Secondo Utilitalia la proposta di Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti è basata su “conoscenze tecniche e scientifiche”: bene l’analisi dei flussi e l’applicazione del metodo LCA, ma resta qualche dubbio sul ruolo delle Regioni e sulla natura poco cogente dello strumento. Giudizio sospeso sui criteri per il raggiungimento dell’autosufficienza per l’organico
Bene l’analisi dei flussi e l’adozione dell’approccio LCA, qualche dubbio invece sulla limitata cogenza dello strumento e sulla mancata previsione di poteri sostitutivi in caso di inerzia da parte delle Regioni. Giudizio sospeso infine sulla dimensione strettamente regionale alla quale si vincola il rispetto del principio di autosufficienza nel trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani. È positiva con qualche riserva la “primissima valutazione” del vice presidente di Utilitalia Filippo Brandolini sulla proposta di Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti, da qualche giorno aperta alla consultazione pubblica nell’ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica. Lo strumento, messo a punto dal Ministero della Transizione Ecologica e da Ispra, dovrà essere adottato entro il prossimo 30 giugno e, una volta in vigore, definirà le linee guida strategiche cui le Regioni dovranno attenersi nell’elaborazione dei piani di gestione dei rifiuti per colmare il gap impiantistico nei vari territori.
A incassare il plauso della federazione delle utility la giusta definizione del quadro conoscitivo sul quale è stata condotta l’analisi, a partire dalla scelta di non limitarla ai soli dati sulla produzione di rifiuti ma di estenderla agli interi flussi gestionali. “Quindi anche ai viaggi che i rifiuti fanno all’interno del nostro Paese, e talvolta all’esterno, per arrivare alla destinazione finale”, spiega Brandolini a Ricicla.tv. “In più – aggiunge – non ci si è limitati ai soli rifiuti urbani, ma è stata condotta anche un’analisi dei rifiuti speciali, cosa molto importante. Abbiamo sempre sostenuto – spiega Brandolini – che ragionare congiuntamente su urbani e speciali possa consentire di definire sinergie, economie di scala e in ultimo di favorire lo sviluppo di un sistema impiantistico più adeguato al reale fabbisogno del Paese senza confini meramente amministrativi”.
Bene, per Utilitalia, anche l’introduzione dell’analisi LCA (Life Cycle Assessment) “strumento molto importante per valutare il rendimento ambientale degli attuali sistemi di gestione e indirizzare le scelte future” spiega Brandolini. “In maniera molto chiara – prosegue – si legge ad esempio che per il trattamento della frazione organica risulta molto più conveniente, sotto il profilo ambientale, un impianto che integri la fase aerobica con quella anaerobica. Allo stesso modo – dice – si chiarisce che al pretrattamento del rifiuto residuo in impianti tmb è preferibile l’invio diretto a recupero energetico o discarica“.
E se il Programma sembra avere il suo punto di forza nell’essere “basato sulle conoscenze tecniche e scientifiche”, il principale “elemento di debolezza”, osserva il vice presidente di Utilitalia, sta invece nel fatto che a calare nella realtà le indicazioni del Ministero e di Ispra dovranno essere le Regioni. Saranno loro infatti a dover indicare nei propri piani di gestione le soluzioni per raggiungere l’autosufficienza impiantistica, aumentando recupero e riciclo e diminuendo il ricorso ai conferimenti in discarica, soprattutto in riferimento ai rifiuti indifferenziati e all’organico da raccolta differenziata. Ma la natura non vincolante della previsione, dice Utilitalia, presta il fianco all’inerzia delle amministrazioni regionali. “Avevamo suggerito che il Programma potesse consegnare al governo poteri sostitutivi – spiega Brandolini – ma così non è stato. Aspettiamo e vediamo se nelle prossime settimane il documento potrà essere integrato con qualche strumento di cogenza in più nei confronti delle Regioni”.
E resta “sospeso” anche il giudizio sui criteri che dovranno guidare le Regioni nella definizione dell’area entro la quale garantire il rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità: nel caso di rifiuti residui da avviare a recupero energetico il Programma chiarisce infatti che potranno essere stabiliti accordi di macroarea tra Regioni confinanti, per i rifiuti organici da raccolta differenziata invece l’autosufficienza deve essere realizzata in ambito strettamente regionale. “Premesso che anche in questo caso andrà valutato il ruolo delle Regioni – spiega Brandolini – per gli impianti di recupero energetico è una misura importante, visto che per ottimizzare gli investimenti e realizzare economie di scala questo tipo di tecnologia richiede dimensioni che vadano oltre quelle dell’ambito strettamente locale. Per i rifiuti organici invece – prosegue – occorre comprendere come l’indicazione del Programma, pur comprensibile sotto il profilo delle motivazioni, possa essere compatibile con le norme che prevedono la libera circolazione sul mercato nazionale dei rifiuti differenziati avviati a riciclo. Va costruito un quadro che sia armonizzato anche con le norme che riguardano il mercato e la concorrenza, oltre che con quelle strettamente legate agli obiettivi di carattere ambientale. Su questo aspetto sospenderei il giudizio – dice Brandolini – vediamo come evolverà la situazione nel corso della discussione”.