecutivo guidato da Ulf Kristersson, accusato di “non soddisfare il requisito costituzionale di promuovere lo sviluppo sostenibile”.
Ma a preoccupare i negoziatori, oltre alla reputazione poco ‘climate friendly’ del governo Kristersson, sono soprattutto i dati sull’incenerimento, che in Svezia assorbe al momento il 52% dei rifiuti urbani generati ogni anno contribuendo al riscaldamento di circa un milione di abitazioni e alla produzione di elettricità per circa 250mila famiglie. Stoccolma insomma ha tutto l’interesse a evitare l’incremento dei costi dell’incenerimento, che un’eventuale estensione dell’ETS potrebbe far lievitare non di poco. Preoccupazione condivisa anche dal governo polacco, che in occasione del penultimo trilogo aveva lanciato l’allarme proprio sul rischio di un aumento dei costi per l’energia elettrica e termica. Ecco perché non si esclude un’accelerazione delle trattative in occasione del trilogo di dicembre. Secondo alcuni osservatori, la necessità di trovare l’accordo prima del passaggio di consegne tra Repubblica Ceca e Svezia potrebbe spingere i negoziatori del Parlamento ad aprire alla proposta del Consiglio di una valutazione d’impatto da adottare prima dell’estensione dell’ETS agli inceneritori, ma in cambio gli eurodeputati chiederebbero rassicurazioni su una data certa entro la quale questa debba diventare effettiva. Impossibile escludere una nuova fumata nera.