L’iscrizione nell’elenco pubblico istituito presso le Camere di Commercio «per favorire lo scambio e la cessione dei sottoprodotti» non costituisce in alcuna misura un obbligo né per i produttori né per gli utilizzatori degli stessi. La natura non vincolante di questa misura (come delle altre previste dal dm 264/2016) era già stata evidenziata nell’ultimo approfondimento della nostra rubrica Ricicla Lex, sottolineando come l’istituzione di tali elenchi, di fatto, non sia ancora avvenuta. A spazzare via ogni dubbio sulla natura degli elenchi introdotti dall’art. 10 del suddetto decreto, è intervenuta una nota del Ministero dell’Ambiente contenente chiarimenti interpretativi sul regolamento protocollata lo scorso 3 marzo.
L’articolo 4, comma 3 del decreto prevede infatti che «il produttore e l’utilizzatore del sottoprodotto si iscrivono, senza alcun onere economico, in apposito elenco pubblico istituito presso le Camere di commercio territorialmente competenti», elenco che dovrebbe essere consultabile online e nel quale, soprattutto, entrambe le categorie indicano «la tipologia dei sottoprodotti oggetto di attività». Dalla nota di chiarimento sembrerebbe emergere quella che sembra essere la volontà di incentivare le imprese ad avvalersi di questo strumento, istituendo una sorta di “marketplace”, ma senza ombra di dubbio si dispone come l’iscrizione al suddetto elenco «non introduca un requisito abilitante per i produttori e gli utilizzatori di sottoprodotti, ma preveda la realizzazione di un elenco contenente le generalità degli operatori interessati a cedere o acquistare residui produttivi da impiegare, utilmente e legalmente, nell’ambito della propria attività, con finalità conoscitiva e di mera facilitazione degli scambi».
Evidentemente era al di fuori della competenza dello strumento del decreto ministeriale anche la definizione delle caratteristiche di sottoprodotto, poiché la qualifica come tale è oggettivamente legata alla dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 184-bis del Testo Unico Ambientale (dlgs 152/2006), ma anche in questo caso il Ministero ha ritenuto di ribadire che l’iscrizione da parte di produttore o utilizzatore di un materiale nell’elenco non è di per sé sufficiente né tanto meno propedeutico a qualificare il residuo come sottoprodotto (così come la mancata iscrizione non lo qualifica come rifiuto).
Insomma, lo spirito del decreto, chiarisce ancora la nota, non è «innovare la disciplina sostanziale concernente la legittimità della gestione dei sottoprodotti, bensì […] indicare “alcune modalità con cui provare” la sussistenza dei requisiti sostanziali per la qualificabilità di un residuo come sottoprodotto e non come rifiuto». La documentazione probatoria prevista dal decreto, si legge, va vista come «un’opportunità per produttori e utilizzatori che intendano avvalersi delle suddette modalità “con cui provare” la sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma», ma in nessun modo definisce positivamente o negativamente la possibilità di gestire un residuo come sottoprodotto.
Resta il fatto che di questi elenchi ancora non c’è traccia. La nota ribadisce la possibilità di renderli accessibili tanto dai portali locali quanto da un portale dedicato purché si definiscano delle modalità di iscrizione, accesso, aggiornamento e modifica dei dati che siano omogenee su tutto il territorio nazionale. Quanto alla vidimazione delle schede tecniche da parte delle Camere di Commercio, la nota di chiarimento ammette il parallelismo tra il dettato del decreto ministeriale e le modalità adottate per i registri di carico e scarico, invitando dunque a rifarsi a quell’esperienza per approcciare la nuova prassi. Resta il fatto che al netto delle stesse indicazioni, il sistema delle Camere di Commercio resta libero di «definire le modalità più efficaci per l’istituzione del suddetto elenco, anche prevedendo un’apposita modulistica standard da utilizzare on-line […] secondo le proprie valutazioni di opportunità».