Nelle segnalazioni a governo e parlamento l’antitrust chiede di limitare le interpretazioni restrittive della disciplina Tari da parte dei comuni. Secondo l’AGCM le utenze non domestiche devono poter affidare i propri rifiuti urbani a operatori privati anche per singole frazioni e ottenere riduzioni della Tari proporzionali alle quantità avviate “a riciclo o recupero”. UNIRIMA: “Il governo recepisca le indicazioni”
Le utenze non domestiche che scelgano di avviare a riciclo o recupero i propri rifiuti urbani affidandoli a operatori privati al di fuori del servizio pubblico non devono essere obbligate a conferire tutte le frazioni prodotte, ma devono poterlo farlo “in tutto o in parte”. Lo scrive l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nelle proposte inviate a governo e Parlamento per la redazione della nuova legge annuale sulla concorrenza. Dopo le misure fatte confluire nella legge del 2021, che ha portato da 5 a 2 anni la durata minima del contratto da sottoscrivere con gli operatori privati, l’AGCM torna dunque a chiedere la modifica dell’articolo 238 del Testo Unico Ambientale, per meglio chiarire i risvolti tariffari della nuova definizione di rifiuti urbani introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020.
L’obiettivo stavolta è quello di limitare interpretazioni restrittive da parte dei comuni. Il nuovo regime fa infatti rientrare nel perimetro degli urbani anche un lungo elenco di rifiuti prodotti dalle attività economiche, simili agli urbani, prevedendo per le stesse la possibilità di affidarne la gestione al di fuori del servizio pubblico e di ottenere riduzioni della parte variabile della tariffa rapportate alle quantità avviate a recupero (incluso il recupero di materia), ma non pochi comuni, complice la genericità della norma, continuano a circoscriverne arbitrariamente la portata. In un parere del 2022, ad esempio, l’antitrust aveva contestato la decisione dell’amministrazione di Castelvetrano, in provincia di Trapani, di riconoscere alle utenze non domestiche la possibilità di conferire al di fuori del servizio pubblico “con riferimento all’insieme dei rifiuti simili prodotti e non anche con riguardo a loro singole frazioni”. Una posizione ritenuta “non condivisibile” dall’AGCM.
“Tutte le volte in cui nel territorio in cui operano le utenze non domestiche non fossero attivi soggetti industriali ai quali conferire tutte le frazioni di rifiuto simile all’urbano prodotto – chiarisce infatti l’autorità – esse sarebbero, di fatto, costrette ad aderire al servizio pubblico, pur in presenza di operatori privati potenzialmente più efficienti per il trattamento di singole tipologie di rifiuto, assicurando, per contro, al gestore del servizio di igiene urbana un’ingiustificata estensione della propria privativa”. Del resto anche il Testo unico ARERA per la regolazione della qualità del servizio rifiuti, osserva l’antitrust, riconosce alle utenze non domestiche la possibilità di conferire “in tutto o in parte” i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico. Un motivo in più, secondo l’AGCM, per esplicitare il principio anche nella norma di riferimento, chiarendo anche che le riduzioni della Tari sono proporzionali alle quantità che le utenze non domestiche dimostrino di aver avviato “al riciclo o recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività”.
Nelle sue segnalazioni al capitolo rifiuti l’AGCM chiede inoltre a governo e Parlamento di modificare il TUA chiarendo che la facoltà per i produttori di costituire sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti da imballaggio deve poter “riguardare imballaggi relativi a una o più filiere” visto che “non vi è nessuna previsione che faccia riferimento alla necessità che ogni sistema si occupi esclusivamente di un materiale di imballaggio”. In più, sul fronte degli affidamenti l’AGCM si associa all’autorità anticorruzione chiedendo la reintroduzione dell’obbligo di esternalizzazione per i lavori affidati in concessione senza gara a imprese di proprietà o controllate dal settore pubblico, introdotto dal codice degli appalti del 2016 ma abrogato nel 2021 da una sentenza della Corte Costituzionale. “Apprezziamo l’intervento dell’Autorità – commenta il direttore generale di Unirima Francesco Sicilia – da tempo Unirima, dando voce al comparto industriale della carta da macero su tutto il territorio nazionale, chiede a gran voce interventi più decisivi a supporto della concorrenza nel settore della gestione dei rifiuti. Speriamo che il governo, facendo seguito alle promesse di promuovere una maggiore competitività del comparto dell’economia circolare italiana, recepisca le indicazione dell’AGCM”.
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