Dal ruolo dei sistemi collettivi al tema delle raccolte selettive nella distribuzione: i nodi dello schema nazionale di decreto EPR per il tessile secondo l’avvocato ambientale Andrea Farì. “Serve realizzare fin da subito il pieno allineamento con la proposta europea”, spiega a Ricicla.tv
Sull’introduzione della responsabilità estesa del produttore nel settore tessile l’Italia vuole giocare d’anticipo rispetto al resto dell’Ue. E così, mentre si attende il via libera definitivo alla revisione della direttiva quadro europea sui rifiuti, che introdurrà l’obbligo per gli Stati membri di attivare sistemi EPR armonizzati, il Ministero dell’Ambiente ha aperto la seconda consultazione sulla strada verso l’adozione di un decreto nazionale. I due percorsi potrebbero concludersi quasi in contemporanea entro la fine di quest’anno e per questo “bisogna evitare che, una volta in vigore la direttiva, dovesse essere necessario rimodificare il regolamento italiano”, osserva Andrea Farì, avvocato ambientale e partner dello studio Ambientalex. Il rischio è quello di vanificare il vantaggio temporale col quale il nostro paese si è mosso, generando incertezza tra i soggetti coinvolti. “La necessità di allineamento va realizzata fin da subito“, spiega Farì a Ricicla.tv, chiarendo che da questo punto di vista “c’è ancora da lavorare”.
Uno degli elementi sui quali serve maggiore chiarezza, spiega Farì, è il ruolo dei sistemi collettivi. “Occorre definire bene se questi debbano assolvere a una responsabilità prevalentemente finanziaria o, come sembrerebbe nell’impostazione della direttiva, di organizzazione e gestione dei rifiuti tessili. È un elemento che nel testo messo in consultazione dal MASE andrebbe ulteriormente precisato”. Altro tema che nello schema nazionale “sembrerebbe non essere stato trattato con lo stesso livello di approfondimento riservato dalla direttiva – aggiunge – è quello dei prodotti usati, che nella proposta europea entrano chiaramente nel perimetro dell’EPR mentre nello schema di regolamento restano un po’ sullo sfondo. Ci sono degli obblighi di incentivazione e promozione dei prodotti usati ma non si precisa in che modo questi entrino nel meccanismo di responsabilità estesa”.
Accanto ai possibili disallineamenti tra regime nazionale e regole europee, restano poi da sciogliere una serie di nodi applicativi che, nella proposta italiana, potrebbero ostacolare il funzionamento ottimale dei sistemi EPR. Ad esempio limitando o rendendo più difficile l’attivazione di raccolte selettive presso i punti vendita della distribuzione. “Realtà già esistenti – spiega Farì – che l’introduzione dell’EPR non dovrebbe ridurre o limitare, ma anzi accelerare e rendere il più possibile semplici. Un nodo fondamentale, da affrontare a mio avviso sotto due profili. Da un lato bisogna chiarire che dopo la fase di raccolta selettiva vi può essere un’ulteriore fase di selezione dei prodotti, per determinare quali siano rifiuti e quali no, evitando un’interpretazione per cui tutto quello che viene raccolto nei negozi è già rifiuto“. Tema che, prosegue Farì, va di pari passo con “la necessità di chiarire il rapporto tra i soggetti che effettuano queste raccolte, che siano i distributori o i sistemi collettivi, e gli operatori del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani”.
Il testo dello schema di decreto EPR nazionale resterà in consultazione fino al prossimo 5 maggio. Poi toccherà al MASE valutare le osservazioni dei portatori d’interesse e calarle in un quadro che sia il più coerente possibile con quello che va parallelamente delineandosi in Europa. “Il lavoro svolto per l’elaborazione di questo testo è stato importantissimo, ma quello che sarà fatto nelle prossime settimane all’esito della consultazione sarà decisivo – precisa Farì – occorre sempre tenere presente che la disciplina EPR è un mezzo, che deve aiutare a raccogliere di più e meglio e a meglio gestire la fase di recupero. Nel caso dei prodotti tessili, vista la loro peculiarità, l’EPR potrà anche aiutare prevenire la prevenzione dei rifiuti più che in altre filiere, ad esempio agevolando l’attivazione di raccolte selettive che consentano di avviare direttamente al mercato del ‘second-hand’ quantità crescenti di prodotti. Il regime EPR deve essere un acceleratore della circolarità. La bozza di decreto nazionale è un ottimo punto di partenza, ma presenta diversi profili che si spera possano uscire migliorati dalla fase di consultazione”.