Secondo la Commissione europea l’Italia non ha trasposto correttamente nel proprio ordinamento la nuova direttiva sulle discariche. Bruxelles contesta, tra l’altro, il metodo di calcolo utilizzato per verificare il raggiungimento degli obiettivi, ma la normativa nazionale dice altro
Nuova tegola europea per l’Italia in materia di rifiuti. Secondo la Commissione Ue, infatti, l’Italia (insieme alla Francia) non avrebbe correttamente trasposto nel proprio ordinamento la nuova direttiva quadro sulle discariche, modificata nel 2018 nell’ambito del cosiddetto pacchetto ‘economia circolare’. Per questo Bruxelles ha inviato a Roma una lettera di costituzione in mora, aprendo di fatto una nuova procedura d’infrazione. Il governo ha ora due mesi di tempo per rispondere. In caso di inerzia, o nel caso in cui la risposta venga valutata come non sufficiente, gli uffici della Commissione emetteranno un parere motivato. Si tratta di una nuova procedura sul pacchetto ‘economia circolare’, dopo la lettera di messa in mora inviata la scorsa estate per l’errato recepimento della direttiva quadro rifiuti.
Stando a quanto riportato nella comunicazione diramata oggi sul pacchetto mensile di infrazioni, l’Italia, insieme ad altri Stati membri, non avrebbe definito correttamente che i rifiuti sottoposti a incenerimento devono essere dichiarati come collocati in discarica. In più, non sarebbero stati disciplinati correttamente né il tipo di rifiuti che possono essere inviati a una discarica di rifiuti pericolosi né le specifiche per lo stoccaggio temporaneo di mercurio metallico. Inoltre, secondo Bruxelles l’Italia non avrebbe recepito correttamente alcune delle prescrizioni relative al monitoraggio del gas e al campionamento delle acque sotterranee nelle discariche.
L’aggiornamento della direttiva quadro sulle discariche, entrato in vigore a livello europeo nel 2018 e recepito dall’Italia nel 2020, puntava ad allineare al nuovo paradigma dell’economia circolare la normativa che dal 1999 regola lo smaltimento. Tra le novità il divieto, a partire dal 2030, di collocare in discarica rifiuti idonei al riciclo o al recupero, ma soprattutto l’introduzione di un obiettivo massimo di smaltimento dei rifiuti urbani del 10% entro il 2035. Secondo la Commissione, la normativa italiana non sarebbe in linea con la disposizione europea di includere nel conto anche i rifiuti smaltiti tramite incenerimento. Il rilievo, tuttavia, sembra contrastare con quanto previsto dal decreto legislativo 121 del 2020, che ha recepito la nuova direttiva discariche prevedendo proprio l’inclusione nel calcolo anche “dei rifiuti urbani sottoposti alle operazioni di smaltimento mediante incenerimento”. Secondo Ispra, che nei dati comunicati annualmente alla Commissione tiene infatti conto anche dello smaltimento tramite incenerimento, nel 2023 il tasso dell’Italia ammontava al 17,3% dei rifiuti urbani gestiti.
Insomma, nella risposta da inviare a Bruxelles entro due mesi l’Italia potrà contestare almeno in parte i rilievi della Commissione. Così come apparivano parzialmente contestabili anche i rilievi contenuti nella lettera di messa in mora del luglio scorso per l’errato recepimento della direttiva quadro rifiuti. Anche in quel caso erano stati messi in discussione i metodi utilizzati per verificare l’allineamento agli obiettivi europei, in particolare quelli sul riciclo dei rifiuti urbani. Secondo la Commissione, infatti, con il nuovo metodo unificato di calcolo l’Italia non avrebbe raggiunto il target del 50% al 2020, ma è la stessa normativa europea a specificare che per la misurazione dell’obiettivo al 2020 era possibile utilizzare uno dei metodi alternativi preesistenti mentre il metodo unificato sarà applicabile ai target al 2025, 2030 e 2035. E infatti per il 2020 Ispra ha misurato un tasso di riciclo del 54,4%, superiore al target europeo.