L’applicazione dei CAM su verde urbano e raccolta differenziata potrebbe consolidare e rilanciare il mercato del compost, ma la disciplina è quasi ignorata dalle stazioni appaltanti. Il MASE: “Richiameremo le amministrazioni pubbliche al rispetto della normativa”
Il compost, l’ammendante prodotto dal riciclo dei rifiuti organici differenziati e degli sfalci, è pronto a giocare da protagonista la partita contro emissioni in atmosfera e impoverimento dei suoli, ma gli operatori chiedono al legislatore nazionale e alle stazioni appaltanti di dare il calcio d’inizio garantendo la corretta applicazione degli strumenti a supporto del mercato. A partire dai CAM, i Criteri Ambientali Minimi che definiscono i requisiti di sostenibilità per i beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione, con l’obiettivo di trasformarla in una leva per ‘sollevare’ la domanda di prodotti a ridotto o nullo impatto ambientale. “Uno strumento splendido”, ha detto Massimo Centemero, direttore generale del Consorzio Italiano Compostatori, nel corso di un digital talk su Ricicla.tv. Splendido, ma utilizzato poco e male, quando invece la leva degli appalti pubblici potrebbe rilanciare la domanda di mercato del compost e la sua applicazione nelle forme più nobili, come la realizzazione di terricci e substrati per il verde pubblico. E anche arginare il progressivo peggioramento della qualità delle raccolte differenziate.
Non che oggi il compost, come talvolta si sente dire, non riesca a trovare alcuna collocazione. Nel 2022 gli impianti di trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani operativi in Italia, tra sistemi aerobici e impianti integrati (ovvero capaci di produrre compost e biogas), hanno trasformato 5 milioni di tonnellate di scarti umidi e 1,6 milioni circa di potature in 1,9 milioni di tonnellate di ammendante compostato. “Oltre l’80% del compost viene applicato in agricoltura a ‘pieno campo’ – ha spiegato il direttore tecnico del Consorzio Italiano Compostatori Alberto Confalonieri – ma sta diventando sempre più residuale l’applicazione di maggiore pregio, quella per la realizzazione di terricci e substrati di coltivazione“. L’applicazione più remunerativa per i compostatori, che oggi invece per lo più cedono il proprio prodotto a prezzi bassissimi – talvolta anche a titolo gratuito – agli agricoltori. “Non abbiamo problemi di collocazione del nostro prodotto – ha chiarito Confalonieri – ma al momento il mercato non sta funzionando dal punto di vista del suo apprezzamento economico“.
A oggi, insomma, il mercato non traduce in valore economico il duplice beneficio ambientale – fertilizzante e decarbonizzante – del compost. E se per gli impianti integrati, ovvero quelli capaci di produrre anche biogas o biometano, c’è la possibilità di sopperire con la cessione incentivata dell’energia, per i circa 300 impianti di solo compostaggio invece l’unica fonte di remunerazione del trattamento restano le tariffe di conferimento dei rifiuti. Che però vanno abbassandosi di pari passo con il moltiplicarsi degli impianti sul territorio nazionale, incluse le 28 nuove strutture integrate finanziate dal PNRR, mentre i costi di processo (soprattutto energetici) restano invariati o addirittura aumentano. Incentivare anche il compost? “In passato – ha ricordato Laura D’Aprile, capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente – tentativi di incentivazione diretta dell’acquisto di compost non hanno avuto grande successo. Va in primo luogo sviluppato un ambito di mercato, partendo dai CAM per gli appalti pubblici”.
