Più di cinquanta contributi per un unico verdetto: il nuovo pacchetto Ue sulla “circular economy” può e deve essere migliorato, non senza aver prima messo mano, però, alla normativa italiana ed alle sue criticità. Sono 55 infatti le risposte complessivamente pervenute alla Commissione ambiente del Senato nell’ambito della consultazione pubblica sul pacchetto “economia circolare”, presentato dalla Commissione europea il 2 dicembre 2015 in sostituzione del pacchetto lanciato nel luglio del 2014 dall’ex Commissario Ue Josè Barroso e ritirato (non senza polemiche) a febbraio del 2015 dall’attuale numero uno dell’esecutivo di Bruxelles Jean Claude Juncker.
Università, centri studi, consorzi, federazioni di categoria, associazioni di consumatori e imprese private hanno risposto ad una serie di quesiti su ciascuno dei cinque atti che compongono il pacchetto, ovvero il Piano d’azione e le quattro proposte di direttiva su rifiuti, imballaggi, discariche e la direttiva unica su rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli fuori uso e pile ed accumulatori. I contributi raccolti confluiranno poi in una risoluzione che – una volta approvata dalla Commissione ambiente del Senato – sarà trasmessa alla Commissione europea e costituirà atto di indirizzo al governo per i negoziati in sede di Consiglio dell’Unione europea.
Pur essendo rivolta al pacchetto Ue, del quale sono state evidenziate le non poche criticità, la consultazione è servita soprattutto a mettere in risalto i ritardi dell’Italia in materia di gestione dei rifiuti, soprattutto sotto il profilo normativo. Ma andiamo con ordine. Stando alle risposte pervenute a Palazzo Madama, si legge nel dossier, sul pacchetto Ue “sono emersi i seguenti profili di criticità: attenzione non adeguata al tema della raccolta differenziata, che non viene resa obbligatoria, esigenza di maggiore chiarezza nelle definizioni, con particolare riferimento a quelle di ‘rifiuti urbani’, ‘sottoprodotti’ ed ‘end of waste’, necessità di maggiore chiarezza, in relazione ai profili attuativi, sul ruolo dei soggetti coinvolti nell’economia circolare, soprattutto in relazione alla responsabilità estesa del produttore e ai costi di gestione”. Generalmente favorevole, invece, il parere sui nuovi target di riciclo proposti dalla Commissione Ue e sui quali, nei mesi scorsi, si erano concentrate le polemiche di quanti avevano bollato come poco ambizioso il pacchetto presentato da Juncker. In aggiunta, è stata proposta “la raccolta differenziata obbligatoria della frazione organica in modo da arrivare ad un obiettivo minimo di riciclo del 75% al 2025 e dell’85% al 2030“.
“Nella maggior parte dei contributi – chiarisce il dossier – è stato ritenuto che le misure previste dal piano d’azione siano idonee al raggiungimento degli obiettivi, ma che debbano essere potenziate o integrate anche in base alle osservazioni formulate”. Osservazioni che riguardano soprattutto “biomasse, materie plastiche, riciclaggio del rifiuto organico, simbiosi industriale, prevenzione dei rifiuti, riutilizzo delle acque reflue, spreco alimentare”. Nelle risposte si chiede quindi l’adozione di “interventi più incisivi sia a livello nazionale che a livello europeo, a sostegno della domanda di materie prime secondarie, mediante appositi strumenti economici (tra cui GPP, Iva agevolata per prodotti da materiali riciclati, aumento dell’ecotassa) e una maggiore valorizzazione dell’approccio del life-cycle thinking” e “dell’end of waste, incentivando la progettazione di prodotti atti a facilitare il recupero e il trattamento dei materiali, e alla corretta rendicontazione del flusso dei rifiuti”.
Ma è sulla normativa italiana che si concentra la maggior parte delle critiche sollevate dai partecipanti alla consultazione pubblica. Normativa che, si legge nel dossier, “negli anni, è diventata eccessiva, farraginosa e incompleta“, e della quale il fallimento del Sistri, Sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, rappresenta il triste emblema: “una complicazione burocratica che pregiudica la chiarezza e la semplificazione degli adempimenti“. Stando ai contributi pervenuti al Senato, inoltre, la scarsa chiarezza del quadro normativo disorienterebbe gli operatori di settore. “Ad esempio – si legge nel dossier – deve essere ancora chiarita la differenza tra ‘rifiuto assimilabile’ e ‘rifiuto assimilato’, la cui incerta applicazione espone gli operatori del settore al rischio di sanzioni anche per la mancanza di circolari ministeriali che chiariscano il significato delle definizioni europee e orientino il comportamento degli operatori”.
Sonora poi la stroncatura del quadro normativo italiano in materia di gestione dei Raee. “La maggior parte dei contributi – si legge nel rapporto stilato al Senato – ha rilevato criticità quali: mancata emanazione di decreti attuativi e circolari esplicative annunciati; normativa nazionale obsoleta; incoerenza tra la normativa europea e quella nazionale (con particolare riferimento al Testo unico sull’ambiente) che produce ostacoli burocratici eccessivi“. I partecipanti alla consultazione hanno inoltre sottolineato come, nel settore del recupero delle apparecchiature elettroniche a fine vita, “in Italia l’innovazione tecnologica non sia favorita a causa di iter autorizzativi complessi“. Tra le ulteriori criticità segnalate, poi, la “limitazione della raccolta differenziata a cinque categorie di rifiuti, con risultati non omogenei a livello territoriale” e la “mancanza di sistemi adeguati di gestione dei rifiuti“, tanto che gli obiettivi fissati dall’Ue “hanno un grado diverso di probabilità di essere raggiunti tra Nord, Centro e Sud Italia“.