Secondo l’Ue entro il 2030 il 25% della domanda di minerali strategici dovrà essere soddisfatta dal riciclo dei rifiuti tecnologici. Ma il calo della raccolta raee impedisce all’Italia di sviluppare un settore industriale del recupero. Eppure il decreto del governo sulle materie prime critiche “non dice nulla sugli interventi che stiamo caldeggiando da anni per rilanciare il settore”, dice il direttore generale di Erion Compliance Organisation Danilo Bonato
Tanto sulle miniere tradizionali, poco, quasi nulla, sulle miniere urbane. Si possono riassumere così le nove pagine dello schema di decreto legge approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri per “garantire un approvvigionamento urgente, sicuro e sostenibile” delle materie prime critiche di interesse strategico. Un provvedimento nato per dare una prima risposta nazionale al Critical Raw Materials Act dell’Ue, ma che in realtà si limita a percorrere quasi esclusivamente una sola delle direttrici della strategia europea, quella delle nuove estrazioni. Tralasciando l’altra gamba del piano, quella del riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici, dai quali entro il 2030 l’Europa dovrà estrarre il 25% dei minerali strategici utilizzati dall’industria tecnologica. Su questo secondo fronte però il governo si è limitato semplicemente a recepire le indicazioni dell’Ue rispetto ai tempi massimi (15 mesi) per il rilascio delle autorizzazioni ai progetti strategici. “Un termine che tra l’altro era già vincolante, essendo stato introdotto dal regolamento europeo, che è automaticamente applicabile in tutti gli Stati membri”, commenta Danilo Bonato, direttore Generale di Erion Compliance Organization e membro del tavolo tecnico sulle materie prime critiche. Che non nasconde la propria delusione per un provvedimento “che non dice nulla sugli interventi, che stiamo caldeggiando da diversi anni insieme al Centro di Coordinamento raee, per favorire l’industria nazionale del riciclo”.
Parole che suonano ancora più avvilenti nel giorno in cui i dati diffusi dal Centro di Coordinamento nazionale certificano un nuovo calo nel tasso di raccolta e avvio a trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Che di materie strategiche come litio, cobalto o rame sono ricchi e che per questo l’Ue ci chiede di riciclare fino a garantire, entro il 2030, almeno il 25% del fabbisogno dell’industria continentale. Peccato che la raccolta sia passata dal 34,01% del 2022 al 30,24 nel 2023 (quasi 35 punti percentuali in meno rispetto all’obiettivo Ue del 65%). Volumi che non consentono il raggiungimento delle economie di scala necessarie a garantire il ritorno degli investimenti in tecnologie avanzate per il recupero delle materie critiche e strategiche dai raee. “Bisogna aumentare i flussi di materiali per rendere convenienti gli investimenti – chiarisce il dg di ECO – c’è una varietà e gradualità di interventi da mettere in campo, ma questi vengono puntualmente rimandati”. Il via libera del governo al decreto sulle materie prime critiche rappresenta, da questo punto di vista, l’ennesima occasione mancata.
Non tutto è perduto, visto che dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il decreto dovrà essere discusso ed emendato dal Parlamento. “Speriamo che in fase di conversione ci sia lo spazio per far comprendere ai legislatori l’importanza dei rifiuti tecnologici nel quadro delle strategie di approvvigionamento delle materie prime critiche – chiarisce Bonato – inserendo nel decreto misure che in primo luogo aumentino gli investimenti degli operatori in azioni di sensibilizzazione dei cittadini. Poi – aggiunge – serve rendere semplici le modalità di conferimento dei rifiuti, visto che siamo ancora vincolati a un decreto ministeriale del 2010 che rende molto burocratico e complesso per i distributori gestire la restituzione dei prodotti a fine vita. Senza dimenticare – prosegue – il tema dei controlli. Ancora oggi flussi di raee spariscono dai radar per finire nei canali grigi dei trattamenti non ottimali, se non addirittura in quelli del traffico illecito. Da ultimo, bisogna creare le condizioni perché gli impianti possano investire, con incentivi mirati che oggi invece mancano. Si tratta di proposte operative che abbiamo già tradotto in possibili interventi legislativi. Speriamo che in fase di conversione il Parlamento ci dia la possibilità di arricchire il testo del governo”. Anche perché, chiarisce Bonato, “se il ‘mining’ tradizionale potrà, forse, dare i suoi risultati nell’arco di una decina di anni, il riciclo rappresenta una risposta concreta e immediata“.