L’Unione europea si candida al ruolo di capofila globale nella transizione verso l’economia circolare. Dopo l’appello al G20 per una riforma del WTO che metta la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico al centro dei futuri accordi commerciali internazionali, fa il suo debutto oggi la Global Alliance on Circular Economy and Resource Efficiency (Gacere), lo strumento istituito dalla Commissione europea e dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), in coordinamento con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), per mettere a sistema gli sforzi dispiegati a livello internazionale nel campo della gestione sostenibile ed efficiente delle risorse e nella messa a punto di modelli di produzione e consumo sostenibili. Un’alleanza che può già contare sull’appoggio di Paesi come Canada, Cile, Giappone, Kenya, Nigeria, Norvegia, Perù, Ruanda e Sud Africa, che hanno prontamente risposto all’appello per la costituzione della Global Alliance lanciato a marzo 2020 dalla Commissione Ue in occasione della presentazione del Piano d’azione per l’Economia Circolare.
Un Piano che solo pochi giorni fa ha incassato il via libera al Parlamento europeo proprio con l’invito da parte degli europarlamentari a rafforzare l’impegno internazionale dell’Ue sui temi come ecodesign, lotta all’obsolescenza programmata, riduzione dell’impronta ambientale dei prodotti, recupero di risorse preziose dai rifiuti. «Gli sforzi dell’Ue – scriveva la Commissione nel Circular Economy Action Plan – possono essere coronati da successo soltanto se trainano anche la transizione globale verso un’economia giusta, a impatto climatico zero, efficiente sotto il profilo delle risorse e circolare. Vi è una crescente necessità di portare avanti il dibattito sulla definizione di uno “spazio operativo sicuro” per far sì che l’uso delle diverse risorse naturali non superi determinate soglie a livello locale, regionale o globale e che l’impatto ambientale rimanga entro limiti che il nostro pianeta può sostenere». Da qui la proposta di un’alleanza mondiale «finalizzata a individuare le lacune in termini di conoscenze e di governance per promuovere un’economia circolare globale e portare avanti iniziative di partenariato, anche con le grandi economie».
«La transizione verso un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse, pulita e circolare – ha dichiarato il Commissario Ue all’ambiente Virginius Sinkevicius – è sempre più riconosciuta come un must per contrastare le crisi ecologiche che il mondo intero deve affrontare. L’economia circolare offre opportunità per stimolare l’innovazione e rendere la transizione più equa creando posti di lavoro verdi e riducendo gli impatti ambientali. Con il lancio odierno dell’Alleanza globale sull’economia circolare e l’efficienza delle risorse, l’UE dimostra il suo impegno a lavorare su tali questioni a livello globale».
Per comprendere quanto le connessioni sempre più profonde in termini economici e commerciali tra Paesi rendano necessario elevare a livello globale il dibattito sull’adozione di strumenti e politiche per il passaggio a sistemi di produzione e consumo basati su un uso efficiente delle risorse basta citare i numeri dell’ultimo report sugli impatti ambientali del commercio internazionale messo a punto dall’International resource panel dell’Unep. Stando allo studio, nel 2017 la quantità di materie prime estratte a livello mondiale per produrre beni da destinare al commercio internazionale è stata di oltre 35 miliardi di tonnellate, ovvero tre volte superiore al volume del commercio diretto, pari a 11 miliardi di tonnellate di merci scambiate direttamente. «Ciò significa – spiega l’Unep – che un terzo dei 92 miliardi di tonnellate totali di risorse materiali estratte nell’economia globale in quell’anno erano destinate alla produzione di beni per il commercio» con un impatto pesantissimo in termini di impoverimento delle risorse naturali e di aumento di rifiuti ed emissioni, di perdita di biodiversità, degrado del suolo e l’inquinamento dell’acqua. Ecco perché, spiegava l’agenzia, serve un quadro comune fatto anche di regole commerciali multilaterali o accordi regionali, per far avanzare l’economia circolare e ridurre al minimo gli impatti ambientali associati all’estrazione di risorse, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.