In un Paese dove si stima che il 35% dei rifiuti urbani prodotti sia costituito da frazione organica, in quantità che vanno dal milione e 700mila tonnellate del Sud, alle 700mila del Nord, in un Italia che ancora registra un deficit impiantistico importante, fa sperare la recente emanazione di un decreto che stabilisce i criteri e le procedure semplificate per avviare un compostaggio di comunità che sia in grado di rendere autosufficienti i singoli Comuni italiani nel trattamento di una frazione che troppo spesso finisce in discarica, a svantaggio dell’ambiente e dell’economia, non solo di quella circolare, ma delle comunità stesse che sostengono costi onerosi per il trasferimento in impianti ad hoc del rifiuto da esse prodotto.
Sono arrivati sindaci e assessori da tutta Italia per assistere al convegno organizzato dalla direzione generale per i rifiuti e per l’ambiente del ministero per l’ambiente, proprio per far luce sulle caratteristiche di un decreto che potrebbe cambiare il corso delle cose in Italia. Il mercato italiano è pronto. Esistono già numerosi players che producono compostiere di ultima generazione. I comuni sono pronti e si stanno organizzando. Alcuni lo hanno testimoniato proprio nel corso dei lavori.
Lo ha fatto l’assessora all’ambiente della Capitale, Pina Montanari che ha spiegato come il suo comune intenda raggiungere, attraverso un progetto già approvato, la riduzione del 10% dei rifiuti urbani prodotti entro il 2021. Dal milione e 700mila tonnellate annue attuali, la delegata all’ambiente si prefigge, attraverso l’acquisto ed il dislocamento di 120 compostiere già acquistate su tutto il territorio della capitale, di scendere a 1,5 milioni di tonnellate annue entro 4 anni. «Un traguardo ambizioso che si raggiunge – ha detto l’assessora – solo se si smette di parlare di rifiuti e si inizia a parlare di materiali post consumo».
Numerose le altre testimonianze, come quelle della Sicilia che attraverso il compost mira anche a combattere le ancora troppo risicate percentuali di rifiuto avviato a differenziazione e recupero. Presente anche la Campania che, attraverso il dirigente Romeo Melillo, ha spiegato che in questo momento la regione retta dal Governatore Vincenzo De Luca, è un vero e proprio cantiere aperto che ha avviato manifestazioni di interesse rivolte a tutti i comuni affinché facciano richiesta per l’acquisto di compostiere che la Regione stessa finanzierebbe e di cui affiderebbe alla manutenzione il personale proveniente dagli ex consorzi di bacino e che attualmente sta seguendo percorsi formativi per arrivare pronto al momento in cui le compostiere entreranno a regime.
Proprio dalla Campania arriva uno egli esempi più virtuosi di compostaggio di comunità. Lo ha illustrato il sindaco di Cuccaro Vetere, Aldo Luongo, che ha avviato questo esperimento nel piccolo comune che amministra già nel lontano 2010, in piena emergenza rifiuti quando le aree più marginali divenivano quelle meno servite e dunque, invase dai rifiuti. Il sindaco, importando un modello svedese, è riuscito in tempi rapidi a realizzare una compostiera di cui si avvalgono i 580 abitanti del suo comune. Un successo, viste le percentuali record di differenziata raggiunte (l’81%) ed il risparmio annuo in bolletta per i singoli cittadini. Risparmio peraltro, distribuito in maniera equa in base ai redditi dei cittadini stessi. Un’operazione sociale oltre che ambientale, che ora gli 8000 comuni comuni italiani, per la maggior parte con meno di 5mila abitanti, cerca di mutuare attraverso il recepimento del decreto ministeriale.
I modelli ai quali l’Italia guarda, sono quello svedese e quello canadese, che vantano i due mercati più maturi in assoluto nella produzione di compost di comunità e dove da anni si sperimenta questo tipo di riciclo che assicura risparmi soprattutto nella misura in cui il cittadino viene messo in condizione di arrivare alla compostiera abbattendo i costi del ritiro che sono ancora troppo alti per tutte le altre frazioni di rifiuto comunemente differenziate.