«Con questo articolo, si rompe il principio dell’autosufficienza dello smaltimento dei rifiuti a livello regionale e si crea una rete unica di smaltimento a livello nazionale». Con queste parole il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha salutato ieri il tribolato passaggio in conferenza Stato-Regioni del decreto attuativo che convertirà in legge l’articolo 35 dello Sblocca Italia, dando il via libera a otto nuovi termovalorizzatori per sopperire al fabbisogno residuo nazionale.
Il sì dei governi regionali arriva dopo settimane di botta e risposta a distanza. Lo scorso 20 gennaio il parere favorevole espresso da una maggioranza di 15 Regioni era stato condizionato all’accoglimento di alcuni emendamenti da parte del Governo: uno su tutti, il “declassamento” del parco impiantistico individuato come necessario ad analisi di mero carattere “ricognitivo”. Condizione valutata come irricevibile da parte di Galletti, che nella settimana successiva ha prima ribadito quanto quell’emendamento fosse «non compatibile con la legge» per poi aprire al dialogo con gli stessi enti locali.
Segnali distensivi che evidentemente sono andati a buon fine, poiché invece di degenerare in scontro il tavolo di ieri si è concluso con una larga maggioranza: Marche, Abruzzo, Molise e Umbria, hanno trasformato la loro posizione da negativa in positiva, lasciando solo Lombardia e Campania sul fronte del “no”. «Il Governo ha accolto la costituzione di un tavolo di confronto con le Regioni e il tema dell’interregionalità con un emendamento entrato nel provvedimento» ha detto il presidente della Conferenza e governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, motivando così la svolta avvenuta nel vertice di ieri pomeriggio. Più precisamente, come lasciano intendere anche le parole del Ministro, il parco di nuovi termovalorizzatori da realizzare non è in discussione, ma il confronto con i governi resterà aperto e l’individuazione del fabbisogno potrà essere periodicamente aggiornata. È lo spirito di centralizzazione delle decisioni che però colpisce ancor più del merito sostanziale del dispositivo. Come ha dichiarato lo stesso Galletti, infatti: «È chiaro, e lo voglio dire con molta precisione, che questo piano parte dal presupposto che tutte le regioni arrivino al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Europa, quindi che tutte le regioni arrivino al 65% di raccolta differenziata e che tutte colgano gli obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti del 10%; fatto questo conteggio – ha continuato – si individua ancora la necessità, del Paese in questo caso, di incenerimento, che equivale a 8 termovalorizzatori».
A permettere di superare l’impasse, però, la possibilità – ha concluso il Ministro – di prevedere «un aggiornamento annuale che tenga conto, oltre ad altre cose, anche dei piani di smaltimento regionali». Piani di smaltimento che, con l’introduzione di un comma all’articolo 6 della bozza di decreto, permetteranno alle varie Regioni “entro il 31 dicembre di ogni anno” di presentare al Ministero dell’Ambiente “una richiesta per aggiornare il fabbisogno residuo regionale di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati” in presenza di “variazioni documentate” riconducibili (tra l’altro) “ad accordi interregionali volti ad ottimizzare le infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani assimilati”.
In altre parole le Regioni potrebbero accordarsi per “spalmare” o “concentrare” il proprio fabbisogno di incenerimento su impianti già esistenti o comunque per evitare la realizzazione di uno o più termovalorizzatori: un’apertura non da poco, quella del Governo, che però rischia di aprire ad uno stravolgimento del lavoro di mappatura svolto dal Ministero stesso. Difficile ipotizzare che quegli otto impianti vengano ultimati (o anche solo appaltati) entro la fine del 2016, ed entro allora le regioni potrebbero avere già portato a casa degli accordi. In questi termini si torna alle parole di Galletti: «si rompe il principio dell’autosufficienza», che sembra aprire una crepa non da poco nel concetto di autonomia regionale.
Va letto in questo senso il “dietro-front” di Marche, Abruzzo, Molise e Umbria. Proprio quest’ultima, tramite la presidente Catiusca Marini, ha spiegato il proprio parere positivo sottolineando il valore di intese come quella già in piedi tra la stessa Umbria e la Regione Toscana, in grado di scongiurare nuovi termovalorizzatori e premiare le pratiche virtuose in crescita sul territorio.
Caso a parte quello della Sicilia, che si era sempre espressa in senso contrario rispetto alla realizzazione di due maxi-termovalorizzatori, ma che evidentemente nella disponibilità di Galletti ad accogliere in sede di confronto una revisione conforme ai piani regionali, potrebbe aver colto lo spiraglio di vedere accolta in un secondo momento la propria idea di realizzare 6 impianti più piccoli sull’isola pur di raggiungere la medesima capacità di tonnellaggio.
Sul fronte del “no” restano quindi isolate Lombardia e Campania: quest’ultima vedrebbe andare a monte mesi di annunci rivoluzionari sul fronte dei rifiuti ribaditi a più riprese dal governatore Vincenzo De Luca e dal suo vice con delega all’Ambiente, Fulvio Bonavitacola. Annunci in parte passati attraverso la concessione dei finanziamenti per lo smaltimento delle Ecoballe stanziati in legge di Stabilità con annesso esplicito attestato di fiducia (e responsabilità) del premier Renzi. Ma oltre all’emergenza c’è da gestire l’ordinario, e De Luca aveva garantito di non vedere nuovi termovalorizzatori nel futuro della Campania in quanto antieconomici prima ancora che antiecologici. Il “no” campano potrebbe spiegarsi con la consapevolezza di non disporre (a differenza delle regioni centrali) di impianti prossimi cui appoggiarsi e quindi di essere troppo isolata per riuscire a portare a casa entro fine anno gli accordi necessari a smaltire il proprio fabbisogno residuo e soprattutto ad emendare la pianificazione ministeriale.
Per la Lombardia, invece, l’articolo 35 dello Sblocca Italia si conferma terreno di guerra del proprio scontro (anche politico) con il governo centrale. «Tutto l’impianto normativo resta identico – ha denunciato l’assessore regionale all’Ambiente, Claudia Maria Terzi – e questo penalizza regioni virtuose come la nostra, che sarà costretta a mantenere i suoi impianti, anche quelli in fase di dismissione, e a farsi carico dei fabbisogni degli altri territori, in questi anni incapaci di gestire l’emergenza rifiuti». «Questa legge – ha concluso l’assessore – stravolge e annulla la pianificazione regionale: non siamo disposti a mettere sulle spalle dei nostri cittadini le incapacità politiche e gestionali degli altri. Andremo avanti con il ricorso alla Consulta già presentato».