Tagliare la bolletta energetica, ma anche sbloccare il mercato con contenuti minimi di materia riciclata. Queste, dice il presidente di Assorimap Walter Regis, le leve da attivare per aiutare le imprese italiane del riciclo meccanico della plastica a resistere alle pressioni che stanno schiacciando il comparto in tutta Europa
Tagliare gli oneri di sistema in bolletta elettrica “che oggi rappresentano anche più del 50% del costo finale” e lavorare su obblighi di contenuto minimo di plastica riciclata “non solo negli imballaggi”, andando cioè oltre quello per le bottiglie in PET disposto dall’Ue. Ma anche intensificare i controlli, per contrastare l’importazione di polimeri non a norma. Queste secondo Walter Regis, presidente di Assorimap (associazione dei riciclatori meccanici di materie plastiche) le leve da attivare per aiutare le imprese italiane a resistere alle pressioni che stanno schiacciando la filiera della plastica riciclata in tutta Europa.
Prezzi dei polimeri riciclati in caduta libera e boom delle importazioni da paesi terzi. Cosa sta succedendo?
“Il mercato della plastica riciclata in Europa, al momento, è illuminato da un unico faro: quello del 25% minimo di PET riciclato nelle nuove bottiglie al 2025. È l’unico elemento che tira il mercato, tra l’altro con andamenti altalenanti. Per tutto il resto c’è un crollo totale della domanda, anche per la concorrenza di polimeri vergini offerti a prezzi molto bassi. Di conseguenza, nell’ultimo anno e mezzo il prezzo finale della materia prima seconda è calato quasi del 50%. È molto preoccupante”.
L’obiettivo della direttiva SUP è un’importante misura di traino per il mercato del PET riciclato, ma i dati indicano una impennata delle importazioni da paesi extra-Ue. Ci sono controlli o rischiamo di importare polimeri più economici perché non a norma?
“Purtroppo, come spesso accade, anche in questo caso le norme esistono ma mancano i controlli. Alla tradizionale difficoltà di verificare se un polimero venduto come tale contiene davvero al proprio interno materia riciclata si associa oggi l’assenza di controlli che non siano quelli effettuati dagli uffici doganali. Che tra l’altro non sono ancora attrezzate su un tema nuovo e complesso come questo”.
Anche le vostre imprese, al pari di buona parte del sistema produttivo nazionale, fanno i conti con una congiuntura complicata. Prima la crisi energetica a gonfiare i costi di produzione, oggi l’inflazione a comprimere la domanda e a rendere ancora più insostenibile la concorrenza dei polimeri vergini. Cosa può fare il governo per dare una mano al settore del riciclo meccanico?
“Ricordarsi che esiste una plastic tax europea che colpisce i paesi membri con 800 euro per ogni tonnellata di plastica da imballaggio non riciclata rispetto all’immesso al consumo. Soldi che potrebbero andare alle imprese, invece che all’Europa. Al di là di questo, quello che serve alle imprese è il mercato. Servono misure che possano aprirlo, proprio come il contenuto minimo obbligatorio di materia riciclata, non solo negli imballaggi ma anche nei beni. È un tema sul quale andrebbe avviato un confronto importante con il Ministero dell’Ambiente, al quale Assorimap ha già fatto pervenire le proprie proposte. Ci risulta che siano state gradite. Il problema è il passaggio dal gradimento all’operatività”.
E sotto il profilo fiscale?
“Lì per noi il tema resta quello dell’energia. Siamo arrivati a un PUN di 122 euro al MWh al quale vanno naturalmente aggiunti gli oneri di sistema. Ecco, sugli oneri c’è da restare sbigottiti, perché per le nostre imprese arrivano oggi anche a superare il 50% del costo finale in bolletta. Ridurre questo peso è la principale misura che il governo oggi può mettere in campo per aiutare le nostre imprese. Che, lo ricordo, sono imprese energivore. Se apriamo una finestra in Europa, vediamo che i nostri principali competitor, che sono Francia e Spagna, si stanno sì avvicinando al nostro PUN, ma con oneri di sistema nettamente più bassi, non oltre il 20%. Una differenza nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, a carico delle nostre imprese, che pesa non poco in termini di competitività e di mercato”.
È il destino delle aziende italiane: creatività e flessibilità per supplire al limitato supporto da parte delle stato (oneri di sistema).