Il nuovo testo unico sui servizi pubblici locali ha dato un giro di vite agli affidamenti in house e la cosa sta frenando il processo di riforma della governance dei rifiuti in Campania. Il vicepresidente Bonavitacola: “Italia più realista del re. Conta la sostanza, non l’ideologia”
Il nuovo testo unico dei servizi pubblici locali sta rallentando il processo di riforma della governance del ciclo rifiuti in Campania. La disciplina in vigore da inizio anno “ha irrigidito il modello degli affidamenti in house”, ha spiegato a Teleclub Italia l’assessore all’ambiente e vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola. E la cosa sta frenando l’ultimo passaggio della riforma avviata con la legge 14 del 2016: dopo la costituzione degli enti d’ambito, il loro subentro nel capitale delle società provinciali di gestione dei rifiuti. “Siamo un caso unico – dice Bonavitacola – veniamo da una gestione emergenziale e abbiamo ancora province che gestiscono impianti di trattamento dei rifiuti. Un’anomalia che va superata“. Ma al momento solo l’ente d’ambito di Salerno e i tre enti di Napoli sono riusciti a portare a termine l’operazione, subentrando rispettivamente nel capitale delle società (ormai ex) provinciali Ecoambiente e di Sapna. E se a Salerno l’operazione è stata conclusa già nel 2020, nel capoluogo partenopeo invece il subentro è riuscito solo per il rotto della cuffia lo scorso 28 gennaio. Ancora quarantotto ore, e l’intero affare – per il quale era attivo dal 2021 un apposito tavolo di concertazione – sarebbe sfumato. E il perché sta proprio nella nuova disciplina sulle procedure per l’affidamento dei servizi pubblici, come acqua e rifiuti.
Stando al testo della normativa, infatti, gli enti pubblici di gestione del ciclo potevano subentrare nel capitale di società di gestione del servizio rifiuti solo entro il 30 marzo scorso. Una clausola di salvaguardia prevista dal legislatore nazionale per consentire l’attuazione dei piani d’ambito in esecuzione. Poi stop agli acquisti di quote di capitale e, di conseguenza, anche agli affidamenti in house dagli enti d’ambito alle società di loro proprietà. Un giro di vite che, nelle intenzioni del legislatore nazionale, dovrà servire a garantire una maggiore concorrenza sul mercato dei servizi di gestione dei rifiuti. Quindi parità di condizioni tra imprese private e pubbliche, tra gli affidamenti tramite gara e quelli in house. Un modello, quest’ultimo al quale “l’Unione europea guarda da sempre con sospetto – osserva Bonavitacola – considerandolo come incompatibile con i principi della libera concorrenza e del mercato. Se negli altri Stati membri però se ne fregano, noi invece siamo più realisti del re“. E così solo Napoli e Salerno sono riuscite a completare il passaggio di titolarità di impianti e società di gestione entro la scadenza fissata dalla normativa. Anche perché, oltre alle immancabili inerzie e farraginosità burocratiche, a pesare sulle procedure di subentro ci si è messa anche la Corte dei Conti, con un pronunciamento che nelle scorse settimane è calato quasi come una pietra tombale sul processo di riforma del ciclo rifiuti.
Rispondendo alla delibera con la quale l’ente d’ambito di Caserta stava ratificando l’acquisizione del 51% della società provinciale Gisec, nei primi giorni di febbraio la Corte aveva infatti espresso parere negativo sull’operazione, chiarendo come sebbene il termine ultimo per l’acquisto di quote di società di gestione fosse fissato al 30 marzo, il testo unico sui servizi pubblici locali facesse salvi solo gli affidamenti in house in essere al primo gennaio scorso. Ciò significa che, secondo la Corte, pur acquisendo in tempo utile la proprietà delle società provinciali gli enti d’ambito non avrebbero potuto affidare loro in house in tutto o in parte il servizio di gestione rifiuti. Una lettura alla quale gli enti d’ambito di Napoli (forti di un parere ‘pro veritate’ fornito dal professor Alfredo Contieri, ordinario di diritto amministrativo alla Federico II) hanno scelto di non allinearsi procedendo, contestualmente al subentro in Sapna, anche all’affidamento in house alla stessa società del servizio di gestione dei rifiuti indifferenziati per 15 anni.
Nelle restanti province, o meglio negli altri ambiti territoriali, è invece tutto ancora un work in progress. A Caserta il processo è congelato dopo il pronunciamento della Corte dei Conti, mentre a Benevento l’ente d’ambito si è dotato di una nuova società di gestione entro la scadenza del 30 marzo, ma gli impianti (e la gestione dei rifiuti indifferenziati) restano ancora nelle mani della provincializzata Samte. Stesso scenario anche per l’ente d’ambito irpino, che ha deliberato la nascita della ‘newco’ ‘Irpinia rifiuti zero’, senza tuttavia sciogliere il nodo della società provinciale Irpiniambiente. Entrambe le operazioni, inoltre, sono appese a un nuovo pronunciamento della magistratura contabile. Il rischio è che in caso di parere contrario le nuove società finiscano per restare scatole vuote. A sette anni dall’avvio della riforma della governance regionale, insomma, il quadro resta frammentato. Il tema sarà al centro di uno dei dibattiti che animeranno la prossima edizione del Green Med Symposium, in programma a Napoli dal 3 al 5 maggio. “Credo che, al di là di visioni ideologiche conti la sostanza – chiarisce Bonavitacola – se un servizio è ben gestito, nel rispetto dei principi di efficienza ed economicità, e se c’è soddisfazione per l’utenza, che la gestione sia pubblica o privata conta poco. Ne parleremo al Symposium”.