Contenuto a cura di Airmet – Associazione Nazionale Recuperatori Metalli
Tornano in piazza i recuperatori di metalli e gli autodemolitori della Capitale. Giovedì 28 aprile i gestori di oltre 100 aziende e i loro operai, occuperanno piazza Santi Apostoli per chiedere l’intervento della Prefettura su una problematica che rischia di risolversi in maniera drammatica: il 30 aprile tutti gli impianti potrebbero chiudere e mandare a casa migliaia di operai, fermando un’attività che rappresenta anche un sevizio di pubblico interesse. Ancora una volta è l’Airmet, l’Associazione Italiana dei Recuperatori di Metalli, a chiedere l’intervento dell’Istituzione sovrapposta a Regione, Provincia e Comune, perché metta d’accordo i protagonisti di una tragicomica vicenda che dura da oltre vent’anni e si completi quel percorso di regolarizzazione che da sempre i rottamai invocano.
«Scenderemo in piazza – spiega il presidente Airmet, l’ingegnere Nicola Giovani Grillo – per gridare che per l’ennesima volta siamo stati presi in giro dal Comune che a margine della manifestazione del 8 marzo in Piazza del Campidoglio, aveva pubblicamente assicurato un tavolo di concertazione con Provincia e Regione, per risolvere l’annosa questione. È passato più di un mese e nessuno ha convocato nessuno. Il 30 aprile è oramai alle porte e se qualcuno non interviene, assisteremo alla progressiva scomparsa di una categoria che fa questo lavoro da generazioni, per il becero qualunquismo col quale le Istituzioni l’hanno bistrattata».
La storia degli impianti di Roma Capitale ha assunto i colori e i toni di una tragicommedia. Da vent’anni il Comune ne dichiara la presenza su siti non adatti a ospitarli per il sopraggiungere di vincoli normativi e ambientali, ma da vent’anni lo stesso Comune lascia che continuino a lavorare in regime di proroga, senza autorizzarne né la rilocalizzazione in altri siti, né lavori di adeguamento ai cambiamenti normativi sopravvenuti. «In questi vent’anni – prosegue il presidente Armet – abbiamo assistito alla più inquietante delle farse con la concessione di proroghe della durata persino di 40 giorni (39 atti di autorizzazione/proroga dal 1998 ad oggi). Abbiamo assistito speranzosi e fiduciosi al susseguirsi di giunte politiche, tecnici, dirigenti. Nessuno ha mai proteso verso la soluzione che da tempo andiamo chiedendo: lasciare gli impianti dove sono autorizzandone lavori di adeguamento e trovare nuove sedi solo per quelli la cui presenza è realmente incompatibile con l’ambiente circostante».
Una richiesta mai accolta e il 30 aprile probabilmente si scriverà l’ultima pagina di una storia il cui corso nessuno ha voluto cambiare, per incompetenza, per indifferenza o, peggio, per interessi celati. Un paio di migliaia di persone senza lavoro, più di 100 impianti chiusi, un fatturato che tra attività e indotto supera il mezzo miliardo di euro l’anno, stop a 130.000 autovetture all’anno rottamate e a un milione di tonnellate di metallo recuperato a nuova vita. È questo lo scenario da apocalisse che si profila dal primo maggio se nessuno interviene. «Non ce ne staremo a guardare il tramonto di attività storiche e di rilevanza sociale – chiosa Grillo – se anche questa volta nessuno ci ascolterà, da nullafacenti, continueremo a protestare in ogni piazza fino a quando non troveremo un interlocutore disposto ad ascoltare e ad andare seriamente incontro alle ragioni della nostra categoria».