La strada più efficace per costruire un mercato efficiente degli ammendanti compostati, insomma, resta quella di utilizzare la domanda pubblica come una leva. In primo luogo, spiegano gli operatori, promuovendo l’utilizzo di compost, o di prodotti che lo contengano, nella manutenzione del verde pubblico o nelle opere infrastrutturali. Una soluzione utile a riportare sostanza organica nelle aiuole cittadine o nei tratti di vegetazione a ridosso degli assi stradali e autostradali, chiudendo il ciclo di trattamento del biowaste in una dimensione di prossimità e ponendo nel cuore stesso delle aree urbane un argine ulteriore al cambiamento climatico, visto che il compost è capace, tra l’altro, di ‘stoccare’ CO2 nel terreno evitandone il rilascio in atmosfera. “Parliamo di circa 50 kg per tonnellata di compost utilizzata – ha spiegato Walter Giacetti, consulente di ANCI, secondo cui – l’utilizzo del compost in opere pubbliche e di manutenzione del verde è assolutamente possibile e auspicabile ed è proprio per questo che nel 2020 sono stati adottati CAM per definire le modalità di gestione del verde pubblico e la fornitura dei prodotti da utilizzare”.
Né i CAM del 2020 sulla gestione del verde pubblico né tanto meno quelli del 2009 sugli ammendanti, entrambi con misure di promozione dell’utilizzo di fertilizzanti naturali, sono però riusciti a stimolare la domanda di compost nelle applicazioni più avanzate. L’incertezza che ancora ne caratterizza l’applicazione, sebbene obbligatoria per legge, impedisce alla leva dei CAM di dispiegare i propri effetti. “La difficoltà che si incontra è legata soprattutto al mancato snellimento delle procedure – ha chiarito Alberto Patruno, direttore di Assoimpredia – se i Comuni e le principali stazioni appaltanti, da ANAS ad Autostrade, applicassero i CAM risolveremmo un bel po’ di problemi. Il tema è che spesso i funzionari pubblici sono i primi a non sapere come applicarli”. Un tema che, va detto, non riguarda solo il verde pubblico ma buona parte della disciplina sugli acquisti verdi della pubblica amministrazione.
La corretta applicazione dei CAM, tra l’altro, potrebbe contribuire a fronteggiare anche un’altra delle minacce che incombono sugli operatori del compostaggio: quella rappresentata dalla qualità calante dei rifiuti in ingresso, sempre più contaminati da materiali estranei – plastiche ma non solo – che a loro volta si traducono in costi crescenti a carico degli operatori. Mettendo anche in questo caso a rischio la tenuta economica delle lavorazioni. “Il CAM sulle raccolte differenziate contiene l’indicazione di arrivare a un 5% massimo di materiale non compostabile nell’organico – ha spiegato Centemero – nei CAM abbiamo strumenti molto belli, ma che funzionano poco se la qualità dell’organico va peggiorando e il compost, che invece migliora costantemente, non trova spazio nell’applicazione che considero d’elezione: il ritorno alle città, alle opere pubbliche, al verde ricreativo, di una sostanza che è prodotta grazie all’impegno degli stessi cittadini. Riutilizzare il compost nel verde urbano è, indirettamente, una grande operazione di comunicazione“.
“Serve un cambio culturale – ha detto Patruno – non solo rispetto ai CAM ma più in generale rispetto all’applicazione del nuovo Codice degli Appalti, soprattutto in relazione a uno strumento come quello dell’offerta economicamente vantaggiosa. Il verde migliora la qualità della vita, ma se continuiamo a bandire appalti non in linea con le normative non faremo che danni”. Una lezione che dall’altra parte dell’oceano il legislatore pubblico sembra invece aver appreso particolarmente bene. “Poche settimane fa – ha raccontato Centemero – siamo stati negli Stati Uniti, rispetto ai quali non abbiamo nulla da imparare se non una cosa: il loro Dipartimento del trasporto ha fissato da tempo delle specifiche, in tutto e per tutto assimilabili ai CAM, per l’utilizzo del compost nelle aiuole, nel verde stradale e nelle aree pubbliche. E viene effettivamente utilizzato”. Gli strumenti, insomma, ci sono. Ma vanno fatti funzionare. “Occorre applicare quello che già esiste – ha chiarito Laura D’Aprile – e mettere a sistema le conoscenze tecniche dei portatori d’interesse. Sui CAM richiameremo le amministrazioni pubbliche al puntuale rispetto delle previsioni di legge. Se c’è necessità di aggiornare le disposizioni vigenti siamo a disposizione per riaprire il tavolo“.