Nuove misure per disciplinare il riutilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, il deposito temporaneo di quelle classificate rifiuto e, ultima ma non ultima, la loro gestione nei siti oggetto di bonifica. Questi i tre assi principali lungo i quali si sviluppa lo schema di decreto approvato lo scorso novembre dal consiglio dei ministri e sul quale in questi giorni si sta discutendo in sede di conferenza Stato-Regioni. Un decreto che Palazzo Chigi punta ad approvare in tempi stretti, per scongiurare il rischio dell’apertura di una nuova procedura d’infrazione europea.
In materia di gestione delle terre e rocce da scavo, infatti, la Commissione di Bruxelles ha ravvisato l’errato recepimento da parte dell’Italia della direttiva rifiuti 98 del 2008, con riferimento al contestatissimo decreto 161 del 2012, considerato dagli addetti ai lavori come un vero e proprio pasticcio. Un pasticcio dalle pesanti ricadute in termini ambientali ed economici. L’obiettivo del nuovo decreto è quello di porre rimedio alle storture, unificando in un solo testo la disciplina nazionale di settore, allo scopo di snellirla e renderla più chiara ed efficiente, senza perdere di vista le esigenze di tutela ambientale e favorendo il reimpiego dei materiali da scavo qualificati come sottoprodotti.
Tra le semplificazioni contenute nel decreto l’esclusione dalla nozione di terre e rocce da scavo dei “residui della lavorazione dei materiali lapidei”, che dunque verranno qualificati come sottoprodotti in presenza delle condizioni di legge e nel pieno rispetto dei livelli di tutela ambientale; l’eliminazione dell’obbligo di comunicazione preventiva all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, attivando allo stesso tempo i necessari controlli da parte delle Autorità competenti; una procedura più rapida per attestare che le terre e le rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni soddisfino i requisiti normativi nazionali e comunitari per essere qualificate sottoprodotti; tempi certi, sempre pari a 60 giorni, per lo svolgimento delle attività di analisi di ARPA e APPA.
Novità anche in materia di bonifiche, campo nel quale l’Italia paga un ritardo pesante rispetto agli standard europei, dovuto in buona misura proprio alla complessità della disciplina normativa sulla gestione delle terre da scavo. Il decreto punta a snellire le procedure per il riutilizzo in situ dei materiali prodotti dagli scavi nei siti oggetto di bonifica, che al momento invece vengono quasi sempre avviati a complesse operazioni di trasporto e smaltimento, finendo spesso per alimentare canali poco trasparenti sia sotto il profilo economico che sotto quello ambientale. A garanzia della qualità dell’ambiente e a tutela della salute pubblica, nel decreto si specifica che i terreni che rispettino le concentrazioni soglia di rischio, superando però le concentrazioni di contaminazione, non potranno essere riutilizzati in aree del sito nelle quali sia invece stato accertato il rispetto delle concentrazioni di contaminazione.