I costi energetici in aumento del 400% rischiano di mettere al tappeto gli oltre 650 impianti di riciclo della plastica attivi in UE. L’allarme di Plastics Recyclers Europe: “Senza interventi urgenti aziende costrette a chiudere”
La corsa dei prezzi dell’energia rischia di travolgere le imprese del riciclo della plastica e, con loro, ogni ambizione di transizione circolare per l’industria europea dei materiali polimerici. Dopo l’italiana Assorimap, ora a lanciare l’allarme è la federazione europea dei riciclatori, Plastics Recyclers Europe. E non è un allarme da poco, visto che l’associazione rappresenta di fatto oltre 650 impianti di riciclo, autorizzati a trattare 9,6 milioni di tonnellate di rifiuti, con oltre 20mila dipendenti e 7,7 miliardi di euro di fatturato. Numeri che a meno di interventi urgenti, sottolinea PRE in una nota, sono destinati ad essere drasticamente ridimensionati dalla crisi energetica in atto. Per gli impianti di riciclo della plastica, in attività 24 ore su 24, 7 giorni su 7, i servizi energetici sono tra i tre principali fattori di costo, dopo manodopera e manutenzione. In condizioni ordinarie la bolletta elettrica rappresenta circa il 15-20% dei costi operativi totali, ma l’aumento del 400% del prezzo dell’energia oggi ne fa la principale voce di costo, “fino al 70% dell’OPEX”, scrive PRE. Dopo settimane di progressiva e inesorabile erosione dei margini operativi delle imprese, l’impennata dei costi energetici è arrivata a rendere “quasi impossibile il pareggio” denuncia l’associazione, secondo cui “senza l’intervento della Commissione europea e degli Stati membri, molte aziende chiuderanno”.
“L’interruzione delle attività di riciclo avrà un impatto negativo immediato sulla gestione dei rifiuti di plastica in Europa” avverte Ton Emans, Presidente di Plastics Recyclers Europe. Secondo Assorimap, gli impianti di riciclo meccanico in Italia hanno già sospeso il 40% delle proprie attività. Va da sé che una fermata definitiva delle lavorazioni avrebbe conseguenze a cascata anche sulle attività di raccolta dei rifiuti, per le quali quegli impianti rappresentano lo sbocco principale. Un rischio al quale sono esposte tutte le principali filiere europee del riciclo, tanto più se al servizio di industrie energivore come acciaierie, cartiere o vetrerie, molte delle quali hanno a loro volta ridimensionato o sospeso le proprie attività. Le attività di trasformazione della plastica, anch’esse energivore, non fanno eccezione. “Se vogliamo guidare un’economia circolare in Europa – dice Emans – il riciclo della plastica deve essere considerato un settore industriale chiave su cui puntare gli sforzi degli Stati membri per proteggersi dall’impatto dei prezzi elevati dell’elettricità”.
Il paradosso è che le stesse imprese del riciclo, che rischiano di cadere sotto i colpi del caro bollette, con la loro attività aiutano l’UE a ridurre i propri consumi energetici. Secondo Assorimap per ogni tonnellata di plastica riciclata si risparmiano 1,9 tonnellate di petrolio e 3mila kWh di energia elettrica. Numeri da non sottovalutare, per un continente che cerca affannosamente di ridefinire il proprio paradigma energetico sganciandosi dai combustibili fossili d’importazione. Senza dimenticare, avverte PRE, che il blackout delle imprese del riciclo avrebbe conseguenze rilevanti anche sul percorso dell’UE verso l’obiettivo di neutralità carbonica al 2050, visto che ogni tonnellata di plastica riciclata garantisce un taglio delle emissioni di CO2 in atmosfera di 1,4 tonnellate. “Il riciclo della plastica ha un’impronta di carbonio più bassa rispetto ad altre opzioni di gestione dei rifiuti come l’incenerimento o la discarica”, spiega infatti l’associazione, ricordando come la tempesta energetica si sia abbattuta sul settore proprio in concomitanza con i maggiori investimenti messi in campo per far fronte alle nuove politiche ambientali dell’UE, come la direttiva sulla messa al bando delle plastiche monouso, e alla crescente domanda di materiali plastici innescata dalla ripartenza post pandemia. “Ma le fluttuazioni dei prezzi dell’energia – avverte PRE – metteranno fine a questi sforzi, con implicazioni disastrose per l’industria europea”.