Con una proposta di modifica alla direttiva quadro sui rifiuti la Commissione europea spinge per introdurre negli Stati membri l’obbligo di istituzione dei sistemi di responsabilità estesa per i prodotti tessili. L’Italia aveva provato a giocare d’anticipo, ma lo schema di decreto ministeriale è stato messo in congelatore in vista dell’iniziativa di Bruxelles
Rendere obbligatoria l’istituzione di sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) nel settore tessile, per accelerare il passaggio di uno dei comparti più impattanti dell’industria europea verso modelli improntati alla sostenibilità e alla circolarità. È l’obiettivo della proposta di emendamento alla direttiva europea quadro sui rifiuti presentata oggi dalla Commissione europea, “un passo significativo verso un settore tessile più sostenibile e circolare”, spiega il Commissario all’ambiente Virginius Sinkevicius. Nell’ambito dei nuovi sistemi di responsabilità estesa, armonizzati per tutti i paesi Ue, “i produttori – comunica Bruxelles – copriranno i costi di gestione dei rifiuti tessili, cosa che li incentiverà a ridurli e parallelamente ad aumentare la circolarità dei prodotti tessili, progettandoli meglio fin dall’inizio”. Il contributo che i singoli produttori pagheranno ai sistemi di responsabilità estesa, chiarisce la Commissione, sarà adeguato in base alle prestazioni ambientali dei tessili, in virtù del principio della ‘ecomodulazione’.
Nelle intenzioni dell’Ue i contributi versati dai produttori dovranno servire a finanziare gli investimenti in sistemi di raccolta, selezione, preparazione al riuso e riciclo, anche in relazione all’obbligo di differenziata che la normativa europea fissa al 2025. E che in Italia è invece partito già dal gennaio 2022. Anche sul fronte della responsabilità estesa, del resto, il nostro paese ha provato a giocare d’anticipo, lanciando già a febbraio di quest’anno la consultazione sullo schema di decreto del Ministero dell’Ambiente che avrebbe dovuto introdurre le regole per gli operatori di settore. Ma dalla chiusura della consultazione, scoccata lo scorso 3 marzo, il procedimento pare finito su un binario morto. Tutto fa pensare che in vista dell’annunciata iniziativa dell’Ue il dicastero di via Cristoforo Colombo abbia deciso di mettere l’EPR italiano in congelatore.
Stando alla proposta di direttiva presentata oggi, i sistemi di responsabilità estesa dovranno essere istituiti entro 30 mesi dall’entrata in vigore definitiva delle nuove regole europee. Nel frattempo però già diverse imprese e associazioni italiane si sono costituite in consorzi e sistemi collettivi: da Ecotessili (promosso da Federdistribuzione) a Cobat Tessile (al quale hanno aderito anche CNA, Confartigianato e Confindustria Toscana Nord), fino a Erion Textiles. Ora toccherà vedere quale delle formule adottate, sensibilmente diverse tra loro, risponderà meglio ai parametri fissati dall’Ue una volta che questi saranno entrati formalmente in vigore.
Secondo la Commissione l’Ue genera 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno. Abbigliamento e calzature da soli rappresentano 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a 12 kg di rifiuti pro capite ogni anno. Attualmente solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene raccolto separatamente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene spesso incenerito o smaltito in discarica. “Sono quasi 11 kg a persona – commenta il vice presidente della Commissione Ue Frans Timmermans – il rapporto dispendioso che abbiamo sviluppato con i prodotti tessili consuma quantità eccessive di acqua ed energia, danneggia la natura e genera emissioni di gas serra in tutto il mondo“. Senza dimenticare che sempre più spesso il tessile di scarto finisce nei canali del traffico internazionale, e camuffato da prodotto di seconda mano viaggia verso America latina, nord Africa e far-east per essere smaltito illegalmente in gigantesche discariche a cielo aperto. “La proposta – garantisce la Commissione – affronta anche la questione delle esportazioni illegali di rifiuti tessili verso paesi che non sono attrezzati per gestirli. La nuova legge chiarirà cosa costituisce rifiuto e cosa è considerato tessile riutilizzabile, per fermare la pratica delle esportazioni di rifiuti camuffati come pronti per il riutilizzo”.
Non solo tessile. La proposta di Bruxelles introduce infatti anche nuovi obiettivi vincolanti di riduzione dello spreco alimentare. Entro il 2030 gli Stati membri dovranno ridurre il food waste del 10% nella trasformazione e nella produzione, e del 30% (pro capite) nel consumo domestico e nella ristorazione. Il teso della proposta di modifica della direttiva rifiuti verra ora esaminato da Parlamento e Consiglio, che dovranno adottare la posizione negoziale da portare al tavolo dei triloghi con la Commissione, per arrivare all’approvazione definitiva del testo.