Acque reflue, il Parlamento europeo chiede più impegno sul riuso

di Redazione Ricicla.tv 05/10/2023

Il Parlamento Ue ha adottato la propria proposta negoziale sulla revisione della direttiva acque reflue, chiedendo più impegno sul fronte del riuso. Sì alla responsabilità estesa per i produttori di medicinali e cosmetici, ma con un cofinanziamento statale che secondo l’associazione EurEau “annacqua” la proposta della Commissione


Sì all’applicazione del principio “chi inquina paga” per i produttori di cosmetici e farmaci, con l’introduzione di un regime di responsabilità estesa che dovrà contribuire a migliorare il trattamento delle acque di scarico in cofinanziamento con gli Stati membri. Lo prevede la posizione negoziale adottata oggi dal Parlamento europeo sulla proposta di revisione della direttiva sulle acque reflue, presentata a ottobre del 2022 dalla Commissione europea. Il testo proposto dalla commissione ENVI dell’europarlamento è stato approvato a larga maggioranza dalla plenaria – 420 i voti favorevoli, 62 i contrari e 84 gli astenuti – e costituirà la base dei negoziati con Bruxelles e gli Stati membri, anche se questi ultimi non hanno ancora adottato la propria posizione. “Questo è un grande passo verso un’acqua più pulita in Europa – ha commentato il relatore della proposta in commissione ENVI Niels Torwald – con il cambiamento climatico ci troviamo di fronte a grandi sfide legate all’acqua e dobbiamo assicurarci di gestire bene le nostre risorse idriche. Con l’eutrofizzazione, il microinquinamento e la siccità, ogni goccia conta“.

Rispetto al testo di Bruxelles, gli eurodeputati chiedono di rivedere al rialzo il grado di ambizione di alcune misure, a partire da quelle sul riutilizzo delle acque depurate. La proposta della Commissione dà mandato agli Stati membri di promuoverlo “sistematicamente” per “tutti gli impianti di trattamento”, mentre il Parlamento sostiene la necessità di rafforzare la misura prevedendo anche l’adozione di “piani di risparmio e riuso dell’acqua”. Sul fronte del contrasto all’inquinamento via libera dei deputati alla proposta della Commissione di istituire un sistema di responsabilità estesa dei produttori di medicinali e cosmetici, che dovranno contribuire economicamente all‘ammodernamento degli impianti di depurazione. Rispetto al testo di Bruxelles, che prevede per i produttori la copertura integrale dei costi, il Parlamento ha aggiunto una clausola che invece stabilisce l’integrazione con finanziamenti nazionali fino a un massimo del 20%. Una decisione duramente criticata dalle associazioni dei gestori idrici, con EurEau che parla di “annacquamento della misura” e di “mancanza di ambizione nell’attuazione completa dell’EPR – scrive l’associazione in una nota – per coprire i costi del trattamento quaternario, che potrebbe aumentare le tariffe dell’acqua del 2-7% (5-15€ per persona all’anno), minando il principio ‘chi inquina paga’”.

Tra le modifiche alla proposta di Bruxelles approvate dal Parlamento c’è poi l’allargamento del perimetro della disciplina anche agli agglomerati con più di 750 abitanti, rispetto ai 1000 proposti dalla Commissione e ai 2000 attualmente previsti. Sul fronte dei consumi energetici degli impianti di trattamento, che secondo Bruxelles entro il 2040 dovranno diventare energeticamente neutri, ovvero produrre tutta l’energia consumata da fonte rinnovabile, gli eurodeputati chiedono l’introduzione di target intermedi: 55% di rinnovabili entro la fine del 2033, 75% entro la fine del 2036 e 100% entro la fine del 2040. In materia di controlli la posizione dell’europarlamento prevede requisiti più rigorosi per il monitoraggio di inquinanti chimici, tra cui PFAS e microplastiche. Rispetto a queste ultime si chiede inoltre alla Commissione di adottare, entro il 31 dicembre 2027, misure che obblighino gli Stati membri a installare filtri in microfibra per le nuove lavatrici per contrastare la dispersione di microplastiche.

L’aggiornamento della direttiva, e gli atti delegati che da questa discenderanno, dovranno coordinarsi con il nuovo regolamento sul riutilizzo delle acque depurate in agricoltura, in vigore dallo scorso giugno con l’obiettivo di sestuplicare le quantità attualmente reimpiegate, pari a circa un miliardo di litri l’anno. In Italia, secondo stime di ARERA, oggi finisce in agricoltura solo il 4% delle acque reflue depurate, mentre si potrebbe già riutilizzare il 23% dei 9 miliardi di metri cubi trattati nel nostro Paese. Per EurEau, tuttavia, sia sul piano del monitoraggio, che su quello del riuso e del trattamento dei fanghi da depurazione, la proposta dell’europarlamento “introduce una legislazione sovrapposta” che rischia di generare confusione, difficoltà applicative e costi aggiuntivi per gli operatori. Secondo la federazione europea delle imprese del waste management FEAD “il futuro atto delegato sui requisiti per il recupero dei nutrienti deve essere collegato alla revisione della direttiva sui fanghi di depurazione, altrimenti potrebbe comportare un onere per gli operatori del settore delle acque reflue, poiché dovranno pianificare gli investimenti in uno scenario di scadenze e requisiti incerti”.

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