A otto mesi dal via libera in conferenza Stato-Regioni approda finalmente in Gazzetta Ufficiale il decreto del presidente del Consiglio, attuativo del famigerato articolo 35 dello Sblocca Italia. Dopo il capitolo – assai meno chiacchierato – dedicato ai biodigestori, si “sblocca” finalmente quello dedicato agli inceneritori o per meglio dire, come si legge dal testo di legge, per «l’individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di RIFIUTI urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di RIFIUTI urbani e assimilati».
Questa la localizzazione degli impianti: Umbria (capacità di 130mila tonnellate/anno); Marche (190mila tonnellate/anno); Lazio (210mila tonnellate/anno); Campania (300mila tonnellate/anno.). E ancora: Abruzzo (120mila tonnellate/anno); Sardegna (101mila tonnellate/anno da impianti nuovi e 20mila da potenziamento); due in Sicilia (690mila tonnellate/anno). Per la Puglia, invece, il dpcm dispone di potenziare la capacità già presente (70mila tonnellate/anno). In totale, come detto, la capacità da realizzare ammonta a 1,83 milioni di tonnellate/anno.
Nel decreto, tra le altre cose, si legge conferma di quanto emerso in sede di dibattito in conferenza Stato-Regioni, vale a dire la possibilità per le amministrazioni regionali di presentare al Ministero una richiesta di aggiornamento del fabbisogno residuo regionale di incenerimento di rsu e assimilati al 30 giugno di ogni anno e solo dopo l’approvazione di un nuovo Piano Rifiuti da parte della stessa Regione. Un elemento che apre a scenari quanto mai interessanti alla luce dei recenti sviluppi, ad esempio, in Sicilia (dove già si parla di una programmazione disallineata rispetto a quella dello Sblocca Italia) o alle scelte rivendicate a più riprese dalle amministrazioni regionali di Abruzzo e Campania, che negano di voler costruire nuovi impianti. Senza contare le storiche contestazioni di Regioni come la Lombardia ad un altro aspetto del decreto, quello della redistribuzione macroregionale delle quote residue di rsu da avviare ad incenerimento.
Di qui al prossimo 30 giugno bisognerà vedere quanti e quali mezzi metterà in campo lo Stato centrale per vincolare al disposto dell’Esecutivo le amministrazioni scarsamente inclini a collaborare e se questa apertura lasciata al dialogo si rivelerà un terreno di ragionevole confronto o una falla in grado di depotenziare irreversibilmente lo spirito della legge, volto a riequilibrare la capacità di trattamento sul territorio nazionale su quello che resta un fronte particolarmente spinoso per il rapporto tra politica e cittadini.