Biometano, non solo PNRR: dalle imprese tecnologie e capitali per la decarbonizzazione

di Redazione Ricicla.tv 05/11/2021

Il biometano promette di giocare un ruolo da protagonista nella partita della decarbonizzazione. In Italia già 13 impianti lo producono a partire da rifiuti organici e sono in aumento le imprese pronte a mettere in campo capitali e tecnologie innovative. Soprattutto al Sud

Tredici impianti operativi, che nel solo 2020 hanno prodotto oltre 160 milioni di metri cubi di combustibile verde. Sono i numeri dell’Italia del biometano generato dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici. Un processo che si colloca a metà strada tra la transizione ecologica e quella energetica, capace di garantire da un lato il corretto trattamento di una delle frazioni più critiche dei nostri scarti, dall’altro la produzione di una fonte energetica verde e rinnovabile che nel prossimo futuro giocherà un ruolo sempre più centrale nelle strategie di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale. “Oltre ad essere stoccabile, flessibile e utilizzabile quando serve, a differenza delle altre fonti rinnovabili, il biometano esprime appieno il concetto di economia circolare. Il contributo dei gas rinnovabili, a partire dal biometano e in prospettiva anche l’idrogeno – spiega Marco Alverà, amministratore delegato di Snam – sarà fondamentale nell’affiancare la produzione elettrica rinnovabile nel raggiungimento dell’obiettivo ‘net zero’ al 2050 che l’Europa, e con lei speriamo tanti altri Paesi (vediamo come andrà la COP26), si è impegnata a raggiungere”. Qualche numero per comprendere meglio le potenzialità del biometano nella lotta al ‘climate change’: l’immissione nella rete in sostituzione del metano fossile, ad esempio, può abbattere l’emissione di gas climalteranti dell’85-90%, mentre l’utilizzo in autotrazione al posto del diesel garantisce fino al 90% di emissioni di CO2 in meno.

Insomma la strada verso gli ambiziosi obiettivi europei di decarbonizzazione, a partire dal taglio del 55% di emissioni di CO2 al 2030, passa anche per il ‘cugino verde’ del metano, in tutto e per tutto sostituibile al gas che oggi alimenta le nostre auto o i nostri fornelli di casa. Per aumentarne la produzione e puntare al greening della rete nazionale per 2,5 miliardi di metri cubi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanzierà costruzione e revamping di impianti a biometano da biomassa agricola, fanghi da depurazione e da rifiuti organici. Per questi ultimi sono già partiti gli avvisi pubblici per la selezione dei progetti, ai quali andrà una fetta dei 450 milioni di euro destinati alle soluzioni tecnologiche per il corretto trattamento degli scarti urbani, 270 dei quali a disposizione delle Regioni del Centro-Sud, ovvero quelle meno infrastrutturate.

Per un Mezzogiorno in ritardo però, ce n’è un altro che sul fronte biometano ha già saputo farsi avanguardia ed è pronto a mettere le proprie competenze al servizio dell’attuazione del PNRR. A Rende, in provincia di Cosenza, il team di ingegneri e ricercatori che nel 2018 ha disegnato e assemblato la tecnologia innovativa per il primo impianto di biometano per autotrazione in Italia oggi ha dato vita a Waste2Methane, uno spinoff che punta a replicare il progetto in tutta Italia. “Il biodigestore di Rende è stato immaginato per avere caratteristiche eccellenti sotto il profilo della resa produttiva e dell’efficienza – spiega Maria Teresa Celebre, responsabile della comunicazione per Calabra Maceri – ed è stato realizzato grazie al contributo di professionalità straordinarie reclutate sul territorio, anche con il supporto dell’Università della Calabria”.

Cuore dello spinoff la tecnologia innovativa, 100% ‘made in Italy’, ribattezzata ‘Superdry Italian Management System’, che permette l’estrazione del biometano da matrice organica a densità elevata (principalmente frazione umida da raccolta differenziata), senza aggiunta di acque di processo. Un trattamento completamente a secco, che garantisce una resa elevata e maggiore efficienza rispetto alle tradizionali tecnologie di biodigestione. Già 12 i milioni di metri cubi di biometano generati e immessi in rete dall’impianto. “In vista della fase esecutiva del PNRR – dice Maria Teresa Celebre – vogliamo cogliere l’attimo e mettere tecnologie e professionalità al servizio del Paese. Ci candidiamo a fornire il nostro modello ai territori che sceglieranno di dotarsi di nuovi impianti”. Ma la disseminazione delle soluzioni tecnologiche coltivate nell’impianto a biometano di Rende è partita molto prima del PNRR e sta già dando i suoi frutti sull’intero territorio nazionale. “A due anni dalla sua costituzione – dice Celebre – Waste2Methane è già affidataria di cinque appalti per la realizzazione di digestori anaerobici con produzione di biometano sull’intero territorio nazionale. Il primo, in provincia di Lamezia Terme, entrerà in funzione nei prossimi mesi. Poi piano piano tutti gli altri, da Verona a Ferrara, da Viterbo a Cagliari”.

L’altra faccia del Mezzogiorno resta però quella dei cronici deficit di trattamento, soprattutto in Lazio e Campania, che nel solo 2019 sono state costrette ad esportate verso altre Regioni circa 700mila tonnellate dei rifiuti organici raccolti. Per tappare il buco, oltre ai fondi del PNRR, occorrerà puntare su capitali e progetti messi in campo dall’industria privata. Anche su questo fronte le iniziative non mancano. “Abbiamo iniziato a investire nel settore biometano già da due anni – dice Giovanni Baldassarre di Sersys Ambiente – ad oggi abbiamo acquisito due impianti di biogas da frazione organica in Veneto e Campania. Il nostro obiettivo è quello di convertirli alla produzione di biometano e bioGNL. Parallelamente abbiamo fatto richiesta di autorizzazione per due impianti ex-novo in Lazio e Campania”. Progetti, questi ultimi, per i quali Sersys ha già messo sul piatto un investimento complessivo da 80 milioni di euro. Senza dimenticare che nel prossimo futuro l’iniziativa delle imprese private potrà trovare nuovo impulso nella proroga al giugno 2026 degli incentivi per il biometano stabilita dal decreto legislativo di recepimento della direttiva europea RED II sul sostegno alle fonti di energia rinnovabili, approvato ieri in Consiglio dei ministri dopo una lunga gestazione. Tra Pnrr e decreto incentivi, insomma, il ‘cugino verde’ del metano fossile si candida a pieno titolo a giocare da protagonista assoluto nella partita della decarbonizzazione.

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