TARI, via libera alla proroga al 30 giugno

di Redazione Ricicla.tv 30/04/2024

La commissione finanze del Senato dà il via libera all’emendamento del governo al decreto superbonus che rinvia al 30 giugno il termine ultimo per l’adozione dei PEF e delle tariffe rifiuti urbani. Approvato anche un emendamento per sanare le delibere adottate dopo il 30 aprile e prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto


Non c’è solo il rinvio della scadenza TARI, ma anche una sanatoria per le delibere adottate dopo il 30 aprile tra le misure approvate questa sera dalla commissione finanze di Palazzo Madama. Nel giorno in cui scade il termine ultimo di legge per l’approvazione delle delibere comunali TARI e dei PEF da parte degli enti competenti, governo e parlamento provano così a correre in soccorso degli enti locali alle prese con i nodi di un adempimento quest’anno più caotico che mai. Dopo l’allarme lanciato da ANCI per i diffusi ritardi su tutto il territorio nazionale, la commissione ha adottato l’emendamento al decreto sui bonus edilizi depositato dal governo che rinvia la scadenza al 30 giugno. “L’estensione del termine – ha spiegato la sottosegretaria al ministero dell’Economia Sandra Savino– permetterà ai Comuni di avere più tempo per elaborare le nuove tariffe relative alla Tari, per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi e urbani”.

Nella seduta di questo pomeriggio è arrivato anche il via libera al subemendamento a prima firma Cristina Tajani (Pd) che integra la misura proposta dal governo con una vera e propria sanatoria per i Comuni che adotteranno le proprie delibere oltre il termine del 30 aprile. La piena efficacia della proroga al 30 giugno arriverà infatti solo con l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, quindi dopo il completamento dell’iter in Senato e il successivo passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva entro il 28 maggio. Cosa che espone tutte le TARI deliberate dopo la scadenza del 30 aprile e prima dell’entrata in vigore della conversione del decreto sui bonus edilizi al rischio di impugnazione, in quanto formalmente, seppur temporaneamente, illegittime. Un pericolo che era stato evidenziato ieri dalla nostra testata e che avrebbe costretto i comuni ad attendere la conversione in legge del decreto ‘superbonus’, mettendo in difficoltà soprattutto le amministrazioni che l’8 e 9 giugno prossimi andranno al voto. Per questo l’emendamento firmato dalla deputata dem fa salve le delibere “eventualmente intervenute tra il 1 maggio 2024 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Una sanatoria che a sua volta scatterà solo con l’entrata in vigore della legge di conversione ma che farà da scudo ai Comuni, garantendogli la possibilità di deliberare le tariffe dopo la scadenza del 30 aprile ma prima della pubblicazione della legge di conversione del decreto superbonus in Gazzetta Ufficiale.

Sullo sfondo resta il clima di incertezza che avvolge il regime tariffario per i rifiuti urbani e che secondo ANCI quest’anno ha reso impossibile per molti enti locali rispettare la scadenza di legge per PEF e TARI. La causa principale, come scriveva l’associazione in un appello lanciato al governo nelle scorse settimane, sta nelle complicazioni per la redazione dei PEF generate dalle richieste di compensazione avanzate dai gestori degli impianti che tra 2022 e 2023 erano stati qualificati come ‘minimi’, dopo lo stop imposto dal Consiglio di Stato al meccanismo di ARERA e la sua successiva riattivazione per i soli anni 2024 e il 2025. Richieste che andrebbero a sommarsi ai rincari dettati dall’aumento dei costi materiali del servizio e dalle nuove, seppur marginali, componenti perequative per i rifiuti pescati e gli eventi calamitosi. Motivo per cui, oltre alla proroga, ANCI aveva chiesto al governo anche un intervento tampone per alleggerire i PEF dalle richieste di compensazione sulle tariffe degli ‘impianti minimi’. Appello al quale tuttavia non è ancora stata data risposta. Di fronte al rischio di sensibili incrementi dei costi complessivi del servizio, in assenza di una proroga o nelle more della sua entrata in vigore, a poco o niente potrebbe servire il meccanismo di tacito rinnovo delle tariffe 2023, che si rivelerebbero comunque inadeguate a coprire i costi del 2024, costringendo i Comuni a fare i conti con l’ennesimo disequilibrio di bilancio. Per quanto auspicata dai Comuni, tuttavia, non è detto però che la proroga al 30 giugno possa bastare, soprattutto per le amministrazioni che all’inizio del mese saranno chiamati alle urne per rinnovare i propri consigli e che entro la nuova scadenza potrebbero non riuscire a convocare l’assemblea per deliberare le tariffe.

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