Il covid fa crollare di 5 milioni di tonnellate la produzione di rifiuti e di 9 punti il Pil nazionale, ma nel 2020 la Tari ha toccato la cifra record di 9,73 miliardi di euro rileva Confcommercio nel suo rapporto annuale
Il covid fa crollare produzione dei rifiuti e Pil, ma non le tasse a carico di cittadini e imprese, che invece aumentano vertiginosamente. “Una situazione veramente paradossale”: così la definisce Confcommercio nel suo rapporto annuale sui rifiuti. Stando all’analisi dell’associazione, nell’anno della pandemia, tra aziende chiuse o fallite e con un calo di 5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e di 9 punti percentuali sul Prodotto interno lordo, la Tari fa registrare un aumento record raggiungendo la cifra mai toccata prima dei 9,73 miliardi di euro. Il tutto proprio quando il nuovo Metodo tariffario messo a punto dall’authority nazionale di regolazione Arera avrebbe dovuto introdurre maggiore equità nella determinazione dei costi del servizio di gestione. Peccato che quasi l’80% dei Comuni analizzati da Confcommercio non abbia ancora definito questo nuovo metodo e anzi, nel 21% dei Comuni che invece lo hanno recepito, scrive l’associazione, “in più della metà dei casi (il 58%) il costo della TARI risulta, paradossalmente, in aumento mediamente del 3,8%“.
Oltre al danno, la beffa: “Parlando di paradossi – sottolinea infatti Confcommercio – quello più incomprensibile, o forse no, è che a fronte di costi sempre molto elevati, non corrisponde mediamente un livello di servizio migliore. Sono, infatti, ben 9 le Regioni che si posizionano ancora sotto il livello 6 di sufficienza: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia e Toscana. Le regioni più ‘virtuose’ – spiega invece l’associazione – risultano essere l’Emilia Romagna (7,38), il Piemonte (7,33), il Veneto (7,17) e la Lombardia (7)”. Ovvero quelle più dotate di impianti di trattamento, sia di recupero che di smaltimento, mentre nelle regioni meno infrastrutturate non solo il servizio è di qualità inferiore, ma anche le buone pratiche di raccolta differenziata stentano a tradursi in vantaggi economici per la collettività e anzi fanno crescere i costi. E la Tari, che invece di essere commisurata ai “costi efficienti del servizio” come previsto dal nuovo Metodo finisce per essere gonfiata da “voci di costo improprie a copertura di inefficienze locali di gestione“. Tant’è che in media “lo scostamento tra la spesa reale (calcolata come somma delle Tari di tutti i capoluoghi di provincia) e il livello di fabbisogni standard è quantificabile in 7,15 milioni di euro“.
“Occorre – spiega Pierpaolo Masciocchi, responsabile Ambiente e Utilities di Confcommercio– risolvere il problema della mancanza cronica di una dotazione impiantistica che fa lievitare i costi dei piani finanziari dei Comuni e, quindi, delle tariffe per le utenze. La carenza di impianti costringe infatti ad inviare una parte considerevole di rifiuti nelle discariche o ad esportarli all’estero per il trattamento e l’incenerimento”.
A niente sembra poi essere valso l’intervento dell’authority per far fronte alle ripercussioni dell’emergenza covid sulle imprese con una delibera adottata a maggio dello scorso anno che puntava a “indurre i Comuni al pieno ed integrale rispetto del principio europeo ‘chi inquina paga’” riducendo la parte variabile della tariffa in maniera commisurata alla minore produzione di rifiuti legata alla sospensione delle attività produttive. “A dispetto della delibera dell’Autorità – spiega infatti Confcommercio – i dati esaminati evidenziano come il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate, mentre il 17% le ha diminuite e il 23% addirittura aumentate“. E anche per il futuro, le previsioni di Confcommercio non lasciano spazio all’ottimismo, visto che l’entrata in vigore del decreto legislativo 116 del 2020 che ha ridefinito il perimetro dei rifiuti urbani e speciali, facendo venire meno il meccanismo dell’assimilazione, “comporterà la detassazione di tutte le attività produttive, e siccome è facile immaginare che i costi complessivi del servizio non varieranno di molto, si prospetta nel 2021 per tutte le altre categorie, il rischio di un incremento della tariffa rifiuti“. Ecco perchè, scrive Confcommercio, occorre “vigilare affinché i Comuni non facciano ricadere sulle altre utenze il mancato gettito”. “Confcommercio – sottolinea ancora Masciocchi – auspica che su questi aspetti il Governo possa intraprendere un dialogo costruttivo con gli operatori e le associazioni imprenditoriali”.