Sono 218 i fenomeni di incendio in impianti di gestione o stoccaggio (anche abusivo) dei rifiuti censiti nel periodo tra settembre 2017 e ottobre 2019, quasi per la metà al Nord. Un fenomeno “trasversale” legato alle debolezze del ciclo, scrive la Commissione ecomafie nella sua ultima relazione
Calano gli incendi negli impianti di trattamento dei rifiuti o in siti di stoccaggio abusivo, ma il quadro complessivo resta allarmante e pur riflettendo “un crescente impegno di tutti i soggetti impegnati nella prevenzione” suggerisce “una ingravescente difficoltà, nelle aree geografiche tradizionalmente meno colpite da difficoltà di smaltimento, nella gestione dei rifiuti”. A partire dalle regioni del Nord Italia. Lo scrive la Commissione ‘ecomafie’ nella relazione, approvata all’unanimità nei giorni scorsi, che fa seguito al dossier omologo curato dalla stessa bicamerale nell’arco della precedente legislatura. Uno studio, quello pubblicato nel 2018 che, sottolinea la Commissione, “ha spostato l’attenzione di tutti i soggetti attivi nella difesa della legalità ambientale dal tema ‘classico’ della combustione illecita di rifiuti, oggetto di provvedimenti legislativi ad hoc, al tema dell’interdipendenza tra eventi incendiari e mancata corretta chiusura del ciclo dei rifiuti“.
Sono 218 i fenomeni di incendio censiti dalla bicamerale nel periodo tra settembre 2017 e ottobre 2019, in calo rispetto ai 250 complessivamente registrati tra l’inizio del 2014 e l’agosto del 2017 nella precedente relazione. Eventi che hanno interessato sia gli impianti di trattamento che i siti di stoccaggio autorizzati, ma anche capannoni dismessi e siti industriali abbandonati trasformati in autentiche discariche abusive. Il 2017 si conferma l’anno di picco, con un totale di 112 eventi, ottenuto sommando quelli rilevati da entrambe le commissioni, passando poi a 95 nel 2018 e a 83 nel periodo tra gennaio e ottobre del 2019. Tra i rifiuti più frequentemente oggetto di combustione illecita, si legge, plastiche (9,3%), veicoli, parti di veicoli e pneumatici (10,1%), carta e cartone (6%), RSU (7,1%) e Raee (3,1%). Ma il dato più significativo è quello territoriale. Quasi la metà degli eventi registrati nella nuova relazione, così come era stato per quella precedente, hanno avuto luogo nelle regioni del Nord: 104 i casi di incendio rilevati (erano 105 quelli censiti nella scorsa legislatura), il 36% dei quali in Piemonte, seguito dal 32% della Lombardia e dal 25% dell’Emilia-Romagna.
Regioni, quelle settentrionali, “caratterizzate da una produzione complessiva di rifiuti molto maggiore del resto di Italia” che può provocare sovraccarichi negli impianti, soprattutto se in assenza di controlli. Ma anche spingere a trasformare “discariche, cave, capannoni o altre realtà” in luoghi “per il deposito o la gestione di rifiuti in regime
completamente illecito“. Il tutto, ipotizza la Commissione, soprattutto se in concomitanza con la “difficoltà di utilizzo, se non la loro chiusura, di canali di smaltimento verso altre aree geografiche anche all’estero”. Come potrebbe essere accaduto in concomitanza con lo stop della Cina all’importazione di rifiuti in plastica e carta, annunciato nell’estate del 2017 e diventato operativo a gennaio del 2018. Proprio nei mesi in cui le indagini condotte dalla Commissione a cavallo tra le due legislature hanno fatto registrare un’impennata degli incendi.
Ma le regioni settentrionali, scrive la Commissione, sono anche diventate crocevia di traffici illeciti provenienti da ogni parte d’Italia. Significativo, a questo proposito, quanto riferito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano in relazione a indagini svolte nel corso del 2018, che confermano come l’asse Sud-Nord sia sempre più battuto dai trafficanti di rifiuti. “Ci troviamo in presenza di due diverse tipologie di attività illecite – ha spiegato ai commissari la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci – attività che sono totalmente illecite, che rappresentano la gestione dei rifiuti per lo più provenienti dalla Campania, stoccati in capannoni dismessi poi dati alle fiamme, ovvero attività di traffico illecito che invece coinvolgono società che sono titolari di una apparentemente regolare autorizzazione alla gestione e ai trattamenti di rifiuti”. Proprio rispetto a quest’ultima fattispecie, le indagini svolte dalla DDA hanno però sottolineato anche “un’inversione di tendenza, cioè di rifiuti che formalmente dalla Campania salivano in Lombardia, ma di fatto dalla Campania venivano trasportati in Calabria e abbandonati in discariche abusive. Quindi abbiamo potuto, da un lato, monitorare attività illecite in cui sono coinvolte società che sono in possesso di regolare autorizzazione, ma che in ragione di un sovraccarico di rifiuti poi in parte sono costrette a gestire illecitamente; dall’altro, una gestione illecita dei rifiuti, completamente abusiva”.
Il fenomeno, insomma, è complesso e multiforme, “trasversale – scrive la Commissione – rispetto a una serie di
temi che riguardano la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti, le sue debolezze, la possibilità per realtà criminali organizzate di sfruttare queste debolezze” e va ancora indagato a fondo per comprenderne appieno cause e dinamiche. Un lavoro di analisi che, si legge nella relazione, non può prescindere dal “considerare come la distorsione del ciclo dei rifiuti che produce le precondizioni per i fenomeni incendiari sia correlata all’insufficienza di filiere economicamente virtuose per la valorizzazione della materia. Una produzione di rifiuti che eccede la capacità di gestione della filiera del recupero, del riciclo e anche quella di un corretto ciclo dei rifiuti, che vede penalizzati anche materiali riciclabili, ma non solo, quali carta, cartoni e le plastiche, impone di approntare adeguate strategie atte alla riduzione della produzione di alcuni materiali, che nel recepimento della direttiva EU 2019/904 trovano valido strumento attuativo; la prospettiva deve essere quella della riduzione della produzione di materie plastiche, in specie monouso, la creazione di filiere del riciclo, la costruzione di una adeguata impiantistica di recupero di materia“.