Il decreto energia approvato dalla Camera conferisce al governatore della Sicilia l’incarico di commissario ai rifiuti, ma potenzia anche l’ufficio del commissario alla depurazione con poteri di deroga e provvedimenti autorizzativi accelerati
Potere di deroga al commissario di governo per le acque reflue. Un mandato speciale per il presidente della Regione Sicilia, sul modello di Roma, per la realizzazione degli impianti di chiusura del ciclo rifiuti. Termovalorizzatori inclusi. Si scrive decreto energia, si legge ‘sblocca commissari’ quello che ha incassato la fiducia della Camera con 168 voti favorevoli e 110 contrari e che domani, con ogni probabilità, otterrà il via libera dell’aula, passando al Senato per la conversione definitiva entro il 7 febbraio. Di fatto una mera formalità per Palazzo Madama, che si limiterà a ratificare il testo licenziato da Montecitorio, arricchito nel lungo e contrastato passaggio in commissioni riunite attività produttive e ambiente di una serie di misure, proposte dalla maggioranza di governo, per agevolare l’esercizio dei poteri speciali in materia ambientale e, nello specifico, per accelerare gli interventi sui due fronti critici delle acque reflue e dei rifiuti urbani in Sicilia.
In tema di depurazione, con l’Italia che sconta ben quattro procedure d’infrazione europee e annesse sanzioni quotidiane a tre zeri, il testo licenziato da Montecitorio modifica radicalmente la legge che nel 2016 ha istituito la figura del commissario nazionale, rafforzandone i poteri. Il commissario potrà infatti operare “in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”. Una misura che raccoglie gli appelli lanciati nel corso degli ultimi anni dai vari commissari di governo. Ultimo, in ordine di tempo, l’attuale incaricato, Fabio Fatuzzo. “Se i commissari avessero avuto i poteri di deroga riconosciuti, ad esempio, al sindaco di Genova per la ricostruzione del ponte Morandi, a quest’ora non staremmo parlando dei vecchi interventi, ma solo dell’ultima procedura d’infrazione”, aveva detto Fatuzzo in occasione di un’audizione alla Camera, subito dopo aver ricordato che a oggi sono più di 900 gli agglomerati urbani in procedura d’infrazione in Italia, per diversi dei quali dal 2018 sono attive sanzioni quotidiane da 165mila euro. Per un totale che a marzo del 2022, stando all’ultima rilevazione della Corte dei Conti, aveva già superato i 142 milioni.
Non solo poteri di deroga. L’accelerazione dell’azione commissariale potrà anche beneficiare di una corsia preferenziale per le autorizzazioni. Il testo licenziato da Montecitorio affida infatti le valutazioni ambientali sugli interventi alla commissione PNRR-PNIEC, sottraendoli di fatto alle autorità territoriali competenti, tipicamente le regioni, colpevoli secondo Fatuzzo di ritardare la messa a terra delle opere con lungaggini e farraginosità. “Spesso – aveva detto in commissione – anche quando un procedimento è completato e potrebbe andare a gara, si ferma perché VIA, VINCA, VAS o PAUR, che sono di competenza regionale, non vengono espressi in tempi brevi, ma arrivano a superare l’anno e mezzo o i due anni addirittura”. Tempi che la misura, almeno sulla carta, dovrebbe ridurre, consentendo a Fatuzzo di poter beneficiare delle semplificazioni procedurali garantite alla commissione PNRR-PNIEC, da sommare a quelle già disposte a favore del commissario con i vari decreti sull’attuazione del Piano di ripresa.
Da un incarico ‘potenziato’ a uno nuovo di zecca, quello che la legge di conversione del decreto energia ritaglia su misura per il Presidente della Regione Sicilia Renato Schifani, futuro commissario straordinario ai rifiuti. Anche lui, come Fatuzzo, lanciava da mesi appelli al governo per il conferimento di poteri speciali sul modello adottato per Roma, e anche lui, alla fine, è stato accontentato, con un emendamento dei relatori approvato ieri dalle commissioni tra le proteste delle opposizioni. L’incarico ufficiale dovrà essere conferito dal governo entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del dl energia e durerà due anni, nell’arco dei quali il commissario dovrà approvare il nuovo piano regionale di gestione e mettere in opera gli interventi necessari a chiudere il ciclo “comprendendovi a tal fine, valutato il reale fabbisogno, la realizzazione e la localizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione di rifiuti”.
Gli interventi, specifica il testo approvato alla Camera, saranno finanziati con 800 milioni di euro dal fondo FSC (anche se l’intesa formale con il governo ancora non c’è) e per ulteriori risorse anche dai fondi strutturali. Al pari del commissario alla depurazione, anche il nuovo commissario ai rifiuti siciliani potrà procedere con ordinanze in deroga a ogni disposizione di legge, esclusa quella penale. Le ordinanze commissariali sostituiranno anche i provvedimenti autorizzativi per la realizzazione degli interventi, a eccezione di quelli ambientali e paesaggistici, che però dovranno rilasciati con le tempistiche accelerate introdotte nel 2019 dallo ‘sblocca cantieri’.
Il nuovo piano regionale rifiuti, sul quale a giorni dovrebbe essere attivata la valutazione ambientale strategica, sostituirà quello vigente, risalente al 2021 e bocciato dall’Ue nel giugno del 2022 per incompatibilità con la direttiva quadro. Una stroncatura che, a cascata, aveva travolto anche la procedura lanciata dall’ex governatore, e attuale ministro del Mare, Nello Musumeci per la costruzione di due inceneritori. Ma l’intenzione di realizzare gli impianti resta. Stando a quanto anticipato nei giorni scorsi dall’assessore regionale ai Rifiuti Roberto Di Mauro, il nuovo piano – che per il momento resta chiuso nel cassetto della commissione tecnica regionale – punterà sul rafforzamento della differenziata (oggi al 51,5%), ma anche sulla costruzione di due termovalorizzatori, a Catania e Palermo. Con una capacità di trattamento ancora da stabilire, ma che entro il 2035 dovrà contribuire a portare il tasso di smaltimento in discarica, oggi al 37,9%, entro il tetto massimo del 10% previsto dalla normativa europea.