ETS, gli operatori dei rifiuti dicono ‘no’ all’inclusione degli inceneritori

di Redazione Ricicla.tv 21/03/2025

La Commissione europea ha avviato la valutazione d’impatto sulla possibile inclusione degli inceneritori nel sistema ETS. “Non è la soluzione adeguata” scrivono Assoambiente e altre associazioni europee del waste management in un documento inviato alla Commissione


L’estensione del meccanismo di scambio delle quote di emissione anche all’incenerimento di rifiuti “non è la soluzione adeguata”. Né per ridurre la CO2 generata dal recupero energetico dei residui non riciclabili, né per ridurre l’impronta climatica del waste management. Lo scrivono quattro delle principali associazioni nazionali dei servizi ambientali, inclusa l’italiana Assoambiente, in una nota inviata alla Commissione europea.

Nel 2023, infatti, la riforma del meccanismo ETS – che sarà operativa dal 2027 – ha affidato alla Commissione il compito di verificare l’opportunità di includere gli inceneritori nel sistema, ma solo dal 2028 e solo a valle di una valutazione d’impatto da realizzare entro luglio 2026. Per questo già dal 1 gennaio 2024 gli impianti europei stanno inviando agli uffici Ue i dati sulle proprie emissioni di CO2, che serviranno a misurare pro e contro di una eventuale inclusione nell’ETS. Pur dicendosi pronte “a partecipare attivamente agli studi, alle misurazioni e alle valutazioni d’impatto in corso” le associazioni invitano la Commissione a valutare fin da subito “approcci alternativi”.

Secondo le sigle associative infatti, l’inclusione nel sistema ETS, e quindi l’obbligo per i gestori degli impianti di acquistare quote emissive per compensare la CO2 generata dai trattamenti, “aumenterebbe significativamente i costi per i cittadini e le autorità locali senza offrire opportunità concrete di riduzione delle emissioni”. Del resto, spiegano nella nota, nei paesi che hanno volontariamente esteso il sistema anche agli inceneritori, la misura “non ha portato né a riduzioni delle emissioni di CO2” né tanto meno a “significativi miglioramenti nei tassi di riciclo”. L’obbligo di acquisto di quote di CO2, avvertono anzi le associazioni, rischia di diventare un boomerang, spingendo i gestori degli impianti a limitare l’accettazione di rifiuti dall’elevato potere calorifico, come le plastiche, che finirebbero in discarica.

L’impatto dell’ETS sui costi di gestione (e di ammortamento) degli impianti, inoltre, minerebbe la stabilità di un servizio pubblico essenziale, che ha bisogno di “prevedibilità dei costi”. Condizione che la “la volatilità intrinseca del sistema ETS non sarebbe capace di offrire”. Sempre sul piano economico, avvertono inoltre le associazioni, le risorse derivanti dalla gestione degli impianti “dovrebbero rimanere a livello locale o nazionale per supportare sistemi integrati di gestione dei rifiuti, che hanno dimostrato di essere i più efficaci nel ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei rifiuti”. Meglio, propongono le associazioni, definire requisiti minimi per i sistemi di gestione dei rifiuti “nell’ambito della prossima revisione dell’Effort Sharing Regulation – scrivono – nel rispetto della gerarchia europea dei rifiuti ed evitando svantaggi competitivi per le opzioni di gestione di livello superiore”.

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