Riciclo, il recupero degli imballaggi fa bene all’ambiente ma anche all’economia

di Elvira Iadanza 18/03/2025

A fine 2025 gli imballaggi riciclati in Italia sfioreranno gli 11 milioni di tonnellate. Un sistema capace di garantire il taglio delle emissioni climalteranti, ma anche benefici economici e maggiore competitività per le imprese


In occasione della Giornata Mondiale del Riciclo del 18 marzo, CONAI ha pubblicato i dati sulle previsioni di recupero di materia dai rifiuti da imballaggio per il 2025. I numeri confermano un’eccellenza italiana: “la percentuale di riciclo degli imballaggi in Italia dovrebbe assestarsi sul 75,2%, con volumi di riciclo effettivi in costante crescita: da 10 milioni e 470.000 tonnellate nel 2023 (ultimo dato consolidato) si arriverà a 10 milioni e 810.000 tonnellate a fine 2025″, scrive CONAI.

“Nel 2025 le attese parlano di un leggero trend di aumento degli imballaggi immessi al consumo, in linea con quanto già registrato nel 2024”, spiega il presidente di CONAI, Ignazio Capuano che aggiunge: “I volumi resteranno però inferiori a quelli del 2022. Va detto che le incognite legate al contesto internazionale potrebbero contribuire ad un attenuamento di questa tendenza. Contestualmente, la filiera del riciclo continua a segnare miglioramenti nei volumi riciclati, con un ruolo crescente dei flussi da raccolta urbana che, se ben raccolti e trattati, sono in grado di ridurre il prelievo di nuove risorse, contribuendo a preservare l’ambiente in cui viviamo e sostenere le filiere manifatturiere destinatarie dei materiali riciclati”.

Secondo il rapporto, nel 2025 si dovrebbe arrivare a riciclare oltre l’85% degli imballaggi in carta e cartone, più dell’80% degli imballaggi in acciaio, il 70% degli imballaggi in alluminio e di quasi il 64% degli imballaggi in legno. Sempre secondo il report il recupero di materia riguarderà più del 51% degli imballaggi in plastica e bioplastica compostabile (circa il 51% di plastica tradizionale e il 58,5% di bioplastica) e oltre l’81% degli imballaggi in vetro, superando, così, gli obiettivi di riciclo minimo chiesti dall’Europa.

Numeri che collocano l’Italia in una posizione di avanguardia rispetto alle sfide che Bruxelles si prepara a lanciare a tutto il continente. Al centro c’è l’economia circolare e il suo potenziamento, come dimostra il testo del nuovo Clean Industrial Deal della Commissione Ue. “Mettere la decarbonizzazione e la circolarità al centro della nostra politica economica è il solo modo per tenere il passo dei competitor internazionali ricchi di risorse”, queste poche righe riassumono il piano dell’Unione europea per recuperare un ruolo di primo piano nello scenario internazionale, senza però sacrificare le ambizioni climatiche.

Tra le strategie del Clean Industrial Deal c’è proprio il potenziamento dell’economia circolare e del riciclo, indispensabili per mettere il Vecchio Continente nelle condizioni di ridurre la dipendenza della sua industria dall’importazione di risorse dall’estero. Nel 2026, ha annunciato la Commissione, un nuovo Circular Economy Act punterà a rendere l’Ue leader mondiale dell’economia circolare entro il 2030, portando il tasso di uso circolare delle risorse dall’11,8 al 24%.

Tornando in casa nostra, che la partita del riciclo sia anche (e soprattutto) economica emerge con chiarezza dallo studio pubblicato da The European House Ambrosetti per CONAI secondo cui nel 2023 il sistema nazionale ha generato oltre 3 miliardi 300 milioni di euro di benefici per l’economia italiana e oltre 23 mila posti di lavoro, garantendo, inoltre, il taglio dell’emissione di oltre 10 milioni di tonnellate di CO2. Nel 2023, si legge nel rapporto, il riciclo di imballaggi ha toccato il 75,3% quadruplicando le risorse investite e contribuendo al PIL nazionale con 1 miliardo e 924 milioni di euro. L’utilizzo di materia riciclata, inoltre, ha portato anche al risparmio di 50 terawattora nei consumi di energia primaria, un dato da non sottovalutare se si calcola che, mediamente, la manifattura italiana paga le bollette più care rispetto ai competitor internazionali.

A sostegno della tesi che l’economia circolare faccia bene alla competitività e alla produttività delle imprese ci sono anche i numeri di un recente report di Cassa Depositi e Prestiti, secondo cui le pratiche di economia circolare adottate dalle imprese italiane nel 2024, a partire dal riciclo, hanno generato un risparmio rispetto ai costi di produzione delle imprese manifatturiere superiore a 16 miliardi di euro, una generazione di cassa superiore di 1,5 volte rispetto alle imprese tradizionali, un minore ricorso all’indebitamento e una minore probabilità di default, anche in periodi di “forti shock esogeni legati alle materie prime”. Un contributo fondamentale sul piano della competitività, tanto più prezioso in una congiuntura caratterizzata dall’aumento dei costi e dell’incertezza. Tuttavia i benefici economici generati dalle pratiche di circolarità rappresentano solo il 15% del potenziale teorico al 2030, che CDP stima in 119 miliardi di euro.

Insomma, il riciclo e l’economia circolare in generale rappresentano una strategia vincente per rafforzare la competitività delle industrie, in Italia e in Europa, ma vanno rafforzati. “Nonostante le sfide economiche globali – spiega Ignazio Capuano – l’Italia continua a dimostrare resilienza. L’industria del riciclo sta beneficiando di questo contesto con una crescita continua nei volumi di riciclo: i dati ci mostrano che, nonostante la debolezza della domanda interna e la contrazione in alcuni settori, l’Italia sta andando nella direzione giusta. Possiamo affrontare i prossimi anni con cauto ottimismo, ma anche con la consapevolezza che nuove sfide sono all’orizzonte, e su queste dobbiamo impegnarci ancora di più con tutti gli attori”.

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