Una media di 71 reati ambientali ogni giorno per un totale di quasi 25mila e 900 accertati nel solo 2016 in Italia. Questo il dato principe che emerge dal rapporto “Ecomafia 2017” presentato questa mattina a Roma, presso la Camera dei Deputati da Legambiente. Numeri ancora allarmanti, ma sui quali c’è da registrare un incoraggiante trend positivo “che fa ben sperare” come si legge proprio nel rapporto, perché il totale degli illeciti è diminuito del 7% da quando è in vigore la legge ecoreati, con la quale nel 2015 sono stati introdotte una serie di fattispecie di illecito ambientale nel codice penale con un sostanziale effetto dissuasivo da una parte, ed un rafforzamento degli strumenti nelle mani delle forze dell’ordine dall’altra. Lo scorso anno sono infatti aumentati del 20% gli arresti: 225 (contro i 188 del 2015), di denunce 28.818 (a fronte delle 24.623 della precedente edizione del rapporto) e di sequestri 7.277 (nel 2015 erano stati 7.055), a testimoniare una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva.
Proprio sulla legge Ecoreati e sui suoi risultati il rapporto targato Legambiente fa ancora una volta il punto. «Quando all’inizio parlavamo di ecoreati c’era incredulità, ma da allora è cambiata la percezione perché c’è stato un cambio culturale – ha detto Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente alla Camera – anche da parte della politica, della magistratura e delle Forze di polizia è cambiato l’atteggiamento. Di solito c’è la tendenza a dire che le cose vanno sempre peggio, e questo disarma. Invece in questo rapporto si nota un’inversione di tendenza incoraggiante».
La corruzione continua ad essere fenomeno dilagante nel Paese, anche quando si parla di vicende che si allacciano ai reati ambientali: un intreccio riscontrato in ben 76 inchieste giudiziarie. Più nel dettaglio nella gestione dei rifiuti i reati contestati sono stati 5.722 con una crescita di quasi il 12%, e i sequestri 2202. Per quanto riguarda le attività organizzate di traffico illecito dei rifiuti al 31 maggio 2017 le inchieste sono diventate 346, i paesi esteri coinvolti sono saliti a 37 (15 europei, 8 asiatici e 13 africani e uno americano). Sommando i sequestri effettuati nell’ultimo anno e mezzo, e solo nell’ambito di 29 inchieste monitorate, le tonnellate bloccate sono state più di 756mila.
«Chi inquina finalmente paga – ha detto il presidente dell’associazione del cigno verde, Rossella Muroni – i numeri di questo rapporto danno la speranza che si possa migliorare. Ora è importante proseguire su questa strada non fermandosi ai primi risultati ottenuti, ma andando avanti investendo maggiori risorse soprattutto sulla formazione degli operatori proposti ai controlli e dando gambe forti alle Agenzie regionale di protezione ambientale, che stanno ancora aspettando l’approvazione dei decreti attuativi, previsti dalla recente riforma del sistema delle Agenzie, da parte del ministero dell’Ambiente e della presidenza del Consiglio dei ministri».
Complessivamente, diminuisce in percentuale il peso delle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, che si contrae arrivando al 44,2% (nel 2016 superava il 48%), anche se restano le prime quattro regioni per numero di illeciti. Nel dettaglio, la Campania con 3.728 reati tiene la testa della classifica, seguita dalla Sicilia (3.084), dalla Puglia (2.339) – che è la prima per numero di arresti (35) – e dalla Calabria (2.303); si conferma al quinto posto il Lazio (2.241), mentre la Toscana scalza la Sardegna e conquista la poco invidiabile sesta posizione. La Liguria è la prima regione del Nord per numero di illeciti (1.488). Contando i reati contestati dal 1992 al 2016 si arriva alla cifra impressionante di 649.776, cui vanno aggiunti 511.843 denunce/arresti e 162.070 sequestri; in questo stesso arco temporale nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si è totalizzato in media il 45% degli illeciti.
«L’Italia dimostri con fatti concreti di voler investire e puntare davvero sull’economia civile per contrastare quella ecocriminale e per promuovere un’economia sostenibile e innovativa fondata sul pieno rispetto della legalità, sui principi della solidarietà, capace di creare lavoro e contribuire alla custodia dei patrimoni del nostro Paese». Lo ha affermato il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, nel sottolineare l’aspetto propositivo della pubblicazione su quei fronti che l’associazione ritiene ancora aperti sul fronte normativo, ma altrettanto urgenti. Tra le priorità quella di mettere in campo una grande attività di formazione sulla corretta applicazione della legge sugli ecoreati che coinvolga tutti gli operatori del settore e definire delle linee guida nazionali per garantirne una altrettanto uniforme applicazione sul territorio, soprattutto nella parte che ha inaugurato il nuovo sistema di estinzione dei reati ambientali contravvenzionali minori. Tra le altre proposte quella di definire una modalità unica sul territorio nazionale per far confluire le sanzioni che vengono fatte pagare ai responsabili dei reati contravvenzionali minori in base a quanto previsto dalla parte Sesta Bis del Codice ambientale e rimuovere la clausola di invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella legge sugli ecoreati, ma anche in quella che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente.