Riprendono i lavori su una serie di dossier chiave all’esame delle istituzioni europee. Dalla revisione della direttiva RED III alla proposta di modifica del meccanismo ETS fino al nuovo regolamento sulle spedizioni di rifiuti: tutti i dubbi delle imprese del riciclo e del waste management
Non solo rincari energetici e inflazione record. Quello che bussa alle porte delle imprese europee della gestione rifiuti e del riciclo sarà un autunno caldissimo anche sul fronte legislativo. Tanti i dossier chiave aperti sul tavolo delle istituzioni dell’UE, diversi dei quali preoccupano, e non poco, gli operatori. A partire dalla imminente revisione della direttiva sulle energie rinnovabili, la cosiddetta ‘RED III’. È atteso già per la prossima settimana il voto dell’Europarlamento sulla relazione con le proposte di emendamento approvate a luglio dalle commissioni industria e ambiente di Strasburgo. Tra queste la modifica della definizione di ‘biomassa’, con l’eliminazione di ogni riferimento alla presenza di frazioni biodegradabili nei rifiuti residui. Un errore, secondo Fead, l’associazione europea delle imprese del waste management, che in un position paper ricorda come l’attuale definizione garantisca lo status di rinnovabile al 50% (quindi in parte incentivabile) per l’energia generata dagli impianti di incenerimento oggi attivi in Europa. Impianti che, ricorda l’associazione, forniscono elettricità a 18 milioni di abitanti e riscaldamento a 15,2 milioni di abitanti e possono rappresentare un tassello significativo delle politiche di diversificazione energetica messe in campo dall’Unione Europea.
Sempre in tema di inceneritori, dopo la pausa estiva sono pronti a riprendere i negoziati tra Parlamento e Consiglio dell’UE sulla revisione del sistema EU-ETS contenuta nel pacchetto ‘Fit for 55%’ presentato dalla Commissione. Una trattativa che si annuncia tutta in salita, visto che eurodeputati e Stati membri partono da posizioni molto distanti tra loro. Tra le proposte di modifica approvate a giugno dalla plenaria di Strasburgo c’è infatti l’estensione del meccanismo di scambio delle quote di emissione di CO2 agli impianti di incenerimento già a partire dal 2026, mentre il testo sul quale hanno trovato l’accordo i ministri dell’ambiente dell’UE non prevede un’estensione automatica, ma una clausola di revisione in base alla quale entro il 31 dicembre 2026 la Commissione dovrà presentare uno studio sugli impatti della misura e “se del caso” corredarlo con una proposta di modifica della direttiva EU-ETS che preveda l’inclusione dell’incenerimento, ma solo “a partire dal 2031”. Una posizione che incontra il favore delle imprese. Secondo Fead, la proposta del Consiglio “garantisce che verrà presa la decisione appropriata“, soprattutto considerando il fatto che riducendo il ricorso allo smaltimento in discarica “le soluzioni ‘waste to energy’ evitano più emissioni di CO2 di quante ne generino”, scrive l’associazione in una nota.
Ma all’orizzonte c’è anche la revisione del regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti. La proposta presentata lo scorso novembre dalla Commissione, e tuttora al vaglio di Parlamento e Consiglio, prevede forti limitazioni alle esportazioni di rifiuti verso Paesi terzi, soprattutto non OCSE. Secondo EuRic, l’associazione europea delle imprese del riciclo, però, pur puntando a dare un giro di vite alle spedizioni, anche illegali, di rifiuti ‘problematici’ come gli scarti di plastiche miste, le batterie o pezzi di apparecchiature elettriche ed elettroniche, la proposta di Bruxelles rischia di far collassare le principali filiere europee del recupero di materia. Ovvero quelle dei rottami e della carta da macero, che sono anche i due principali flussi esportati fuori dai confini dell’UE. L’associazione punta il dito contro l’approccio “di tutta l’erba un fascio” adottato dalla Commissione, con restrizioni che non tengono conto della “differenza tra rifiuti non trattati, che non dovrebbero essere esportati, e materie prime secondarie da riciclo che invece dovrebbero essere commercializzate senza limitazioni”.
Un taglio alle esportazioni di rottame e carta, dice EuRic, si tradurrebbe nel crollo delle quotazioni di mercato, visto che al momento le industrie dell’UE non sono capaci di assorbire per intero le quantità di materia prima secondaria prodotta dai riciclatori del Vecchio Continente. Stando a un sondaggio condotto dall’associazione il 70% dei produttori di carta riciclata prevede cali nel fatturato, mentre tra i riciclatori di metalli l’80% prevede una riduzione nel volume d’affari di almeno il 20%. Con ripercussioni anche sulle attività di raccolta differenziata e selezione dei rifiuti. Sul fronte opposto, le imprese del comparto siderurgico rappresentate da Eurofer fanno appello al parlamento UE chiedendo la modifica del regolamento in senso più restrittivo anche per le spedizioni verso Paesi OCSE. Il riferimento implicito è alla Turchia, principale acquirente mondiale di rottame di ferro, la cui domanda influenza – quasi sempre al rialzo – il prezzo sul mercato europeo. A inizio settimana l’associazione delle acciaierie ha incontrato i rappresentanti dell’ala verde dell’europarlamento sollecitando l’introduzione di controlli più rigidi sulle esportazioni verso tutti i Paesi non UE, sul modello di quelli già adottati dal governo italiano e in vigore in via temporanea fino al prossimo 30 settembre. Il voto sulle proposte di modifica al regolamento messe a punto dalla commissione ambiente del Parlamento UE è atteso per ottobre, mentre la discussione in plenaria è al momento calendarizzata per il prossimo 12 dicembre.